14 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Uccisa e nascosta nell’armadio, la sorella di Antonella Di Veroli: “Il movente è nel suo lavoro”

A più di trenta anni dal ritrovamento del corpo di Antonella Di Veroli, la sorella Carla chiede nuove indagini. E azzarda: “Serve una nuova pista, il movente è da ricercare in un bilancio non ha voluto approvare”.
A cura di Beatrice Tominic
14 CONDIVISIONI
Immagine

"Le indagini devono essere riaperte. Il movente è da tutt'altra parte: mia sorella non aveva approvato un bilancio". Queste le parole di Carla Di Veroli, sorella di Antonella, la donna uccisa e nascosta nell'armadio nel suo appartamento in zona Talenti.

Rivenuta il 12 aprile del 1994, quello della morte della donna, commercialista, resta uno dei cold case che più hanno scosso la capitale: a più di trenta anni dalla morte, continuano a mancare risposte. "Era una donna perbene ed era molto scrupolosa – spiega Carla – Si è indagato sempre alla ricerca di un movente sentimentale. Ma il movente è nel suo lavoro, in un bilancio non approvato".

Il movente: "Non approvò un bilancio"

Per l'omicidio di Antonella Di Veroli sono stati indagati in due: prima l'ex socio ed ex compagno Umberto Nardinocchi, poi Vittorio Biffani, fotografo con cui la donna aveva avuto una storia. "Conoscevamo Nardinocchi, ma abbiamo appreso la loro relazione dai giornali: lei non ci aveva mai confidato nulla e ho sempre avuto i miei dubbi – continua Carla – Sapevamo, invece, di Biffani. Ce lo ha presentato Antonella: era orgogliosa, affezionata e protettiva con lui". Quest'ultimo, accusato dell'omicidio, avrebbe avuto due possibili moventi: la fine della loro relazione e un debito con Di Veroli di oltre 40 milioni di lire. Sottoposto a processo, Biffani è stato assolto.

Per la sorella Carla l'assassino farebbe parte della vita professionale di Di Veroli: "Ne sono convinta: qualcuno le ha sottoposto un bilancio aggiustato, c'era qualcosa che non le tornava. E lei si è rifiutata di approvarlo. Ha minacciato lo scandalo. Ed è per questo che è stata uccisa – spiega a il Corriere della Sera – Forse è stato un colpo di impeto. Poi credo sia stata una seconda persona, mai stata rintracciata, a nasconderla nell'armadio". Questo spiegherebbe anche come mai il corpo della donna sia stato ritrovato nell'armadio della sua abitazione quando, il giorno prima, ad un primo sopralluogo, non c'era.

La scomparsa improvvisa e il ritrovamento: "Di lei ho visto il tallone"

"Mi scriveva ogni 10 aprile per il mio anniversario di matrimonio. Ma quell'anno no. Era un segnale, ma abbiamo pensato avesse avuto degli impegni. L'allarme è scattato dopo un paio di giorni in cui non si avevano più notizie della quarantasettenne che non si era neanche presentata al lavoro", ricorda dei giorni della scomparsa.

Per prima cosa sono scattati i controlli dell'appartamento in cui abitava, in via Oliva: luci accese e disordine. Ma di lei nessuna traccia. "C'erano tante piccole cose fuori posto come il tappeto del bagno arrotolato, i piatti sporchi in cucina. C'era anche l'armadio, ma non la trovammo. Spegnemmo la luce prima di andarcene. Chissà perché era accesa", continua a chiedersi dopo tre decenni.

Oltre ai familiari e ad un'amica c'era anche Nardinocchi. È con lui che la sorella Carla è tornata il giorno dopo, a metà pomeriggio. È stato in quel momento che hanno ritrovato l'armadio chiuso con il mastice e il cadavere al suo interno. "Aveva il viso verso il muro, era tutta rannicchiata – racconta la sorella, sul ritrovamento – Le ho visto solo il tallone. E la mia vita non è stata più la stessa".

La richiesta di riapertura delle indagini

Spinta anche dalla riapertura delle indagini di celebri casi della capitale e non solo, Carla Di Veroli ha presentato richiesta per tornare a fare chiarezza sull'omicidio della sorella tramite l'avvocato Giulio Vasaturo, con la speranza che le nuove tecnologie scientifiche possano aiutare a fare chiarezza anche sulle due tracce di dna rinvenute. Nel corso dell'autopsia sono state rinvenute due ferite di arma da fuoco, ma la causa della morte è l'asfissia.

La testa era stata chiusa in un sacchetto di plastica: "Le avvolgeva il capo. È sparito e non è mai stato ritrovato. Chiunque sappia qualcosa, esca allo scoperto – continua, lanciando un appello – Un assassino non può essere così fortunato da scamparla per tutta la vita".

14 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views