Ginevra Panci: “A 22 anni ero obesa, perdere peso mi faceva paura. Non mi perdono il tentato suicidio”

Quello di Ginevra Panci è un "viaggio felicemente imperfetto per imparare ad amarsi". A 6 anni i primi commenti sul suo aspetto fisico, quando in famiglia veniva chiamata "cicciottella", poi l'età altalenante dell'adolescenza, una situazione familiare complessa e un corpo che continuava a cambiare. A 22 anni pesava 120kg, ma i giudizi degli altri erano tutt'altro che una preoccupazione: "Il cibo era sia premio che punizione, mi abbuffavo senza neanche pensarci. Ero ‘tanta' e mi piaceva esserlo, non ci vedevo niente di male ".
Poi la realizzazione di aver perso il controllo sul suo corpo, la decisione di sottoporsi a un intervento di bypass gastrico e la ‘nuova Ginevra' dopo l'operazione. Seguita su TikTok da oltre 600mila followers, autrice del libro Le misure dell'anima, a Fanpage.it ha ripercorso il suo viaggio, nella speranza di poter aiutare chi soffre di disturbi alimentari. "Oggi, a 4 anni dall'intervento, sono felice e non cambierei niente di me", ha spiegato.
“Ginevra, se continui così, tu a 35 anni non ci arrivi”, è la frase con cui inizia il tuo libro. Sono queste parole che ti hanno spinta al cambiamento?
Assolutamente sì. Quando l'ho sentita dal medico ho provato paura e senso di colpa, come se il mio castello stesse crollando. Fino a quel momento ero convinta di avere il controllo sul mio corpo, ma in realtà avevo una visione totalmente distorta della situazione. L'idea di sottopormi a un intervento di chirurgia bariatrica e diventare normopeso mi faceva paura, tanto che uno dei miei primi pensieri è stato "mi piacerò quando sarò magra?".
Che rapporto avevi con il tuo corpo?
Il mio corpo mi piaceva e pensavo che non ci fosse nulla di male nella mia forma fisica. Ho sempre avuto amici, fidanzati, ero sicura di me stessa. Ero ‘tanta' e mi piaceva esserlo.
Come hai costruito questa sicurezza in te stessa?
Ho sempre lavorato molto sull'empatia e sulla sensibilità, mi sono riscoperta egocentrica (ride, ndr). Non davo peso a cosa pensassero gli altri del mio corpo perché avevo altre priorità, come una serie di dinamiche familiari molto complesse. Per me era una follia pensare di essere giudicata per il mio aspetto, preferivo che le persone mi dicessero "sei antipatica" piuttosto che "sei grassa".
Descrivi il cibo come premio e nello stesso tempo punizione. In che modo era l’una o l’altra cosa?
Durante l'infanzia vedevo il cibo come un premio, cioè "se fai la brava, dopo puoi mangiare un ovetto Kinder", crescendo invece è diventato una punizione. Quando mia mamma usciva di casa iniziava la ‘caccia al tesoro' a tutti quegli alimenti considerati proibiti. Sapevo che nel suo cassetto dell'intimo c'era un barattolo di Nutella e andavo a mangiarla con il cucchiaio oppure mangiavo le merendine e nascondevo le cartacce sotto il letto. Avevo sviluppato nei confronti del cibo un rapporto molto intimo e basato sull'emotività, mi abbuffavo senza neanche pensarci e cercavo di non mostrare le emozioni negative.
A 6 anni hai iniziato a prendere peso per la prima volta. Allora eri consapevole che il tuo corpo stava cambiando?
Mi paragonavo ai miei compagni di scuola e mi chiedevo perché fossi così diversa, anche se non vedevo il diverso come qualcosa di brutto. A casa alcuni parenti mi dicevano frasi come "tu sei la cicciottella della famiglia" e ricordo il profondo dolore che provavo.
Ai commenti negativi come reagivi?
Fin da bambina sono sempre stata molto autoironica, non ho mai pianto davanti a nessuno, nemmeno in famiglia. Rispondevo con ironia e non davo soddisfazione a chi mi insultava. L'ironia e la positività hanno contribuito a salvarmi la vita.
Racconti che i tuoi amici ti chiamavano "Big Mama", non ti infastidiva questo soprannome?
Non mi dava fastidio, anzi, per me era una conferma. Negli anni felici del liceo ero la ‘diva', motivo di ispirazione per gli altri, amica dei professori, stavo bene.
A 14 anni, però, hai tentato di toglierti la vita bevendo la candeggina.
La Ginevra ‘diva' è arrivata in seguito a questo episodio, accaduto quando andavo ancora alle medie e pochi giorni dopo aver subito violenza da parte di un ragazzo più grande di me. Oggi fatico a perdonare quel gesto, ma vivevo una situazione veramente estrema. Non volevo sentire più niente e quando mi sono risvegliata in ospedale ero arrabbiata. Per me è stato un punto di svolta, da quel momento ho cambiato atteggiamento e vita. Mi sono trasferita a Roma, ho iniziato il liceo e ho provato a costruire una ‘nuova Ginevra'.

Parli di tuo padre, ex tossicodipendente che ha deciso di entrare in comunità, come ‘il tuo re’.
Ancora oggi lo vedo così perché è un uomo che dopo tanti anni di dipendenza ha voluto essere un bravo padre e marito, è andato in comunità ed è cambiato per me. È uno di quelli che ce l'hanno fatta. Provo un amore e una gratitudine immensa nei suoi confronti.
Però i rapporti che aveva con tua madre non erano sereni.
Ho dovuto accettare il fatto che al mio eroe, l'uomo che aveva cambiato la sua vita per me, serviva ancora aiuto. Aveva attacchi di ira ed era violento, soprattutto verbalmente, con mia madre. Urlava e bestemmiava, poi magari dopo mezz'ora chiamava profondamente dispiaciuto per quello che aveva fatto. Io lo comprendevo, lo lasciavo sfogare per poi parlargli e spiegargli dove aveva sbagliato. Solo in un secondo momento ho scoperto che, prima della separazione, c'erano stati anche episodi di violenza fisica nei confronti di mia madre.

Ti rende felice o ti infastidisce il fatto che le persone, dopo l’intervento, guardino con occhi diversi il tuo corpo?
Per i primi tre anni è stato estremamente destabilizzante, ho dovuto imparare a gestire un nuovo corpo e una società che mi guarda in modo diverso. Ad oggi ho trovato il mio equilibrio e sono tranquilla.
“Quando sarai magra sarai felice” è la frase che sentivi sussurrarti dalla tua vocina interiore. Pensi che oggi ci sia ancora la convinzione che magrezza equivalga a felicità?
In molti pensano che magro significhi non avere più problemi con il cibo, la società, in famiglia, invece non è così. Io oggi sono normopeso ma non significa niente, continuo ad avere le mie insicurezze come tutti, indipendentemente dal peso.
Tu però racconti che più perdevi peso, più davi importanza al giudizio altrui.
Esatto, ho iniziato a rimproverarmi perché stavo rischiando di diventare ciò che ho sempre odiato. Mi preoccupavo per una maglia che metteva in risalto la pancia o per come mi stavano determinati vestiti, quando prima non me ne era mai fregato niente.
Social e disturbi alimentari: due mondi che posso convivere o pericolosi insieme?
Ho capito che possono essere un aiuto per chi soffre di disturbi alimentari ma bisogna stare molto attenti a come si fa informazione, perché c'è anche il rischio di emulazione da parte di chi ti segue. Io mi impegno ogni giorno per trasmettere qualcosa di vero e reale perché penso che sui social ci sia troppa ricerca di perfezione.
Pensi che in Italia ci sia la giusta attenzione nei confronti dei disturbi alimentari?
Non c'è assolutamente la giusta attenzione, anzi, molta disinformazione e di conseguenza superficialità. Spesso non ci si rende conto di avere di fronte a una persona che ha un problema e che non andrebbe giudicata e sminuita, anzi, aiutata e compresa. Il primo cambiamento in questo senso dovrebbe partire dalle istituzioni e poi dalle famiglie, che vanno informate e che spesso non hanno la giusta sensibilità verso determinati temi.
Oggi sei soddisfatta del tuo aspetto?
Ora sono felice, rifarei tutto allo stesso modo e non farei nessun intervento a livello estetico.