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Sedicenne suicida durante perquisizione per droga, l’appello del papà: “Parlate con noi”

Giò, sedici anni, si è gettato dal balcone di casa sua durante una perquisizione: i finanzieri lo avevano trovato in possesso di qualche grammo di hashish. Viveva nella provincia di Genova ed era una promessa del calcio.
A cura di Susanna Picone
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Si è tolto la vita gettandosi dal balcone di casa. La madre era lì in casa, a Lavagna (Genova), mentre la Guardia di Finanza stava perquisendo l'abitazione alla ricerca di qualche grammo di hashish. Lui stesso, sedici anni, aveva ammesso di avere un po’ di “fumo” a casa: i militari, da quanto ricostruito, lo avevano fermato all’uscita da scuola per un controllo di routine e poi erano andati a casa dove lui ha deciso di farla finita. Si chiamava Giò il ragazzo suicida di Lavagna e tutti lo descrivono come una promessa del calcio. Faceva il difensore dell’Entella calcio, campionato regionale della Liguria, e il suo allenatore Fabio Muzio lo ricorda come “semplicemente il più forte della squadra”.

Le parole del papà di Giò – Presso la camera mortuaria dell’ospedale nelle ultime ore è stato un via vai di amici del sedicenne, tanti come lui calciatori delle varie squadre liguri. Ad accoglierli il papà di Giò, un cinquantenne molto conosciuto in città come giornalista, animatore per Entella tv di una trasmissione di calcio e speaker ufficiale della squadra. Un uomo che, secondo quanto scrive il Corriere.it, ha in qualche modo voluto lanciare un appello dopo la morte di suo figlio. “Ora voglio che tu dica ai ragazzi che ogni papà, ogni mamma, tu stesso, tutti gli allenatori e il nostro parroco, sono persone che non sono lontane da loro. Persone con cui possono, devono aprirsi e confidarsi in ogni momento”, è quanto avrebbe detto all’allenatore di Giò che sostava fuori dalla camera mortuaria. E a chi gli ha detto che era stato un buon padre lui avrebbe risposto di non essere riuscito a capire il figlio.

Il commento del procuratore – La tragedia di Giò ha sconvolto l’intera città e ha fatto riflettere anche il procuratore di Genova Francesco Cozzi, che conduce l’inchiesta. “Sto riflettendo sul fatto che quando si effettua un atto di questo tipo nei confronti di persone che possono essere fragili, fermo restando che in questo caso c'erano i genitori del giovane presenti e si è svolto tutto in maniera regolare e trasparente, occorre prevedere a supporto di una persona che vive un'età fragile e fa uso di stupefacenti, quindi manifesta un disagio, un aiuto psicologico”, ha detto commentando la tragedia del sedicenne che si è ucciso durante un controllo antidroga. “La legge non lo prevede – ha spiegato Cozzi – ma credo che in certi casi la persona che riceve una perquisizione ha diritto ad avere con sé una persona di fiducia. A volte questa persona può non essere la madre o il padre, con cui magari si sta vivendo un momento di incomprensione. Ci deve essere proprio uno specialista”.

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