La difficile vita amorosa di Michele Morrone: matrimonio lampo, figli lontani e quel vuoto che nessuna donna colma

Ottobre 2003, Melegnano, provincia di Milano. In una casa come tante, un ragazzino apprende che suo padre Natale, operaio edile di 56 anni, non tornerà più a casa. Una morte che arriva come una tempesta, rapida e devastante, a causa di una grave malattia. Quel bambino è Michele Morrone, la stella del film Netflix "365 giorni". Ultimo di quattro figli, Michele era nato a Bitonto, in provincia di Bari, ma la famiglia si era trasferita al Nord in cerca di opportunità migliori. Quella perdita precoce segnerà per sempre la sua esistenza, tracciando un solco profondo tra il "prima" e il "dopo". Un dolore mai veramente elaborato che, come una cicatrice invisibile, continuerà a pulsare anche quando il mondo lo vedrà solo come un sex symbol da copertina.
Il matrimonio fallito con Rouba Saadeh

Quel vuoto, forse, lo spingerà anni dopo a cercare con impeto quasi disperato di costruire una famiglia tutta sua. La prima storia con la stilista Rouba Saddeh finisce malissimo. "Il problema della relazione con la stilista", ha spiegato Michele al podcast One More Time, "è stata forse la fretta. Dopo una settimana di conoscenza, ho mollato tutto per seguirla in Libano". Un salto nel vuoto, dettato dall'impulso e dalla passione, piuttosto che dalla razionalità. Viene fuori il ritratto di un uomo che vive di istinto, che si butta a capofitto nelle situazioni senza calcolare le conseguenze. "Ancora non facevo l'attore, sentivo di non avere nulla da perdere, così ho subito deciso di avere un figlio e, dopo tre anni, è arrivato il secondo. Il rapporto non era ancora maturato abbastanza". Parole che rivelano il paradosso "morroniano": la stessa impulsività che lo ha portato al successo professionale, buttandosi a capofitto in ogni audizione, in ogni opportunità, è la stessa che ha minato le fondamenta della sua vita personale. Ha corso troppo, volendo tutto e subito: una famiglia, dei figli, una stabilità che forse cercava inconsciamente da quando, a 12 anni, il suo mondo era crollato per la prima volta.
"Mi ubriacavo ogni giorno": l'abisso dopo il fallimento matrimoniale
"In qualche modo devi poter anestetizzare il dolore e io l'ho fatto con il metodo più economico, distruttivo, che mi ha portato a bere tantissimo", ha confidato Morrone nella bella intervista a Francesca Fagnani. "Prendevo una bottiglia di vino e mi ubriacavo. Una, due, tutti i giorni". Un "momento di depressione profonda e di troppo alcol", arrivando una volta quasi al coma etilico. Dietro quel corpo scolpito che ha fatto sognare milioni di donne nel mondo grazie al ruolo del mafioso Massimo Torricelli in "365 giorni", si nascondeva un uomo in pezzi. Dopo la fine del suo matrimonio con Rouba Saadeh, la distanza dai suoi due figli, Marcus e Brando, che ora vivevano lontano da lui, lo distruggeva. Ancora oggi ha confessato: "La lontananza dai bambini mi distrugge".
I due figli lontani Marcus e Brando

La vera ferita che continua a sanguinare nella vita di Michele Morrone è la distanza dai suoi due figli, Marcus e Brando. Per Michele, che aveva perso il proprio padre quando era poco più che bambino, la paura di diventare a sua volta una figura assente nella vita dei suoi figli è un incubo ricorrente. Dietro il sorriso perfetto delle copertine, si nasconde il rimorso di non poter essere presente nella quotidianità dei suoi bambini, di perdersi i piccoli momenti che costruiscono un legame padre-figlio.

Le relazioni dopo il matrimonio
Dopo la separazione dalla moglie Morrone è stato fidanzato con la svizzera Moara Sorio, una consulente finanziaria di 20 anni, ma la loro relazione sarebbe terminata nel 2024. Una storia che sembra replicare uno schema già visto: la differenza d'età significativa, la brevità del rapporto, l'intensità che poi si spegne. Negli ultimi anni i rotocalchi di gossip hanno accostato l'attore pugliese a diverse donne dello spettacolo, da Belén Rodriguez a Greta Rossetti, fino alla giudice di Amici Elena D'Amario, ma nessuno dei suddetti flirt è stato confermato da Morrone. C'è qualcosa di profondamente rivelatore in questo caleidoscopio di relazioni mai realmente concretizzate. Come se Michele, dopo la bruciante delusione del matrimonio fallito, non riuscisse più a fidarsi completamente, a concedersi con quella stessa impulsività che lo aveva portato, in una settimana, a lasciare tutto per seguire Rouba in Libano.

La rinascita attraverso l'arte: quando recitare diventa salvezza
Se c'è una costante nella vita di Michele Morrone, è la capacità di risorgere dalle proprie ceneri. Dalla depressione e dall'alcolismo è sfuggito proprio aggrappandosi alla sua passione per la recitazione. Un'ancora di salvezza che lo ha tirato fuori dal pozzo nero nel quale era precipitato. Nel 2020, interpreta Massimo Torricelli, un boss mafioso, nel film erotico polacco "365 giorni", distribuito su Netflix. Un ruolo controverso che lo catapulta nell'olimpo delle star internazionali. Da cameriere "acchiappino" a Roma, con il sogno del cinema nel cassetto, a sex symbol mondiale, idolatrato da milioni di fan. Ma il vero miracolo non è il successo professionale, quanto la guarigione interiore che il lavoro gli ha regalato. Immergersi nei personaggi, vivere vite alternative alla sua, gli ha permesso di esorcizzare i demoni che lo tormentavano. Ha trasformato il dolore in arte, la sofferenza in interpretazione.