Paola Onofri: “Bramieri un maestro, girava Nonno Felice coi dolori della malattia. Avrei dovuto fare Sanremo, qualche potente non mi volle”

Film, sitcom, soap opera, senza tralasciare le numerose attività teatrali. Paola Onofri è stata una figura iconica degli anni ottanta e novanta, con esperienze tra il piccolo e il grande schermo che l’hanno resa un volto difficilmente dimenticabile. Eppure, da quel punto di vista, l’attrice è attualmente ferma ai box. E non per sua volontà. “Non mi chiamano più – confida a Fanpage.it – forse perché non ho un agente che mi segua”.
Una carriera cominciata da giovanissima al fianco di Renzo Arbore: “Lo affiancai nello spot di ‘Birra…e sai cosa bevi’. Avevo saputo che cercavano una ragazza e mi presentai senza troppe pretese, tanto che subito dopo abbandonai l’idea di seguire questa strada. In questo mondo non conoscevo nessuno, motivo per cui decisi di abbandonare il mio sogno e di pensare ad altro”.
Romana, classe 1962, la Onofri ha vissuto nella Capitale per l’intera fase degli studi. “Frequentai la Ragioneria e, successivamente, mi iscrissi all’Università. Scelsi la facoltà di Psicologia, ma non terminai gli studi per via delle occasioni lavorative che iniziavano a presentarsi. In seguito però decisi di rituffarmi sui libri frequentando corsi di analisi transazionale, mentre molto dopo, quando mi ero già sposata, seguii lezioni di Marketing e Comunicazione”.
Dopo l’esperienza con Arbore non accadde nulla?
No. La recitazione era un mio pallino, ma avevo sostanzialmente mollato. Poi un giorno, passeggiando per via Veneto con mia mamma, il direttore della fotografia di quello spot mi incrociò. ‘Perché non hai fatto più nulla?’, mi domandò stupito. Mi informò che proprio in quei giorni Carlo Verdone stava cercando la protagonista femminile de ‘I due carabinieri’ e mi esortò: ‘Vai ai casting, presentati’. Nonostante mia madre fosse titubante, accettai. Andai alle selezioni senza un book fotografico. Mi ero portata una semplice foto in bianco e nero scattata da mio padre al mare, dove apparivo senza un filo di trucco.
E la scelsero.
La segretaria di Cecchi Gori mi chiese un curriculum, ma avevo solo quella foto, dietro la quale scrissi il numero di telefono di casa mia. Non feci in tempo a rientrare che Cecchi Gori aveva già richiamato. Ricordo il primo incontro con gli sceneggiatori Benvenuti e De Bernardi. C’era pure Carlo (Verdone, ndr): mi disse di leggere il copione e di fargli sapere cosa pensassi del personaggio che voleva affidarmi.
Nel film Glauco-Verdone è maniacalmente invaghito della cugina Rita, da lei interpretata. Oggi una trama così non passerebbe.
Probabile. Ma sai, all’epoca c’era molta più purezza nei sentimenti e nei rapporti. Le prime cotte erano per il cugino o la cugina. Era il classico amore platonico. Oggi i giovani a 14-15 anni sono liberi, hanno rapporti, viaggiano. Le ragazzine si mostrano attraenti come donne di 25 anni. E’ tutto più superficiale e si fatica a comprendere quello spirito e quel tipo di infatuazione.

Oltre che con Verdone, condivise il set con Enrico Montesano. Si è molto scritto del loro presunto dualismo.
Il clima in realtà fu sempre molto sereno. La rivalità era velata, si percepiva nell’aria più che altro per i commenti delle persone che lavoravano al film. Verdone aveva ed ha un carattere delizioso. Io non ho mai annusato tensione. Anzi, ci divertimmo tanto. Lavorare con due mostri sacri come loro fu meraviglioso.
Quel film ha sempre suscitato nel pubblico una duplice reazione: divertente per oltre un’ora, per poi prendere un’altra piega nel momento in cui il personaggio di Massimo Boldi muore in un attentato.
Hai ragione. Nessuno si sarebbe mai aspettato che Occhipinti saltasse per aria. Ma se ci pensi, tutti i film di Carlo sono così: allegri, scherzosi e con una vena malinconica. Non sono mai frivoli. Sono sempre pieni di contenuto”.
Quell’epilogo tragico, tra l’altro, portò Boldi ad essere nominato carabiniere ad honorem.
Vero. Fu davvero un successo clamoroso, a tal punto che i carabinieri ancora mi riconoscono per la strada. Una volta venni fermata da una pattuglia per un controllo e, quando mostrai i documenti, ti lascio immaginare come reagirono.
Ancora prima de “I due carabinieri” c’era stata una partecipazione a Miss Italia.
Non cito mai quella parentesi perché non lo ritengo un passaggio fondamentale nella mia carriera. Mia sorella stilista lavorava per le sorelle Fontana. Mancava un’indossatrice e mi contattarono per una sfilata. Di lì a breve ne feci un’altra e vinsi il titolo di Miss Lazio che mi consentì di arrivare a Miss Italia. Ma non era mia intenzione concorrere, fu un puro caso.
Nel 1988 avrebbe potuto condurre Sanremo. Cosa andò storto?
Era l’anno di Gabriella Carlucci e Miguel Bosè. Li avrei dovuti affiancare, dato che in quel periodo avrebbero voluto sul palco una presentatrice, un cantante e un’attrice. Ero reduce dal successo di ‘Porto Matto’ ed ero pronta a firmare il contratto. Purtroppo, prima della conferenza stampa, mi sbarrarono le porte. Qualcuno di potente non mi volle e riuscì a mandarmi via.
Fu una doccia fredda, immagino.
I primi anni erano stati gioiosi, belli. Quando non sei nessuno ti fanno lavorare. I problemi si presentano quando diventi nota: lì tentano di bloccarti. Capita di pestare i piedi a qualcuno.
All’inizio degli anni novanta sbarcò comunque su Telemontecarlo con un programma tutto suo.
“Pianeta Mare" fu un progetto splendido. Girai il mondo nello stesso periodo di ‘Nonno Felice’. Durante la settimana registravo la sitcom e il venerdì facevo la valigia e partivo. Era una sorta di ‘Sereno Variabile’. Raccontavo tutto ciò che si svolgeva sopra e sott’acqua”.
Ha citato “Nonno Felice”. Settantasette episodi complessivi, più altri venti dello spin-off di “Norma e Felice”. Non una passeggiata…
Giravamo a Milano negli studi di via Col di Lana, da maggio a settembre, con in mezzo la pausa di agosto. Recitavamo in presa diretta dalle 11.30-12 del mattino fino alle 19.30. La sera studiavamo il copione e all’indomani eravamo tutti di nuovo sul set. Fu faticoso e al contempo magnifico. Eravamo una squadra affiatata. Gino Bramieri fu per me un maestro, un amico, un padre. Ma anche Franco Oppini, persona davvero deliziosa, col quale mi sento ancora.

I suoi figli ‘di scena’ invece li ha più incontrati?
Con le gemelline Eva e Morena ci scrivemmo tanti anni fa sui social, mentre Federico Rizzo l’ho perso completamente di vista, purtroppo.
Bramieri si ammalò durante le riprese.
Si dimostrò un grande professionista fino alla fine. Stava male, soffriva e per noi era triste vederlo in quelle condizioni. Eravamo consapevoli dei suoi sacrifici. Una volta nel pieno di una scena mi strinse forte la mano, senza che fosse previsto sul copione. Subito dopo venne a scusarsi: ‘Perdonami, avevo dei dolori troppo forti’. Gli risposi che avrebbe potuto tranquillamente chiedere una pausa, ma lui non volle sentire storie: ‘No, Paola. Non sono gli attori a stoppare la scena, ma il regista’. Fu un grande insegnamento, nonostante la fatica andava avanti.
Nel maggio del 1996 ritirò il Telegatto per “Norma e Felice”. Sarebbe morto appena un mese dopo.
Eravamo lì e fu una strana serata, di grande tristezza. Gli tributarono una standing ovation, ma a tutti parve l’ultimo applauso. Un grande uomo, che ci ha sempre accompagnato con le sue battute. Io e mio marito, che fa il medico, andammo a trovarlo spesso in ospedale. C’era sincero affetto tra noi.
E di Franca Valeri che ricordo ha?
Una grande professionista, carina ed educata, ma allo stesso tempo molto riservata.
La fissazione per la grappa, l’amore per il gentil sesso che sfociava in plateali complimenti alle donne, le battute sulle persone di colore. In molti hanno riletto i comportamenti di “Nonno Felice” cogliendone passaggi che nel 2025 sarebbero politicamente scorrettissimi.
Oggi tutti puntano il dito e vanno alla ricerca della polemica. Quelle di Felice erano battute innocenti, dette da un anziano che amava la grappa e ammirava le belle donne. Tutto era goliardico e delicato.
Nel 1999 fu la volta di “Vivere”.
Una particina che mi impegnò per pochi mesi. Ma la stessa produzione, qualche tempo dopo, mi ricontattò per ‘Centovetrine’. Avrebbero voluto offrirmi un ruolo da protagonista.
Risposta?
Rifiutai.
Come mai?
Fui molto combattuta, però desideravo il secondo figlio e non me la sentii di trasferirmi a Torino. Erano addirittura disposti a farmi recitare col pancione. In un’altra situazione avrei detto di sì, ma misi davanti la famiglia. Gli affetti vengono prima di tutto. Il resto è semplicemente spettacolo e io ho sempre scisso le due cose.
Arriviamo a “Notte prima degli esami – Oggi”.
Era un periodo in cui ero totalmente nauseata dall’ambiente e non avevo più un manager. Fausto Brizzi sognava fin da ragazzo di avermi in un suo film, ma non sapeva come mettersi in contatto con me. Prima tentò con Neri Parenti, con cui avevo girato un film. Nemmeno lui però seppe aiutarlo. Fortuna volle che una truccatrice di ‘Vivere’ fosse diventata paziente di mio marito. Quindi fornì il mio numero di telefono ad una agente, che lo girò a sua volta a Fausto. Una serie infinita di casualità. Ammetto che quando risposi alla chiamata pensai sinceramente ad uno scherzo.

Da quel film sono passati ben diciott’anni. E da tanto che non la vediamo più in video.
Perché non mi cercano, semplice. Quando esordii andavi avanti se eri bravo e preparato. Adesso, secondo me, la maggior parte degli attori lavora grazie ai contatti che si creano nell’ambiente.
Pure lei allude al ‘circoletto’?
Facci caso, basta accendere la tv e trovi sempre le stesse facce. Gli attori giovani bravi non mancano. Ma quanti ce ne sono lasciati a casa? Ad ogni modo, non me ne sto con le mani in mano. Svolgo corsi di formazione per le aziende occupandomi di tutto ciò che riguarda il saper comunicare. Inoltre, ho fatto parecchio teatro.
Le piacerebbe tornare in pista?
Assolutamente sì, ma ci credo poco. Sul set non ho mai avuto problemi con nessuno, magari fuori dal set è accaduto. Ma sai, la vita è fatta di scelte. Ho sempre fatto le cose che mi piacevano e lavori che non mi portassero lontano da marito e figli. E quando finisci col dire troppi ‘no’ succede che altri ti passino avanti. Questo lavoro ce l’ho nel cuore, lo amo. Tuttavia, la mia famiglia resta sacra. Non l’ho mai data in pasto ai media e ne sono orgogliosa.
Si era presentata questa possibilità?
Mi offrirono dei soldi per finire in copertina su un settimanale con le immagini del mio matrimonio. Mi opposi, non intendevo pubblicizzare la mia vita privata. Non sono d’accordo con chi afferma che per i vip non esiste la privacy. Io la mia sfera intima la tengo per me.
La tv l’ha più cercata?
Si prospettò moltissimi anni fa l’eventualità di ‘Ballando con le stelle’. Avrei partecipato volentieri, ma avevo i figli piccoli e mi sarei dovuta trasferire da Milano, dove vivevo e vivo, a Roma. Se mi contattassero adesso, andrei senza problemi. Non solo: prenderei parte volentieri anche a ‘Tale e Quale’. So cantare e mi piacerebbe tantissimo cimentarmi in quello show.
Oltre a cantare bisogna saper anche imitare.
Non ho paura, si impara. Ci sono maestri di livello che ti insegnano e preparano a dovere. Sarebbe divertente.