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Eurovision Song Contest 2023

Eurovision 2023: Marco Mengoni unica vera emozione in mezzo alla sagra del trash

L’Eurovision 2023 si chiude con una finale che vorrebbe essere un grande show, ma non ci riesce. Il folklore scade troppo spesso nel trash, mentre la durata XXL flagella gli spettatori in mondovisione. Il commento audio di Mara Maionchi e Gabriele Corsi prova a metterci una pezza, ma di questa via crucis trash verrà ricordato molto poco.
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A cura di Grazia Sambruna
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C’è una legge non scritta dell’Eurovision Song Contest: quando l’Italia porta in gara una ballad, vince un brano carrozzone. Viceversa, quando l’Italia porta in gara un brano carrozzone, vince una lagna. Basti pensare all’edizione 2016: a rappresentarci fu Francesco Gabbani con Occidentali’s Karma (sesto posto) e finì per trionfare il portoghese Salvador Sobral con la struggente Amar Pelos Dois. Stando a Youtube, però, la prima canzone conta oggi oltre 270 milioni di views. La seconda, invece, 21.

La finale ESC 2023, trasmessa in diretta su Rai1 con il commento audio di Mara Maionchi e Gabriele Corsi, si è tenuta sabato 13 maggio, dalle 20.30 all’una di notte in diretta dalla Liverpool Arena con conduzione a quattro: due cantanti, l’ucraina Julija Sanina e la britannica Alesha Dixon, insieme all’attrice Hannah Waddingham (Game of Throne, Ted Lasso) e al conduttore tv Graham Norton, famigerato in quel di casa nostra per alcuni commenti infelici sui rappresentanti del nostro Paese le scorse edizioni. Per esempio, twittò che lo stesso Gabbani fosse ubriaco in scena, consigliandogli di tornarsene a casa per smaltire la sbornia. La grande soirée finale è stata una pirotecnica via crucis difficile da spiegare a chi non sia già avvezzo alle stramberie che da sempre sono cuore pulsante dello show. Nonostante le maestose scenografie da crisi epilettica con quintali di luci led fluo a ferire gli occhi del mondo, la serata in sé non è riuscita a intrattenere, non come ci saremmo aspettati. Cosa non ha funzionato?

I conduttori di ESC 2023
I conduttori di ESC 2023

Negli anni Novanta, c’è stato un periodo in cui andavano di gran moda band come Aqua, Cartoons e Venga Boys. Con sottomarche annesse. Canzoni super catchy, interpretate da personaggi improbabili, intabarrati in outfit che li rendevano pittoresche caricature. Seguire la finale di Eurovision 2023 è stato come tornare a quei tempi, a livello visivo come musicale. Le venticinque canzoni approdate alla grande soirée conclusiva (di cui venti selezionate durante la doppia Semifinale, più le cinque dei “Big Five”, Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) hanno incarnato più folklore che sostanza in un gioco al massacro del buongusto in mondovisione. Se è stato divertente seguire questo freak show perenne, immaginare che tale fosse il meglio, dal punto di vista artistico, dell’Europa tutta riesce difficile. E pure desolante.

Bando al campanilismo, tra i pochi Paesi a portare una performance che non costringerà a dare spiegazioni ai posteri c’è stata l’Italia con Marco Mengoni e la sua Due Vite, cantata interamente nella nostra lingua. L’artista ha puntato sulla sobrietà, sulla pura intonazione angelica. Un’esibizione perfettamente minimal che non ha necessitato di alcuna baracconata per farsi notare. E arrivare al cuore. Al termine, Mengoni si è inginocchiato a terra, sopraffatto dall’emozione. È stata meritatissima standing ovation. Fuori dal podio per un soffio, si classificherà quarto, ma è lui ad aver insegnato agli altri come ci esibisce in mondovisione, rispetto per il palco compreso.

Loreen dopo la vittoria
Loreen dopo la vittoria

A vincere è stata la svedese Loreen con un brano, Tattoo, che vanta più accuse di plagio che parole nel testo. Trionfa grazie a un vero e proprio plebiscito, sia da parte della giuria che al televoto, sostanzialmente inspiegabile. In scena, canta dentro a una gigantesca lampada a raggi UV, dimenandosi sulle note di un brano più che dimenticabile con le dita decorate da unghie feroci, à-la Elenoire Ferruzzi. Orecchiabile quanto basta, in gara c’erano tantissime altre canzoni come questa. La buona sorte ha voluto che venisse premiata lei. Vincente anche sul “giovane Hulk” finlandese Kaarija, un animale da palcoscenico che farà furore su TikTok a colpi di “Cha Cha Cha”, l’equivalente 2023 di Chihuhua di Dj Bobo, tormentone estivo che avremmo preferito lasciar abbaiare nel dimenticatoio. Eppure.

Kaarija all'Eurovision
Kaarija all'Eurovision

La messa in scena faraonica stride per tutto il tempo con la magrissima sostanza dei brani in gara, al punto da assumere, spesso, i contorni di uno scherzo. La durata XXL dello show non aiuta a seguirlo con entusiasmo. La stessa Mara Maionchi verso mezzanotte sventola bandiera bianca e si limita a commentare sciorinando una serie di vocali meditabonde, da “Ah” a “Uh”. Corsi cerca di metterci una pezza con tutto l’entusiasmo possibile. Il risultato, purtroppo, è che pecca di hybris. Basti pensare al modo in cui si congeda: “La musica non ha mai fermato nessuna guerra, ma ricordiamo che nessuna guerra è stata mai combattuta in nome della musica”. Lo sforzo di inserire messaggi positivi di pace e amore all’interno di una manifestazione che è, a tutti gli effetti, una sagra di paese con budget milionario ha più volte reso l’atmosfera surreale. Per non dire “cringe”. Anche dal punto di vista della conduzione sul palco.

Tutti seri e compassati, forzatamente idealisti per copione al punto da zittire il pubblico quando in rumoroso disaccordo con la classifica finale, forse l’unica soluzione praticabile per l’Italia a tanto bon ton,  sarebbe stata quella di affidare il commento audio alla Gialappa’s Band. Giusto per dissacrare gli eccessi del politicamente corretto e dare alle bislacche performance le descrizioni che avrebbero meritato. Anche se questo, considerata la suscettibilità media dei Paesi in gara, ci avrebbe portati sull’orlo di un nuovo conflitto mondiale. Un voice over di Cristiano Malgioglio, molto rimpianto da Twitter, sarebbe stata forse la giusta misura, al netto di qualche incidente diplomatico in fin dei conti sostenibilissimo ai fini del puro intrattenimento.

Poco verrà ricordato di questo Eurovision Song Contest 2023. Per gli affezionati, in cima alla lista sicuramente si piazzano i 12 punti che San Marino, in genere ostile al nostro bel Paese, ha elargito a Mengoni. Poi il dito medio in mondovisione di La Zarra, rappresentante della Francia, davanti alla bassa qualificazione in classifica finale. Lascerà l’Arena infischiandosene della proclamazione del vincitore. “Cha Cha Cha” di Kaarija infesterà TikTok come un plotone di vuvuzela mentre sarebbe bello che venisse rivalutato il brano dei croati Let 3, Mama ŠČ!, il più politico e folle, per testo e messa in scena, della manifestazione. Tra i momenti memorabili di un’edizione di per sé loffia, purtroppo non possiamo annoverare la cover che Mahmood ha fatto di Imagine di John Lennon, scolastica e senza guizzi né personalità.

L’Eurovision 2023 si chiude come una messa cantata nel Sottosopra di Stranger Things. Lo show che dovrebbe insegnare agli altri come si fa spettacolo, quest’anno è apparso opaco, sopraffatto da una vivacità di maniera, posticcia, insincera. Sarà per la prossima volta?

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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