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Sean Penn contro Donald Trump: “Potrebbe tentare di distruggere il mondo prima di invecchiare”

Sean Penn contesta la politica di Donald Trump, presentando il suo ultimo film, Words of War. L’attore ha attaccato il Presidente americano: “Dovremmo prendere in considerazione gli scenari peggiori”.
A cura di Ilaria Costabile
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Sin dall'inizio della sua carriera, Sean Penn non si è mai tirato indietro quando è si è trattato di esprimere le sue personali opinioni politiche. Anche durante l'ospitata nel podcast di Jim Acosta, Substack, dove ha presentato l'ultimo film di cui è produttore esecutivo, ovvero Words of Wars in cui racconta la storia della giornalista Anna Politkovskaja, si è espresso in merito alla politica nazionale e internazionale parlando di Donald Trump.

Le preoccupazioni di Sean Penn su Trump

Il divo americano dichiara apertamente di essere in disaccordo con l'andamento degli Usa da quando Trump è stato nuovamente eletto e, parlando della possibilità che il magnate possa restare alla Casa Bianca oltre il tempo previsto, dice: "Dovremmo prendere in considerazione gli scenari peggiori potrebbe tentare di distruggere il mondo prima di invecchiare". Sean Penn ha espresso la sua preoccupazione per la democrazia degli Stati Uniti:

Penso che sia una teoria ragionevole che Donald Trump non sia diverso dalla moglie di qualcuno che lo lascia, magari per un altro, e che poi uccide l’ex partner perché se non può averla lui, non può averla nessuno. Penso che Donald Trump e il suo solipsismo possano avere questo rapporto con il mondo e che questa distruzione sia in parte un gioco di potere e anche un’intenzione letterale della sua uscita definitiva

Alla puntata del podcast ha preso parte anche Eric Swalwell, deputato democratico e produttore anch'egli del film insieme a Sean Penn, che ha condiviso la tesi dell'attore. Il politico ha spiegato:

Ciò che mi preoccupa è che se non crede che ci sia qualcuno in grado di proteggerlo, lo vedrete aumentare i suoi sforzi per proteggere il Paese. La nostra unica speranza è un Congresso che verifichi la situazione, una stampa che ne parli, una corte indipendente che si pronunci in merito e una piazza cittadina piena di americani che dicano “assolutamente no".

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