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Un Festival lontano da Sanremo è impossibile: perché l’evento Rai è bloccato per i prossimi 3 anni

Le voci di un Festival che lascia Sanremo per un’altra sede non stanno in piedi, ma sono strumento di pressione della Rai sul comune per risolvere l’unico, vero problema del Festival: la musica. Ecco lo scenario che blinda a Sanremo il secondo Festival consecutivo di Conti e quelli che dovrebbe condurre Stefano De Martino.
A cura di Andrea Parrella
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Il dibattito televisivo dell'estate ha un tema insolito per la stagione: Sanremo. Dopo la presentazione dei palinsesti Rai dello scorso 27 giugno, qualcuno ha aperto i rubinetti della polemica attorno al Festival, prendendo spunto dalle parole dei vertici presenti all'evento, che hanno screditato il comune di Sanremo, sottolineando a più riprese i limiti strutturali della città e i pochi sforzi di questi ultimi anni nell'aggiornamento di strutture ricettive e dell'Ariston stesso.

Il Festival può davvero spostarsi da Sanremo?

Dal chiacchiericcio alle speculazioni è un attimo e in poche ore ha preso forma l'ipotesi di un Festival di Sanremo che potrebbe spostarsi dal 2027 in una sede diversa da quella della riviera ligure. Ma si tratta di un'ipotesi concreta? Al di là dei proclami, delle reazioni di politici locali e nazionali che propongono sedi varie, oltre le fantasiose ipotesi della costiera sorrentina, di Paestum, Senigallia e la riviera Adriatica, c'è la sostanza. E la sostanza è che la Rai ha presentato un'offerta per il bando del comune, adeguandosi alla richiesta economica in esso inserita. Vale a dire, in sostanza, che la stessa supposizione di una rottura tra Rai e comune di Sanremo sarebbe quasi insensata, controintuitiva allo stato attuale, perché farebbe presupporre una spaccatura potenziale che in questo momento è del tutto illogica.

Se l'ipotesi di un Sanremo altrove non sta in piedi

C'è un dettaglio per niente irrilevante sottolineato in coro da diverse fonti interne consultate, che hanno preferito restare anonime: il bando del comune ha una durata triennale. Include cioè la prossima edizione, affidata a Carlo Conti, e le due successive che dovrebbe condurre Stefano De Martino. Questo aspetto farebbe decadere, tecnicamente, ogni ipotesi di un Festival lontano da Sanremo almeno fino all'edizione 2028. Con la partecipazione al bando, infatti, la Rai blinda alla città di Sanremo quel format che sostiene di poter portare in qualsiasi altra città. Vale la pena chiedersi in che modo i vertici Rai intenderebbero svincolarsi da un bando al quale hanno già preso parte, per altro come unico concorrente, dunque con la certezza di vincerlo.

Ecco perché la Rai sta alzando la posta con il comune di Sanremo

Messa così la questione potrebbe apparire del tutto insensata, accompagnata dalla narrazione della dirigenza Rai che brancola nel buio. Sarebbe un errore, perché un motivo a tutto quello che sta accadendo c'è. Il senso della pressione che Rai sta provando a esercitare sul comune di Sanremo è legato a una voce specifica della delibera con cui la giunta ha approvato il bando del Festival della canzone italiana per il prossimo triennio:

La seconda fase (fase negoziale), sarà diretta a negoziare con il partner (operatore economico) individuato i termini finali, ivi compresi quelli di natura economica, della/e convenzione/i regolatrice/i del rapporto di partenariato.

Questo passaggio ci fa capire esattamente che, una volta accettata la domanda di partecipazione Rai da parte del comune, ci sarà una seconda fase nella quale, al netto delle richieste economiche inserite nel bando, vi saranno margini di trattativa economica tra le parti. È proprio qui che l'unica, vera questione sul tavolo, che riguarda la partita con i discografici.

Perché il mondo discografico è il vero fulcro della questione Sanremo

Come vi avevamo raccontato nei giorni scorsi attraverso le parole di Enzo Mazza, Ceo di FIMI, il mondo discografico è in aperta protesta con il Festival da tempo, perché reclama alla Rai maggiori risorse per gli artisti che partecipano alla manifestazione: "I costi sono fuori controllo, le aziende discografiche ci riferiscono che appena mettono piede a Sanremo sono già in perdita. Il contributo spese di RAI di 55 mila euro più qualche spicciolo per la serata dei duetti è assolutamente insufficiente". 

La questione non è nuova, anzi si trascina da molto tempo e la Rai lo sa, come Rossi ha sottolineato con scaltrezza ai palinsesti, rispondendo a una domanda di Fanpage nel merito. Mazza ci aveva fatto capire chiaramente che i discografici sarebbero pronti a sfilarsi da Sanremo qualora Rai non prevedesse un innalzamento della soglia di spesa per le etichette che portano gli artisti in gara.

Evitare il boicottaggio per salvare Sanremo

Un problema della Rai, certo, non del comune, che però il servizio pubblico inserirà certamente all'interno della fase negoziale con il comune. "Sanremo senza gli artisti sarebbe una scatola vuota", dice Mazza e lo conferma la storia, visto che i casi di boicottaggio degli ultimi vent'anni sono stati eclatanti e sintomo dei Sanremo meno seguiti di sempre (lo sa bene Simona Ventura per il 2004 e lo rivendica anche Panariello per il 2006, anche se in quel caso un esplicito boicottaggio non ci fu). Di conseguenza Rai potrebbe fare leva proprio su questo aspetto, lasciando intendere al comune che la cifra maggiorata richiesta attraverso il bando, ovvero 6.5 milioni di euro all'anno (erano 5.3 milioni negli ultimi due anni) più una percentuale su tutti gli introiti pubblicità compresa, vada destinata proprio al mondo discografico, per rendere più appetibile la partecipazione di artisti di punta. Una partita a tre, in cui la Rai è il solo soggetto a doversi confrontare con due interlocutori differenti. Da questa ricostruzione si capisce una cosa sola: non è in discussione Sanremo come sede del Festival, ma Sanremo come evento. Il solo modo per "salvarlo" è, sostanzialmente, metterlo in discussione.

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