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Viaggio nel carcere di Regina Coeli, storie di detenuti che cercano la propria strada nell’Arte

Fanpage.it è entrata nel carcere di Regina Coeli, dove alcuni detenuti hanno realizzato dei murales in ricordo dei loro Paesi d’origine. Raccontano la loro storia e di come l’Arte li abbia salvati.
A cura di Alessia Rabbai
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C'è un detto popolare che dice che chi non sale il gradino del carcere di Regina Coeli non può considerarsi romano e neanche di Trastevere. Fanpage.it ha varcato il grande portone al civico 29 di via della Lungara, per incontrare e intervistare alcuni detenuti, che ci hanno raccontato la loro storia. Quella di Manuel e Pedro che arrivano da lontano, che parte dall'America Latina e si incrocia dentro le mura dell'ex convento dedicato a Maria nel titolo di ‘Regina del Cielo' e riconvertito all'uso attuale nel 1881, dove devono scontare una condanna per furto. Ci raccontano come l'Arte li ha salvati, facendo ritrovare loro la creatività e sentire meglio.

Uno degli aspetti più importanti degli istituti penitenziari durante la reclusione riguarda la riabilitazione, per agevolare il reinserimento in società: corsi di lingua italiana, studio e altre attività. Spesso ciò non succede, eppure ci sono esempi virtuosi, come al Regina Coeli, attualmente gestito dalla direttrice Claudia Clementi. Detenuti e studenti dello IED Roma hanno realizzato insieme all'artista e docente Laura Federici alcuni murales. Lavori che ricordano le città d'origine, rappresentate attraverso il ricordo di chi è lontano e non può vederle. In Italia ci sono 189 istituti penitenziari i quali secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati a gennaio 2023 ospitano 56127 detenuti. Quattordici sono nel Lazio, con 5.971 persone recluse tra uomini e donne.

L'Argentina vista con gli occhi di Manuel bambino

All'ingresso dell'area dedicata ai detenuti c'è la prima corte, con otto sezioni e tre piani. Al centro troneggia una statua della Madonna. Proseguendo tra corridoi, scale e porte che si aprono e si chiudono alle nostre spalle, si arriva alla seconda corte, dove i detenuti hanno realizzato tre murales. Tra vociare e carrelli dei pasti, sirene e celle che sbattono, i detenuti ci mostrano i disegni che hanno fatto, la nostalgia negli occhi e il pensiero rivolto verso casa, alle loro famiglie. Nel murales di Manuel, trentanove anni con la passione per l'Arte e la cucina, c'è l'Argentina, strade, palazzi, tradizioni, un Paese visto dalla prospettiva di un bambino. "Rappresenta la mia vita, un luogo bellissimo, dove ho trascorso la mia infanzia prima di andare via, dove c'è la mia famiglia" racconta.

Il Peru colorato di Pedro

Pedro, trentacinque anni, nato e vissuto in un quartiere povero di periferia, ha interrotto gli studi per andare a lavorare molto presto e portare i soldi a casa. Ci mostra il suo Perù, tanti colori accesi, che mettono allegria e fanno venire i mente i balli latini. In Italia dopo varie tappe in giro per il mondo, dall'Argentina ad Amsterdam, la sua speranza come quella di tanti nella sua situazione, una volta fuori è di ricominciare: "Voglio riabbracciare la mia famiglia e trovare un lavoro".

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