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Sabrina Corabi, Alex in Camera Cafè: “Grata per il successo ma a un certo punto temevo di non togliermela più di dosso”

Tra i protagonisti di ‘Camera Cafè’ c’era Sabrina Corabi che interpretava Alex, personaggio seducente e ribelle in tutte e sei le stagioni. “Ero grata per il successo, ma a un certo punto temevo di non togliermela più di dosso”, confida in questa intervista a Fanpage.it. E sulla migrazione dell’ultima stagione su Rai 2: “Non mi piacque, era tutto cambiato”.
A cura di Massimo Falcioni
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Una sitcom che ha fatto epoca, segnando la prima decade del nuovo millennio e diventando per chi ne ha fatto parte un marchio di riconoscibilità eterna. Situazione vissuta a pieno anche da Sabrina Corabi, che in Camera Cafè interpretava Alex, personaggio seducente, provocante e ribelle che l’attrice lombarda ha inevitabilmente assorbito. “Ero grata per il successo, ma a un certo punto temevo di non togliermela più di dosso”, confida in questa intervista a Fanpage.it.

Classe 1971 e originaria di Lecco, la Corabi ha vissuto anche a Milano, Roma e in Liguria, salvo poi rientrare a casa: “Voglio invecchiare bene, potendo ammirare il lago, i fiori e le montagne. Peccato solo che piova spessissimo”. La passione per il palcoscenico l’ha sempre avvolta, fin da piccolissima: “Da bambina facevo ginnastica artistica a livello agonistico. Quindi iniziai con il teatro danza e proseguii con la danza jazz e moderna. I miei genitori erano emigrati dal Sud, ero l’unica femmina dopo tre maschi, puoi immaginare con quale coraggio confessai che volevo fare teatro”.

Riuscisti comunque nell’intento.

Sì. Entrai nella compagnia teatrale milanese ‘Quelli di Grock’. Vinsi una borsa di studio ed ebbi la possibilità di stare con loro un anno e di passare ulteriori dodici mesi in tournée. In seguito mi sono formata prendendo parte a laboratori importanti. Tutto quello che si poteva fare lo facevo. Parliamo di trent’anni fa.

Ricordi quale fu il tuo primissimo spettacolo?

‘Pinocchio’, sempre con ‘Quelli di Grock’. Il mio ruolo era quello di una fata assai strana. Si trattava di un lavoro particolare, concentrato sul corpo, molto forte a livello fisico.

L’esordio televisivo invece avvenne su Mtv.

Esattamente, con la serie ‘Bradipo’. C’era Andrea Pezzi nel pieno del successo. Io ero una delle protagoniste, nel cast comparivano pure Claudio Gioè e Alessandro Sampaoli, che avrei successivamente ritrovato a ‘Camera Cafè’. Mi piacerebbe tantissimo rivederla, ma non so come recuperare gli episodi. Era una produzione davvero di nicchia.

Nel 2003 arrivò “Camera Cafè”. È vero che in origine non avresti dovuto interpretare Alex?

Confermo. Il provino lo feci per il ruolo di Ilaria. Il personaggio di Alex era già stato assegnato e l’attrice prescelta aveva già girato un paio di puntate. Non ho mai saputo chi fosse, scoprii questa cosa molto tempo dopo.

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A quel punto cosa accadde?

Il regista appena mi vide mi invitò a tornare il giorno seguente, consegnandomi un altro copione con le battute di Alex, per l’appunto. Un personaggio totalmente diverso da Ilaria, motivo per cui dovetti cambiare approccio. Nei primi tempi lo subii, feci fatica.

Una strada in salita, insomma.

Per entrare nei meccanismi impiegai dei mesi, soffrii parecchio. Il ritmo era veloce, i tempi serratissimi. Sul fronte attoriale ero giovane e subentrare in corsa non fu una passeggiata di salute.

Questo significa che non eri presente alla realizzazione dell’episodio pilota girato a Parigi.

No. Arrivai che avevano già girato qualche puntata. Non sapevo come fosse Alex nella versione originale francese e nemmeno volli indagare. Adottai uno stile tutto mio e a sostenermi trovai Debora Villa, che fu davvero carinissima. ‘Camera Cafè’ fu una grande scuola perché non ero abituata a studiare la parte dall’oggi al domani o addirittura da un’ora all’altra. Inoltre, essendo dislessica, nella velocità capitava che invertissi le parole. Non era un grado di dislessia elevato, ma ce l’avevo. Una volta incamerati i meccanismi e la metodologia di lavoro, ho vissuto quell’esperienza appieno.

L’identificazione con Alex ha mai rappresentato un problema?

Me la sono portata dietro, inevitabilmente, soprattutto nei primi anni, quando la produzione fu più intensa. Un pochino i suoi panni li ho vestiti, senza arrivare a fare quello che faceva lei, ci mancherebbe. Terminati i ciak la lasciavo andare, ma quando mi richiamavano sul set per la nuova stagione la ritrovavo in due secondi. Ormai la conoscevo, l’avevo analizzata, studiata. Faceva parte di me.

Ospite di Maurizio Merluzzo, Debora Villa ha rivelato: “Vivevo vestita come Patti per dodici ore al giorno. Capitava di entrare totalmente nel personaggio”.

Capitava anche a me. Stavamo tante ore sul set, con gli abiti di scena, in attesa che ci chiamassero. A volte mi succedeva persino di fare battute nella maniera in cui le avrebbe fatte Alex.

La popolarità ti travolse.

Essere popolari è la conseguenza del nostro lavoro. Non ho mai ambito ad esserlo, l’unico mio interesse è sempre stato poter vivere del mio lavoro. Sinceramente, nemmeno ho mai pensato che potessi diventare così nota. Dai primi ciak alla messa in onda passarono tre mesi e in quel lasso di tempo non ebbi la percezione di quello che sarebbe potuto accadere. Mi premeva esprimermi al meglio come attrice.

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Hai mai avuto il desidero di liberarti della figura di Alex?

Non mi ha mai pesato, anzi. Ho sempre ringraziato il pubblico e tuttora, dopo tanto tempo, ancora mi fermano per strada. I fan più sfegatati mi riconoscono dalla voce. La cosa mi fa sorridere. Ammetto che nel pieno del boom di ‘Camera Cafè’ ebbi delle difficoltà. Mi contattarono per interpretare una studentessa peperina e mi dissero espressamente che l’avrei fatta solo se non fossi risultata somigliante ad Alex. Credo che in quegli anni qualcosa di strano sia avvenuto.

In che senso?

Ad un paio di casting a cui partecipai molto tempo dopo ‘Camera Cafè’ mi capitò di sentirmi dire: ‘All’epoca provavamo a chiamarvi, ma ci rispondevano che non eravate disponibili’. La verità è che noi non ne sapevamo niente. Forse qualcuno si pronunciava al posto nostro.

In ogni caso arrivò la chiamata di “Ris – Delitti Imperfetti” e del cinema.

In ‘Ris’ ebbi un piccolo ruolo, così come in ‘Volevo solo dormirle addosso’. Mi buttai soprattutto sul teatro, dove curai spesso le regie di spettacoli, insegnando parallelamente recitazione. Però verso il 2010 mollai tutto. Volevo concentrarmi su di me, intendevo crearmi una famiglia e fortunatamente nacque mia figlia, il mio spettacolo più bello. Confesso che dopo rimettersi in pista fu complicato.

Tornando a “Camera Cafè”, hai affermato che le migliori stagioni furono le prime tre.

Confermo. Nonostante la fatica, le ritengo le più entusiasmanti. Le altre le giudico carine, ma strada facendo scomparvero alcuni personaggi e venne meno il team con cui avevo iniziato.

Nel 2017 “Camera Cafè” riapparve dopo un lungo stop ed eccezionalmente su Rai 2. Un’ultima stagione in cui molti fan non si sono mai pienamente riconosciuti.

Nemmeno io. Tornai sul set felice di rivedere i colleghi storici, tuttavia percepii che qualcosa era mutato. Non sentivo lo stesso ritmo degli albori. Nel mio caso, non avevo perso nulla di quello che avevo imparato e mi fu riconosciuto, ma avvertivo delle differenze. Era cambiato tutto a livello di fotografia e di inquadrature. Il regista non era più Christophe Sanchez. Era uno tosto, ma se ‘Camera Cafè’ ha avuto il successo che ha avuto è stato grazie a lui.

È pur vero che chi vi seguì all’esordio, nel 2017 aveva quindici anni di più.

Guarda, non penso sia per quello. Ci sono ragazzini di vent’anni che mi riconoscono perché si sono imbattuti in tv nelle vecchie puntate. Molto semplicemente, nella sesta stagione si respiravano le differenze, a partire dal cambio di rete. Senza dimenticare che, come ti ho detto prima, erano sparite delle figure storiche. Una serie regge nel tempo se mantieni la stessa squadra. Il pubblico si affeziona e se elimini dei punti di riferimento ne paghi le conseguenze.

479 episodi nella prima stagione, 354 nella seconda, 313 nella terza, quasi 400 nella quarta. I ritmi di lavorazione saranno stati devastanti…

In Francia giravano un episodio a settimana e per il resto del tempo provavano, noi ne giravamo dai tre ai sei al giorno. Una roba assurda. Stavamo sul set nell’attesa che sfornassero i nuovi copioni. Ti recavi negli studi alle 7:00 e poteva capitare di entrare in scena solo alle 18:00.

Come te la cavavi con la memoria?

Per i primi tre mesi fu dura. Poi imparai un metodo.

Potevate andare a braccio?

Manco per niente (ride, ndr). Accadeva raramente. A volte pur di non fermare la scena e ripeterla accettavano di farti sostituire una parola. Ma erano eccezioni.

Gli sketch erano tutti in piano sequenza. Tradotto: se sbagliavi, si ripartiva da capo.

Non potevi sbagliare. L’angoscia più grande ti saliva quando avevi di fronte uno sketch lungo e il tuo ingresso era in coda, magari con una semplice battuta. Se non la beccavi eri fritto perché significava rifarla e costringere anche i tuoi colleghi a ripeterla.

Spesso sul set si affacciavano delle celebrità per dei cameo. Come si comportavano?

Alcune volte sbagliavano, altre meno. Da parte nostra c’è sempre stata clemenza e quando potevamo aiutarle lo facevamo. Non ti nego che è accaduto di dover ripetere la medesima scena otto-dieci volte.

Recitavate di fronte ad una telecamera fissa. Cosa c’era dietro?

Sotto alla cinepresa c’era una scatoletta dove infilavamo la mano per prendere il bicchierino.

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Nessun gobbo?

Poche volte ci fu concesso di utilizzarlo. Io comunque già allora non ci vedevo da quella distanza. E poi non sono mai stata brava a leggere e ad interpretare.

Debora Villa e Alessandro Sampaoli parteciparono alla prima edizione di “Pechino Express” e la vinsero. Roberta Garzia gareggiò in coppia con Eva Grimaldi. Tu non sei mai stata contattata?

No, ma quando ‘Pechino Express’ è nato avevo la bimba piccola e non l’avrei mai lasciata. Ho sempre voluto che avesse una madre presente. Non giudico chi opta per scelte diverse, io parlo per me. Per il resto, tempo dopo mi fu chiesto se potevano dare il mio nome per un ipotetico cast de ‘L’Isola dei Famosi’, ma risposi con un categorico no, perché se non mangio posso impazzire. L’unico programma a cui risponderei affermativamente è ‘Ballando con le Stelle’. Provai a mandare qualche mia foto, senza ricevere risposta. Peccato. Avrei potuto concorrere e, contemporaneamente, stare vicino a mia figlia.

Oggi cosa fai?

Faccio regia teatrale, insegno recitazione e presto tornerò sul palco, dopo tanti anni. Ho scritto uno spettacolo assieme a Nicola Bizzarri e porteremo in giro un lavoro dedicato alla storia delle ragazze vittime del radio. Si intitola ‘Radium Girls, la vera storia delle ragazze a radio’, è una nostra produzione e debutteremo il 3 luglio ad Annone, in provincia di Lecco. Nonostante il tema forte, siamo riusciti a creare due personaggi brillanti, la Marisa e il Tommaso.

Consideri la televisione un capitolo chiuso?

Non che non mi interessi, semplicemente la tv non mi cerca. Non ci sono più i provini per le fiction, non si capisce chi li fa, dove si fanno. Oltretutto, ho un’età tale che se cercano una 40enne non vado bene e se cercano una 50enne nemmeno, perché sostengono che sembro più giovane. Evidentemente non esistono ruoli per me.

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