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Festival di Sanremo 2024

I Santi Francesi a Sanremo 2024 con L’Amore in bocca: “Scopriamo ogni volta un nuovo significato”

I Santi Francesi arrivano al Festival di Sanremo 2024 con L’amore in bocca, dopo la vittoria ad X Factor 22 e la partecipazione a Sanremo Giovani con Occhi Tristi. Qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Santi Francesi, Sanremo 2024, foto di Laura Ferloni
Santi Francesi, Sanremo 2024, foto di Laura Ferloni
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I Santi Francesi, il duo composto dal frontman e chitarrista Alessandro De Santis e dal tastierista e corista Mario Francese, arrivano al Festival di Sanremo 2024 con il brano L'amore in bocca. Si tratta dell'esordio assoluto da concorrente Big sul palco dell'Ariston per il duo, con un brano scritto insieme a Cecilia Del Bono. La band, reduce dalla vittoria dell'edizione 2022 di X Factor, si è già resa protagonista sul palco di Sanremo negli scorsi mesi, arrivando in finale di Sanremo Giovani con il brano Occhi Tristi. L'orchestra durante la loro esibizione sarà diretta dal maestro Daniel Bestonzo. Qui l'intervista.

Cosa significa per voi arrivare sul palco del Festival di Sanremo?

Alessandro De Santis: Io ho sempre considerato Sanremo un bel palco su cui andare a fare della roba figa, un bel tornado, una bella tempesta: credo sia così, più o meno per tutti quanti. È la nostra prima esperienza, quindi ci stiamo abituando pian piano all'idea prima di tutto di dover salire effettivamente su quel palco e contemporaneamente stiamo cercando di pensarci il meno possibile, di tenere le aspettative molto basse e di concentrarci solo sul palco e solo sull'esibizione.

Quanto vi aiuta aver partecipato ad Amici e ad X-Factor, vincendo peraltro il secondo?

Alessandro De Santis: Sicuramente aver fatto della tv in certo che in passato ci aiuta in qualche modo. C'è da dire che poi Sanremo è Sanremo, quindi puoi essere preparato fin che vuoi, ma già solo il nome ti fa tremare.

Com'è stato partecipare a Sanremo Giovani?

Mario Francesi: Un po' di tensione in più c'era sicuramente. Non finire tra i primi tre sarebbe stato spiacevole, sicuramente per non partecipare a Sanremo. Spero che sentiremo un po' meno il peso della gara lì a Sanremo e di base, goderci il momento semplicemente dando il massimo.

C'era stato già qualche tentativo in passato? 

Alessandro De Santis: Era la terza volta che provavamo ad iscriverci a Sanremo Giovani. Noi anche l'anno scorso l'abbiamo. Ben venga Sanremo Giovani, è sicuramente una legittimazione diversa che ci ha dato una mano, anche ad abituarci a entrare un po' nel mood Sanremo, casino, gara.

Eravate sicuri dei brani presentati quest'anno, Occhi tristi e L'amore in bocca?

Alessandro De Santis: Devo dire eravamo abbastanza sicuri da subito.

Mario Francesi: Avevamo questi due pezzi su cui abbiamo puntato molto, ma semplicemente perché entrambi sono una presentazione ottimale di quello che siamo e quello che possiamo essere. Occhi tristi era un po' più up e accattivante, mentre L'amore in bocca era proprio una ballad e si presta a un arrangiamento orchestrale di per sé.

Come nasce L'amore in bocca?

Alessandro De Santis: Non amiamo spiegare le canzoni per il semplice fatto che per come le scriviamo in realtà spesso è difficile spiegarlo a noi stessi. Nasce da un errore di scrittura, perché nello scrivere una nota sul mio telefono circa un annetto fa, dovevo scrivere l'amaro in bocca, mentre il correttore ha scritto L'amore. Ha deciso per me e quindi leggendo questa espressione ci ha affascinato, l'abbiamo sepolta lì per un paio di mesi. Abbiamo incontrato di nuovo per caso una giovane autrice, artista meravigliosa, che si chiama Cecilia Del Bono. Abbiamo organizzato a tempo perso una sessione con lei, nel giro però di cinque ore nasce il pezzo. In questo caso specifico ancora più strano e misterioso rispetto al solito come processo. Perché avendolo scritto al 50% insieme e non essendoci spiegati nel dettaglio che cosa intendesse, in svariati punti del pezzo io canto una canzone di cui non comprendo bene il significato e diventa una scoperta continua. Diventa un flusso continuo anche quando la vai a fare sul palco, perché pian piano scopri cose anche tu della tua stessa canzone.

E invece la scelta di portare Hallelujah sul palco durante la serata cover?

Alessandro De Santis: C'è da dire che per noi le cover sono sempre state molto, molto importanti e soprattutto molto divertenti. Io un giorno a casa vado da Mario e gli dico: "Oh Mario, ma perché non facciamo Alleluia?". E lui guarda, mi dice: "Sei un cretino, cosa dici?". Però chiaramente avevamo un'idea di arrangiamenti e di atmosfera per il pezzo un po' diversa da quella che siamo abituati a sentire. Abbiamo cercato di tirare fuori il lato contraddittorio del pezzo, che è una canzone che si è travestita negli anni, si è messo un mantello innocente, è andata in giro per i matrimoni e nelle case di tutti quanti, come una canzone innocente. In realtà parla di tutt'altro ed è estremamente inquietante e contraddittoria.

E sul duetto con Skin degli Skunk Anansie?

Anche lì abbiamo perso delle giornate, non abbiamo dormito per settimane. Perché? Perché non trovammo nessuno semplicemente che volesse fare questa pazzia con noi. Molti erano già stati presi. Ad Alessandro è venuta questa idea matta, di chiedere a Skin e lei è rimasta abbastanza contenta della nostra versione. Anche se all'inizio, quando le abbiamo proposto Hallelujah ha detto: "No, ragazzi, Halleluiah no, vi prego, non facciamo questo verso un'altra volta". Anche perché nella sua carriera l'ha fatta molte volte. Poi l'ha ascoltata, l'è piaciuta, è rimasta molto contenta.

Intervista di Francesco Raiola

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