Dolcenera: “Baudo scopriva talenti e sapeva lasciarli liberi. Un suo consiglio cambiò tutto e vinsi Sanremo”

Da imperatore della televisione per diverse decadi, Pippo Baudo ha lasciato il segno soprattutto per la sua capacità di intravedere il talento e favorirlo, d'altronde la frase "l'ho inventato io" è il suo slogan. Tra gli ultimi talenti scoperti da Baudo c'è sicuramente Dolcenera, l'artista che trionfò a Sanremo Giovani nel 2003. L'artista ci racconta la sua versione di Baudo, proprio in queste ore in cui si dà l'ultimo saluto al conduttore, scomparso all'età di 89 anni.
Ricordando Baudo hai parlato di genialità. Quando e in cosa l'hai riconosciuta?
Nell'anno della mia nascita artistica, il 2003. Presentava Sanremo, ma in quell'anno ci fu anche Destinazione Sanremo, che lui conduceva con Claudio Cecchetto, in cui i giovani concorrevano per guadagnarsi un posto nella sezione giovanile del Festival. Lì lo conobbi per la prima volta e capii la sua genialità.
In cosa consisteva?
Punto uno: la nascita e l'educazione. Una persona è tale non solo per patrimonio genetico, ma anche per il contesto in cui nasce, luoghi che aiutino l'intelletto e la formazione culturale e questo era Catania, dove non sembra di essere su un'isola. Quel tipo di cultura, l'attenzione alla semantica, la parola, al modo, all'eleganza, era dentro Pippo. Era una cosa evidente. Punto due la professionalità e la grandissima passione. Io ricordo che non mangiava pur di lavorare. Quando mi classificai per la partecipazione a Sanremo Giovani, lui valutava tutte le canzoni che venivano presentate e io lo ricordo con uno striminzito panino in mano, mentre ascoltava la mia canzone.
Punto tre?
Il punto fondamentale: Pippo aveva una mente tale da percepire e valorizzare una forma di espressività anche se non apparteneva ai suoi gusti. È facile dire che uno capisce e ama una cosa e la fa, ma è più difficile valorizzare una tipologia di espressione che non ti appartenga. "Siamo tutti là fuori" non era una canzone tipicamente sanremese, ma lui la abbracciò. Mi disse che capiva il mio modo espressivo, ma poi mi diede dei consigli per migliorarla.
La canzone poi presentata a Sanremo era diversa?
Non mi disse propriamente di cambiarla, ma che lui avrebbe voluto sentire certe cose in quel pezzo che non sentiva ancora. Ad esempio che quel "noi" di siamo tutti là fuori aveva bisogno di passaggi in cui mi definissi anche io, che facessi capire come mi sentivo. Mi fece notare che le canzoni in prima persona plurale erano scritte prevalentemente da uomini, ma che anche le donne potevano farlo. Questo consiglio mi aprì un mondo, compresi che non potevo nascondermi. Sono piccole cose di esperienza e di gusto che hanno a che fare con la comunicazione.
Nel conoscere Baudo ti sei trovata davanti a colui che al tempo rappresentava l'autorità per eccellenza. Era una cosa che faceva pesare?
Assolutamente no, era un tuo complice, uno che stava dalla tua parte, che voleva valorizzarti. Qui c'è un altro punto fondamentale della sua figura, cioè che lui rappresentava la televisione, ma riusciva al contempo a difendere la musica dalla televisione stessa, come se ti difendesse da una parte di sé. Questo perché ho sempre avuto la sensazione che lui volesse difendere la libertà della musica dai condizionamenti del sistema mediatico. D'altronde va ricordato che Baudo faceva i festival delle canzoni e non dei personaggi, ecco perché riusciva a tenere separati gli ambiti della Tv e della musica, stando contemporaneamente in entrambi.
Si può dire tu sia stata la sua ultima scoperta. La protezione di Baudo poteva significare un'assicurazione per il dopo, arrivava un momento in cui lui ti lasciava andare?
Questo momento di separazione per me non c'è stato idealmente, perché sono sempre stata molto indipendente come carattere, ma nemmeno fattivamente, dato che l'anno successivo a Sanremo non ci fu lui ma Tony Renis, che decise di cancellare l'eredità di Baudo e una delle principali consuetudini dei suoi Sanremo, ovvero che l'artista vincente a Sanremo Giovani prendesse parte alla gara dei Big l'anno dopo. Fui la prima a perdere questa possibilità. D'altronde quando si parla di creature di Baudo non significa che lui stesse dietro ai talenti che scopriva e li ammaestrasse dicendo loro cosa fare, non è mai stato così, lasciava sempre liberi. Quando ti ritrovavi a collaborare con lui, magari anni dopo, provava a valorizzarti al massimo con le sue conoscenze, attraverso un modo di intervistare che non era comune.
Spiegati meglio.
Come giornalista e intervistatore musicale Baudo era un fuoriclasse secondo me. Aveva una scaletta virtuale, ma siccome lui è un grande ascoltatore, oltre che professionista, era sempre pronto a ribaltare quel progetto. Riusciva a dare forma al momento di spettacolo spettacolo grazie alla sua capacità di ascoltare l'intervistato, che portava a una domanda non prevista in scaletta. Un dialogo dedotto dall'ascolto. Il tutto condito dalla musica dal vivo, che dopo Baudo è scomparsa.
Ovvero?
A un certo punto nelle Tv, negli anni in cui lui iniziava a ritirarsi, si iniziava a dire che la musica live non funzionasse dal punto di vista dello share. La verità, però, è che c'erano sempre meno artisti in grado di accompagnarsi unplugged. Ed è chiaro che con il playback e la base, non puoi suscitare nello spettatore le stesse emozioni che può fare un'intervista musicale, esattamente come faceva lui, in cui si parlava, si suonava, si interrompeva anche l'esecuzione dal vivo. Quella è la vitalità del live, se manca lo senti che l'anima non c'è. Questa convinzione diffusa in televisione ha fatto sì che la musica dal vivo fosse concepita solo in associazione ai talent. Ma questa è un'altra storia.
In quanto ultima scoperta, hai rappresentato il formato di artista pre-algoritmica. Baudo di questo aspetto aveva spesso parlato nella sua idea di evoluzione della musica, con toni critici.
Sì ed è una cosa che capisco. Lui sapeva benissimo che le grandi rivoluzioni musicali vengono da ciò che non ti aspetti. Sono sempre avvenute perché qualcuno è arrivato a fare qualcosa che non c'era. Nel 2019 abbiamo fatto un viaggio insieme in auto, da Taormina a Catania, dopo un concerto, e lui mi raccontava che un tempo, quando usciva un cantante con delle caratteristiche, non ne poteva uscire un altro con le stesse caratteristiche, perché c'era già. C'era il valore della differenziazione, mentre ora prevale quello dell'omologazione. Ma io sono convinta che questa cosa si romperà, una bolla destinata a scoppiare.
Nell'anno della tua vittoria ci fu anche il caso di Alina Deidda, la giovanissima artista di 12 anni che partecipò a Sanremo Giovani. Te ne ricordi?
Sì, ricordo che avevamo partecipato insieme a Destinazione Sanremo e che era molto giovane. Eravamo in lizza, i dati ci vedevano competere fino all'ultimo. Ricordo che a Pippo piacevamo entrambe artisticamente, anche se per ragioni diverse.
Cosa apprezzava principalmente del tuo stile?
Il fatto che io dominassi la mia musica suonando il pianoforte. Era una forza che lui percepiva.
Hai fatto anche la Tv partecipando e vincendo a Music Farm, una sorta di proto talent, genere che Pippo non apprezzava molto. Avete mai parlato di quella partecipazione? Cosa ne pensava?
Music Farm non era un talent, ma un programma in cui artisti già famosi si sfidavano suonando dal vivo. Ricordo che Baudo, quando arrivai in finale, fece un video di vicinanza a me, augurandomi il meglio. Io penso che quel suo gesto significasse anche un segnale di supporto per quel Sanremo negatomi nel 2004 che avrei dovuto fare dopo la vittoria. Però, ecco, penso sempre che conta il modo in cui certe cose le fai e lui lo fece a modo suo.