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Opinioni

“Martina voleva diventare famosa”: il lato più oscuro dei messaggi divulgati di Raoul Bova

“Abbiamo contattato Corona perché Martina voleva diventare famosa”, della vicenda di Raoul Bova e Martina Ceretti oltre alla violazione della privacy e a ciò che comporta, dovrebbe farci riflettere la motivazione alla base di questo ennesimo caso mediatico: la rincorsa di una notorietà che, il più delle volte, si rivela fatua.
A cura di Ilaria Costabile
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Sono giorni, ormai, che la vicenda che vede protagonista Raoul Bova è apparsa su tutti i giornali, una mera questione di gossip direbbero alcuni, se non fosse stata aperta un'indagine dalla Procura di Roma per tentata estorsione ai danni dell'attore romano. Non è certo la prima volta che si scoprono gli altarini di una coppia famosa dello spettacolo, in questo caso quella formata da Bova e dall'attrice Rocìo Munoz Morales, ma quello che c'è dietro l'esplosione di questo ennesimo caso mediatico, dovrebbe farci riflettere su come ormai si sia valicato qualsiasi limite pur di rincorrere un'agognata notorietà che, poi, risulta essere anche piuttosto fatua.

Uno scambio di messaggi allusivi tra un uomo che ha superato i cinquanta e un'avvenente ragazza che ha da poco scavallato la ventina, qualche possibile incontro fugace, i social, il personaggio di turno pronto a diffondere "il materiale consegnatogli" e gli ingredienti per buttare all'aria matrimonio e carriera sono belli che pronti. È una storia vecchia, che negli anni abbiamo visto in tutte le versioni possibili. Quando ancora non c'erano i social, a scovare le malefatte dei personaggi famosi, per alimentare la cosiddetta cronaca rosa, erano i paparazzi, pagati o meno, dai bene informati, pronti a nascondersi ove necessario e dotati di macchine fotografiche dagli obiettivi potenti, per beccare l'abbraccio sibillino, il bacio nascosto, l'incontro segreto e, in uno scatto, rovinare la vita dei protagonisti dello scoop. Con l'avvento dei social tutto è cambiato, la privacy delle persone comuni non esiste più, figurarsi quella dei volti noti. I nostri telefoni diventano archivi di conversazioni, fotografie, video, audio che se finiti nelle mani sbagliate, possono mettere a repentaglio la tranquillità di chicchessia. Senza entrare nel penale che, comunque, rappresenta un aspetto rilevante di episodi del genere, quello che ad oggi salta all'occhio della vicenda di Raoul Bova e Martina Ceretti, sono le motivazioni alla base di questa divulgazione inopportuna e a suo modo violenta.

"Martina voleva diventare famosa" spiega Federico Monzino, amico di Martina Ceretti, l'influencer con cui Raoul Bova ha scambiato messaggi e audio, "per questo abbiamo contattato Corona insieme". Rileggete con attenzione questa frase. Ora vi è chiaro? Il motivo che ha spinto i due amici, provenienti (tra l'altro) da un ambiente milanese piuttosto in vista, a contattare un personaggio come Fabrizio Corona, che di scrupoli non se n'è fatti nemmeno per se stesso, è stato il desiderio da lei espresso di diventare famosa. La ragazza, poi, avrebbe anche negato quanto accaduto, dicendo di essere stata descritta come "una donna che non è", e l'amico avrebbe cercato di ritrattare quanto proposto a Corona a seguito di un ripensamento. Troppo tardi. Dovremmo iniziare a porci qualche domanda se per conquistare un po' di notorietà che, poi, ci sarebbe da chiedersi, ma che notorietà è quella che arriva dall'essere il soggetto di un tradimento, si è pronti a intaccare la vita e la famiglia altrui. È la conseguenza di una società che vuole apparire, sempre, che non ha interesse nel chiedersi se le modalità siano giuste, se c'è qualcuno che potrebbe soffrirne.

Il gossip, sempre che solo di questo si tratti, non è certo qualcosa di nuovo, scovare i segreti degli altri, guardare il lato oscuro delle vite patinate è un qualcosa che ha sempre generato interesse, sono cambiate le modalità e la repentinità con cui ciò avviene e, a questo punto, si aggiungono anche le motivazioni che, a ben guardare, lasciano anche a desiderare. Tralasciando quello che è avvenuto dopo e quindi il presunto ricatto ai danni di Bova, che aggrava ancor di più quanto è accaduto, ma su cui sarà la procura ad indagare, soffermiamoci ancora una volta sulla velocità con cui ciò che dovrebbe essere privato diventa pubblico, senza che ci sia un valido perché. Se prima le foto scattate erano cartacee e, magari, si aveva modo di liberarsene, pagando laute somme (perché è così che funzionava, da prima che arrivasse Fabrizio Corona) ora non c'è modo di fermare il circuito di notizie, immagini, audio che passano da una chat all'altra, da un quotidiano all'altro, senza che qualcuno possa mettere un freno. Non è solo la violazione dalla privacy in gioco che, pure, è un argomento sul quale ci sarebbe molto da parlare, ma la superficialità con cui si è disposti a tutto pur di arrivare, non si sa ancora bene dove.

Di errori se ne commettono tanti, soprattutto in giovane età e non saremo qui a puntare il dito sull'uno o l'altro protagonista di questa storia, ma si dovrebbe riflettere su come sia diventato semplice e frequente valicare certi limiti che non dovrebbero essere valicati in nome di un rispetto che, in qualsiasi ambiente ci si trovi, non dovrebbe mai essere dimenticato.

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Nata nel 1992, giornalista dal 2016. Ho sempre scritto di cultura e spettacolo spaziando dal teatro al cinema, alla televisione. Lavoro nell’area Spettacolo di Fanpage.it dal 2019.
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