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Teatro di Roma, la consigliera Natalia Di Iorio: “Qui il bene del teatro è l’ultimo dei pensieri”

Manager e organizzatrice di rassegne e festival, Natalia Di Iorio è stata nominata da pochi mesi nel cda di Teatro di Roma. Con lei abbiamo ricostruito la contestata modalità dell’elezione di Luca De Fusco a direttore. “È vero che la destra ho occupato con un blitz il teatro, ora spero che non si ceda alla logica della spartizione per fare contenti tutti a spese dei contribuenti”.
A cura di Valerio Renzi
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"Partiamo da un presupposto: il teatro, la condizione di chi lavora senza un direttore da tre anni, è l'ultimo dei pensieri di molti in questo scontro… L'esperienza mi insegna che è necessario avere un manager al timone in questa fase. Per me il punto non è De Fusco sì, De Fusco no, non è lui in quanto tale. Certo non nascondo che sono stupita che abbia accettato la nomina da parte di un consiglio dimezzato e senza l'approvazione della città che lo ospita".

Natalia Di Iorio è solo da qualche mese nel cda di Teatro di Roma, e si è trovata in mezzo a questo gran casino della nomina del nuovo direttore Luca De Fusco, diventato tema di scontro politico a livello nazionale. È una macchina che conosce bene quella dei teatri romani, anche perché ha contribuito a cambiarne la fisionomia da assistente di Mario Martone. Organizzatrice, manager e inventrice di rassegne e festival, parla con Fanpage.it di quello che è accaduto.

Proviamo a ricostruire cosa è accaduto negli scorsi giorni, come si è arrivati alla nomina di Luca De Fusco e con quali problemi?

Il merito è anche nel merito in questo caso. Con qualche giorno di anticipo mi viene comunicato che il lunedì successivo, giusto una settimana fa, si sarebbe riunito il consiglio d'amministrazione, che si era pronti e si potevano incontrare tre candidati scelti dalla commissione incaricata. Tra loro neppure una donna (eppure si sarebbero potuti estrarre fino a cinque nomi e nella lista c’era più di una candidatura valida sia sotto il profilo artistico che manageriale). La riunione è fissata alle 19.30. Chiedo il perché di questo inconsueto orario e mi viene risposto che dei consiglieri sono molto impegnati e quella era l'unica possibilità.

Perché tutta questa fretta l'ha capito?

All'apertura del Consiglio di lunedì scopro che i rappresentanti della Regione Lazio e del Ministero avevano inviato al presidente Siciliano una comunicazione – della quale io non ero a conoscenza – anche velatamente offensiva: all'ordine del giorno sarebbe mancata la voce "nomina del direttore”. Pretendevano che dopo aver audito i tre professionisti convocati, (l’ultimo alle 22.00), bisognasse contestualmente votare: una follia dato l'orario di convocazione e il rispetto dovuto ai tre professionisti esaminati. Si era infatti arrivati a mezzanotte passata e con l'approvazione di tutti, la riunione a quel punto è stata sospesa da Siciliano e riconvocata al successivo sabato.

In mezzo cosa succede?

Dalla fretta improvvisa e del tutto ingiustificata ho capito che qualcosa si era rotto: un accordo che sembrava a portata di mano invece stava diventando impossibile. Devo dire la verità: a me nessuno ha imposto di votare quello o quel candidato e di questo ringrazio il comune di Roma, ma la mia esperienza lavorativa suggeriva come già ho detto un profilo manageriale. Venerdì all'arrivo della comunicazione del presidente che annunciava la posposizione della riunione – certo non  la cancellazione –  non immaginavo quello che sarebbe accaduto poco dopo.

E poi come si arriva a quella che secondo il sindaco Gualtieri è una forzatura?

La regolarità di quanto accaduto lo valuterà l'avvocatura capitolina non è mia materia, ma l'atto di forza, il gesto di prepotenza, lo schiaffo alla città di Roma è un dato di fatto. Alle 22.40 di venerdì ricevo dal vicepresidente, una mail nella quale scrive che "il presidente non ha il potere di differire una seduta" e convoca lo stesso il Consiglio (incassando immediatamente l’adesione degli altri due) per il giorno successivo, presieduto da lui stesso. Perché questa fretta? I consiglieri espressi da istituzioni governate dal centrodestra erano comunque in maggioranza. Tre da una parte e due dall’altra, la matematica non è un'opinione, avrebbero comunque portato a casa il risultato. Perché questa prepotenza apparentemente fine a se stessa? Mi sembra triste che un artista come De Fusco non si senta a disagio e con l'accettazione del ruolo voglia far passare per normale una tale procedura, una trama ordita "con il favore delle tenebre" (per citare la premier).

Quella del Teatro di Roma non è una direzione qualsiasi. Sono anni che il nome del regista circola e viene avanzato con forza. Nel 2021 lo sciopero del sindacato autonomo Liberisind fa chiudere il Teatro India per diverse settimane. Una serrata nel corso della quale le maestranze coinvolte indicano proprio in Luca De Fusco il nome loro gradito per la nuova direzione…

Io credo che quella vicenda non sia mai stata approfondita abbastanza. Certo è che c'è una strategia, che vede convergere interessi corporativi dentro il teatro e del mondo politico.

Cosa servirebbe al Teatro di Roma?

Dopo tre anni di vacanza da un direttore il personale e la comunità Teatro di Roma è molto provata. Ha bisogno di qualcuno che faccia il mestiere di direttore, 24 ore su 24, e non che faccia anche il regista. De Fusco dice – giustamente dal suo punto di vista – che lui sul palcoscenico ci vuole andare. C'è bisogno di qualcuno che faccia ritrovare fiducia a chi lavora al Teatro di Roma, e questa vicenda di certo non aiuta. La priorità credo che sia quella di mettere mano alla pianta organica, mettere a posto precarietà e criticità – a partire dal botteghino attualmente esternalizzato, passando per il palcoscenico fino ad arrivare agli uffici; piano di lavoro tanto più indispensabile in previsione dell'apertura del Teatro Valle.

Sono molto insistenti le voci secondo la quale il Teatro India potrebbe essere affidato a una persona gradita alla "sinistra", così da fare tutti contenti.

Nelle interviste De Fusco dichiara e cerca di tranquillizzare (non capisco chi?): metterà pace, ma guardate che qua mica siamo in guerra. Che vuole dire mettere pace? Distribuire favori? Non è di quello che abbiamo bisogno. Io voglio difendere solo i diritti della città, della democrazia, del teatro e di chi lavora ogni giorno lì dentro. De Fusco sente il bisogno di precisare che avrà dei consulenti, ma questo, oltre a far presagire nuove spartizioni politiche che inevitabilmente indeboliranno la Fondazione, impoveriranno il palcoscenico; a farne le spese saranno ancora una volta gli artisti ovvero coloro che andando in scena tutte le sere rendono di fatto possibile e giustificano l'esistenza in vita dell'intera struttura.

Anche il compenso del nuovo direttore sarebbe troppo oneroso secondo molti…

Leggo sui giornali – da cittadina romana- di un contratto da oltre 150.000 euro l'anno, che il consiglio dimezzato gli avrebbe accordato. Non ho ancora ricevuto il verbale e dunque pet me sono solo voci. Sarebbe quantomeno bizzarro accordargli un compenso alto più del doppio di quello suo ultimo a Catania. E poi ci sono i cachet delle regie, almeno due all’anno come ha dichiarato. E poi c'è la già annunciata presenza dei consulenti. La Regione Lazio che da dieci anni mantiene lo stesso contributo (ridottissimo rispetto al comune di Roma che concede in uso anche i teatri dei quali è proprietario) ha pubblicamente dichiarato di avere a disposizione 24 milioni di euro e avrebbe voluto impiegarli nell’acquisto dell’Eliseo (facendo di fatto concorrenza a se stesso visto che è socio fondatore della Fondazione Teatro di Roma e i due teatri distano solo poche centinaia di metri l’uno dall’altro, ma questa è un’altra storia); lo scellerato progetto è stato per fortuna fatto naufragare “a furor di popolo”; fu detto: “i 24 milioni saranno ridistribuiti tra diverse realtà nel Lazio”; chi li ha visti? dove sono finiti? Alla chiusura del bilancio al 31 dicembre nessuna comunicazione è arrivata al Teatro di Roma. Quale segnale aspetta la Regione Lazio per ‘adeguare’ alle esigenze della nuova Fondazione il suo contributo? Forse il nome del nuovo direttore? Una logica che fa male al teatro e alle istituzioni. E anche a noi cittadini. Ricordo a tutti che si tratta di teatro pubblico pagato con i denari dei contribuenti.

Va bene che De Fusco non è un manager, ma vogliamo invece parlare di teatro un momento: neanche il suo progetto culturale la convince?

De Fusco è un grande regista e porterà le sua idea di teatro; è però un'idea legata alla tradizione e in quanto tale un po’ superata e soprattutto né nuova né competitiva. La tradizione va preservata e valorizzata, ci mancherebbe, ma anche la creatività dei giovani artisti ai quali  – come teatro pubblico – vanno garantiti mezzi adeguati e non un “parcheggio-recinto” al Teatro India; serve una visione che guardi avanti, un'offerta complessiva che sappia far dialogare le sale. Il rischio è che il Teatro di Roma finisca per avere un ruolo marginale nel panorama italiano e internazionale. Rischia di restare indietro e questa sarebbe davvero un’occasione sprecata e nessuno ci fa davvero quel che di dice “una bella figura”.

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