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Uccisa e nascosta nell’armadio, chieste nuove indagini per la morte di Antonella Di Veroli

Uccisa e nascosta nell’armadio con ante sigillate col silicone. Ad esattamente trenta anni dal ritrovamento la sorella di Antonella Di Veroli ha chiesto nuove indagini.
A cura di Beatrice Tominic
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Ad esattamente 30 anni dall'assassinio di Antonella Di Veroli, i legali della sorella hanno depositato in procura l'istanza di riapertura delle indagini. La donna, una quarantasettenne romana, è stata uccisa con un colpo di pistola il 10 aprile 1994. Il suo cadavere è stato rinvenuto due giorni dopo nell'armadio della casa in cui viveva nel quartiere Talenti, in via Domenico Oliva, al civico 13. A scoprire il corpo all'interno dell'armadio, le cui ante sono state sigillate con del silicone, sono stati i parenti insieme ad un'amica della donna e all'ex socio ed e compagno Umberto Nardinocchi.

La richiesta di nuove indagini

Nel corso di questi trenta anni gli inquirenti hanno seguito diverse piste. Due sono stati io principali indagati, di cui uno finito a processo. Ma non è stata mai raggiunta una fine e il caso è rimasto irrisolto. I parenti della donna non riescono a darsi pace. Fra loro la sorella Carla, che negli anni ha continuato a cercare la verità.

È stato proprio il suo avvocato, Giulio Vasaturo, a presentare l'istanza in procura per fare chiarezza sulle testimonianze dei vicini e sui reperti non analizzati, utilizzando anche le nuove tecnologie: con i nuovi strumenti si aprirebbero più speranze di raggiugnere la verità.

Chi era Antonella Di Veroli: dalla scomparsa al ritrovamento

Aveva 47 anni, non era sposata e lavorava come consulente del lavoro Antonella Di Veroli, quando i suoi parenti hanno fatto scattare l'allarme. La donna non si era presentata al lavoro e neanche i suoi familiari avevano avuto sue notizie da un paio di giorni.

Così sono scattati i controlli nell'appartamento in cui viveva, in via Oliva. Le luci erano accese e c'era un po' di disordine, ma di lei nessuna traccia. Alle 21, oltre all'amica e ai familiare della donna, è arrivato anche il socio ed ex compagno Umberto Nardinocchi, insieme ad figlio e ad un agente di polizia. Il giorno dopo lo stesso Nardinocchi è tornato con la sorella di Di Veroli a metà pomeriggio, verso le 16.30. E c'è stato il ritrovamento. Il cadavere si trovava all'interno della camera da letto della donna.

L'assassinio e le indagini

Come emerso dal lavoro degli inquirenti, Di Veroli è stata colpita alla testa con due colpita di arma da fuoco di piccolo calibro. Poi è stata soffocata con un sacchetto di plastica. Dopo aver inserito il corpo nell'armadio, le ante sono state sigillate col mastice. La sorella della vittima aveva già controllato la camera da letto e l'armadio durante la prima visita, ma si è accorta dell'odore acre soltanto nella seconda.

Secondo gli inquirenti Di Veroli avrebbe conosciuto il suo assassino, per questo le piste, almeno inizialmente, si sono concentrate su Nardinocchi e un fotografo con cui la donna ha avuto una relazione, Vittorio Biffani, successivamente accusato dell'omicidio. Biffani avrebbe avuto due moventi: non avrebbe accettato la fine della relazione e, in più, aveva un debito con lei di oltre 40 milioni di lire.

Il processo sull'omicidio di Antonella Di Veroli e le nuove piste

Sottoposto a processo, è stato assolto in primo grado. La difesa ha confutato tutti gli elementi di accusa e anche la parte civile si sarebbe convinta della sua innocenza. La sentenza è stata confermata in tutti i gradi di giudizio, Cassazione compresa. E Biffani è morto nel 2003.

Poi più nulla. Ad oggi, trenta anni esatti dall'omicidio della donna, resta sconosciuta l'identità del killer. Così è stata richiesta la riapertura delle indagini. Potrebbero essere state trascurate le attività legate al lavoro di Di Veroli. Eppure, come riportato da Chi l'ha Visto?, secondo l'avvocato della famiglia della vittima, il nome del killer potrebbe anche essere contenuto negli atti dell'inchiesta.

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