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Diletta Parlangeli spiega il digitale in Rai e dice: “Vorrei essere la Dandini della nuova comicità”

Con Play Digital Diletta Parlangeli ha portato la divulgazione tecnologica da RaiPlay a Rai2, ma per il futuro sogna Sanremo e il ruolo che Dandini ebbe per la comicità nei ’90.
A cura di Francesco Raiola
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Riuscire a spiegare a un pubblico ampio come quello della Rai la tecnologia e il digitale è un'impresa non semplice. Cercare di assecondare l'età media degli spettatori della tv pubblica intrattenendo e informando anche i più giovani è la sfida che Diletta Parlangeli si è data quando ha cominciato a lavorare a Play Digital, il programma nato – assieme ad Antonio Losito – su RaiPlay e premiato con la messa in onda in chiaro, su Rai2 ogni sabato, alle 11,15. Giornalista di lungo corso, divisa negli ultimi anni tra gli Spettacoli e la tecnologia, è da anni una delle voci di Radio2 (conduce Prendila Così con Francesco De Carlo e CaterEstate con Saverio Raimondo) ma anche uno dei volti della Rai (da Raiplay, appunto, a Rai 4 dove condusse Kudos). Insomma, uno dei volti più promettenti della televisione pubblica che vuole consolidare il suo ruolo di divulgatrice ma sogna anche l'intrattenimento, da un possibile Dopofestival al sogno, in un futuro prossimo, di poter seguire i passi che permisero a Serena Dandini, negli anni '90, di legare il proprio nome a un ciclo fortunato della comicità italiana.

Come nasce l’idea di Play Digital?

Sulla tovaglietta impiastricciata di un locale, che ancora conservo. Quando mi hanno presentato Antonio Losito, co-autore, ho pensato: “Ecco il nerd che tutti vorrebbero”. Abbiamo articolato idee e le abbiamo presentate a RaiPlay: dall’incontro e confronto con loro è venuto fuori il magazine che vedete in piattaforma dal 2020.

Come nasce una puntata di Play Digital?

Con lo sforzo di tutti: squadra autori, redazione, regia, videomaker, produzione. Lo scambio e la passione sono costanti. Non potrebbe essere altrimenti. Il format negli anni si è evoluto e la squadra affinata fino alla formazione attuale.

Cosa hai imparato conducendo questo programma?

Che il pubblico, se si sente accolto, si appassiona anche quando non è avvezzo ai temi trattati. Chi mi scrive spesso mi riferisce l’entusiasmo di aver scoperto qualcosa che credeva lontana da sé.
Ho imparato poi che il mio “scroll” sui social difficilmente è per noi, ma per scouting e ricerca. Che continuo a lavorare senza il gobbo e che firmare ciò che conduci, cosa che accade anche in radio, significa sentire quello che dici.

Conduci un programma di divulgazione, adatto a un pubblico generalista: secondo te esiste un problema di approccio della tv alla GenZ?

È necessario restare in ascolto e coltivare la sempre più difficile arte dello stupore. Chi pensava che le generazioni più in là con gli anni avrebbero imparato a usare le piattaforme per recuperare le puntate delle serie e soap più seguite? È successo. Lo stesso vale per le nuove generazioni: ascoltarle significa capire che tipo di linguaggio hanno da insegnarci. Se ci pensi, sono loro ad averci mostrato che Tik Tok non è il “social dei balletti” già da anni. Questo non significa compiacere: chi scrive e immagina può e deve osare, l’importante è che non pensi di aver già capito tutto sulla base di studi che incasellano, ma non ascoltano.

Da Raiplay siete passati a Rai2, quali sono stati gli effetti di questo cambiamento? Avete dovuto riassestare delle cose?

Le puntate in chiaro su Rai2 contengono due o più episodi disponibili su RaiPlay, con qualche sorpresa.  È un onore poter vedere un prodotto che nasce per il digitale di Rai approdare col suo linguaggio su una rete generalista, dove viene apprezzato.

Quali sono i tuoi progetti per i prossimi mesi?

Proseguo sul doppio binario radio-tv. Prima di tutto, dopo la fortunata esperienza estiva, riprenderò la stagione invernale su RaiRadio2 al fianco di Saverio Raimondo. La testa è al lavoro per la nuova edizione di Play Digital. Da settembre poi, riprende la stagione degli eventi, mentre il cassetto esplode di nuove idee e format.

Un progettino per un Sanremo digital ce l’hai nel cassetto?

E mica solo uno! Per anni non ho fatto vacanze investendo i precari introiti per poter seguire il festival sul campo (cioè me lo pagavo io e da lì confezionavo pezzi e video per le testate). Mi piacerebbe poter raccontare i dietro le quinte del Festival e la macchina incredibile che è, le maestranze, e gli artisti al di là della veste da palco. E poi un after del Festival, così, a far mattina (ma sul serio).

Il sogno della vita?

Bene, lo avete un server a parte dove appoggiare questa risposta? Non sono mai stata una cosa sola e men che meno lo voglio diventare. Ho una veste certamente istituzionale, ma anche uno spirito votato all’intrattenimento che negli anni è maturato e la radio (RaiRadio2) di questo è la prova tangibile. Sanremo lo abbiamo già detto (disponibile anche sul palco, nda). Per l’effetto “ma ti ricordi?” che ci fa struggere: “I migliori anni” (Carlo Conti, se servisse, io ci sono). Per il “come siamo arrivati fin qui”, musica e tv: “Arena Suzuki ’60,’70,’80”,  Amadeus, io ci sono (lo so, l’ho già detto per Sanremo, ma ho commentato la scorsa su RaiRadio2 e mi è piaciuto). Vorrei essere al fianco della nuova comicità – quella della stand up comedy, vera – e rappresentare quello che Serena Dandini ha rappresentato per la televisione fatta bene. Per lo spirito d’avventura: salirei su un qualsiasi torpedone di Pechino Express, ma Saverio Raimondo ancora non lo sa.

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