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Dal TG1 a una nuova vita, Balestrieri: “Ho rinunciato allo stipendio per non essere schiava del lavoro”

Nel 2017, la giornalista Federica Balestrieri ha annunciato di essersi licenziata dalla Rai. Oggi racconta a Fanpage.it la sua nuova vita: “Non sono più schiava di qualcuno che mi dice che cosa devo fare, quando lo devo fare, che mi concede i giorni liberi in base agli umori della giornata. Mi sono sottratta a queste dinamiche di potere”.
A cura di Daniela Seclì
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La giornalista Federica Balestrieri per 23 anni è stata un volto Rai. Si è occupata della Formula 1, ha condotto il programma Pole Position guadagnandosi il nomignolo di "donna dei motori", poi il passaggio al TG1 dove per 7 anni si è occupata di moda, costume e società. A gennaio del 2017 ha annunciato di essersi licenziata dalla Rai. Ha avvertito l'esigenza di mollare tutto e cambiare vita:

"Non volevo più essere schiava del lavoro. Ho detto basta e mi sono licenziata. In fondo che te ne fai dei soldi se non hai tempo per spenderli e sei sempre stressata?"

Inizialmente si è dedicata al volontariato (che ancora oggi è parte integrante della sua vita), poi nel corso di un viaggio in India ha trovato la sua strada. Federica Balestrieri ha raccontato la sua storia a Fanpage.it.

Hai trascorso ventitré anni in Rai, di cui sette al TG1. Cosa ti è rimasto della tua "vita precedente"?

È stata entusiasmante. Ho avuto l'opportunità di fare il lavoro che sognavo, la giornalista sportiva. Raccontavo la Formula 1, poi per sette anni ho condotto Pole Position, programma di punta della Rai sui motori. Ho conosciuto tantissime persone e mondi differenti. Avevo acquisito grande popolarità, mi chiamavano la donna dei motori. Poi, ho scelto di andare al TG1, per cimentarmi con un altro tipo di giornalismo. Ho parlato di moda, mi sono occupata degli speciali. A un certo punto, ho capito che avevo fatto tutto quello che avrei potuto fare in Rai.

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Così hai maturato la decisione di mollare tutto.

Sentivo che se fossi rimasta ancora, avrei perso tempo prezioso. C'era troppo mondo da vedere, troppe cose da fare, mi sentivo legata a un posto fisso, a impegni fissi, a un capo che mi diceva cosa dovevo fare. Ho detto basta e mi sono licenziata. Avevo 47 anni.

Immagino, però, che non sia stata una decisione facile da prendere.

Ho pianto delle notti intere, mesi di angoscia. È stato un travaglio psicologico enorme. Ho cercato l'approvazione di mio marito Fabio Parisi. Avevo bisogno che mi dicesse: "Sì, fallo, ti starò vicino". Ma niente, non voleva prendersi questa responsabilità. Era convinto che mi sarei pentita e lo avrei incolpato di avermi consigliato male. Era una scelta senza ritorno.

Avevi almeno pensato a un piano B?

No, infatti non ti dico in quanti mi hanno detto che ero pazza. Mio padre si arrabbiò tantissimo. Ho lasciato perché volevo riappropriarmi della mia vita. Essere libera, rilassata, non più schiava del lavoro. Per cui mi sono detta, rinuncio a tanti soldi ma acquisto un'autonomia per me fondamentale per essere serena. Altrimenti si è degli schiavi, magari di lusso perché guadagni tanto, ma che te ne fai dei soldi, se non hai tempo per spenderli e sei sempre stressato?

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Non hai avvertito il timore di perdere la sicurezza dello stipendio fisso?

Sinceramente no. Me ne sono andata con una buonuscita. Ho lavorato in Rai per 23 anni, ho maturato 21 anni di contributi, che è il minimo per avere una pensione, una volta raggiunta l'età giusta. Però da 47 anni, dovevo arrivare a 65. Ero conscia che non avrei mai più guadagnato quanto in Rai. Mi ero messa il cuore in pace. Avrei fatto una vita più libera, ma con tante rinunce.

Qual è stata la prima cosa che hai fatto una volta che ti sei riappropriata delle tue giornate?

All'inizio mi sono dedicata alla Onlus che avevo fondato, Riscatti. Poi, sono partita per l'India da sola, senza un'idea precisa di cosa fare. Avevo una vaga idea di produrre qualcosa. Ho comprato dei tessuti, li ho portati da un sarto e abbiamo fatto un pantalone, una gonna, una giacca e un vestito. Quattro capi, moltiplicati per cinquanta pezzi in tutto. Quando sono tornata in Italia, ho invitato delle amiche e li ho venduti in un pomeriggio. Ho capito che piacevano e da lì ho dato il via alla mia attività, navigando a vista giorno per giorno. Ho iniziato a vendere i capi nei mercatini, poi è arrivato l'e-commerce.

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Ci sono stati momenti di difficoltà?

Devo dire che è filato tutto liscio. Parliamoci chiaro, bisogna lavorare. Capita il giorno in cui sono chiusa in magazzino ad aprire i capi, prezzarli, caricare le foto sul sito. Altri in cui lavoro sulla spiaggia. Questo è il bello di avere un e-commerce. Però è la mia passione, anche i sacrifici non li considero rinunce. Mi capita di essere stanca, ma lo stress, la negatività, l'ansia che un lavoro si porta dietro, non ci sono più.

Live more with less è diventata la tua filosofia, in cosa consiste?

Ho iniziato a vivere questa filosofia, un pò prima di liberarmi di quella gabbia dorata in cui lavoravo. Significa vivere di più ma con meno, non tanto con meno soldi, ma con meno potere. Lasciare andare anche le cose belle come la fama e il successo, perché spesso hanno un rovescio della medaglia. Hanno un costo in termini di stress e fatica, che dal mio punto di vista non ne vale la pena. È soggettivo chiaramente.

Cosa consigli a chi vorrebbe slegarsi dal posto fisso e reinventarsi?

Di non avere timore di agire. Bisogna rompere gli indugi, perché il tempo passa. E poi seguire le proprie passioni e costruire la propria attività in quel perimetro. È così che non si sente il peso del lavoro. Iniziare anche da piccole cose. Io, ad esempio, mi sono raccontata su Instagram e ho creato una community. L'obiettivo non deve essere avere più like possibili, ma mostrarsi per come si è. Poi le cose vengono da sé. Il fatto di essere autentici, genuini, alle persone piace molto.

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È anche vero, però, che lasciare il lavoro può essere una scelta non sostenibile per chi ha dei figli.

Io non ho figli. Voglio essere sincera, se li avessi avuti probabilmente non mi sarei licenziata, perché avrei avvertito una responsabilità verso di loro. Quando devi rendere conto solo a te stessa, sei più libera di fare delle scelte anche così drastiche. Quando mi sono licenziata, mi sono detta: se mi gira male, non sarò mica cretina, qualcosa riuscirò pure a fare (ride, ndr).

Qual è il vantaggio più eclatante che senti di avere avuto licenziandoti?

Non sono schiava di qualcuno che mi dice che cosa devo fare, quando lo devo fare, che mi concede i giorni liberi anche in base agli umori della giornata. Mi sono sottratta a certe dinamiche di potere, ho la libertà di organizzare il mio tempo. Di gestirlo in base alle mie regole, alle mie esigenze, alle mie necessità. Per me questo è meraviglioso.

Anche tuo marito ha fatto la tua stessa scelta?

Mio marito ha fatto per tanti anni l'agente dei calciatori. Ha gestito cinque Palloni d'Oro, ha lavorato ad alti livelli nel mondo del calcio. Adesso non gestisce più direttamente i calciatori. Si è messo in gioco, trasferendosi a Miami insieme a me a 61 anni. Però è rimasto nel suo settore, non ha cambiato lavoro come ho fatto io. Ma anche lui è un libero professionista, non ha uno stipendio fisso.

Com'è la tua vita oggi?

L'e-commerce Dress more with less, che ho aperto a settembre 2019, è esploso durante la pandemia. Non riuscivo quasi più a gestire le richieste dei clienti. Potrei vendere i miei capi all'ingrosso. Ho una marea di richieste da tantissime boutique, potrei distribuirli anche negli Stati Uniti. Ho tante opportunità di crescita, ma dico di no a tutti, perché non voglio ricostruire quella gabbia dorata, quella prigione in cui sono un criceto sulla ruota.

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