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Spaccio al Tufello: padre e figlio consegnavano cocaina a domicilio, anche in ospedale

Come funzionava il giro di spaccio gestito da padre e figlio al Tufello: gli stupefacenti, chiamati in codice “pizza” o “sigarette del Vaticano” arrivati anche in un ospedale romano.
A cura di Beatrice Tominic
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La cocaina del Tufello arrivava anche in ospedale: lo hanno scoperto gli agenti della polizia del commissariato di Fidene indagando sul giro di spaccio a conduzione familiare coordinato da un uomo di 62 anni e suo figlio, di 24. La droga arrivava anche all'interno dell'ospedale San Giovanni dove veniva acquistata da un operatore in turno anche in sala operatoria, come testimoniano alcuni accertamenti risalenti a quattro anni fa quando è stato registrato uno scambio fra soldi e cocaina.

L'episodio, come scrive il Corriere della Sera oggi, è stato riportato anche all'interno dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip che ha accolto le richieste dei pm di piazzale Clodio nei confronti di 11 persone. A loro, se ne aggiungono altre tre, una delle quali ai domiciliari e altre due con obbligo di firma.

La consegna in ospedale

A consegnare lo stupefacente al San Giovanni, come ricostruito, è stato un uomo di 56 anni che si è presentato insieme ad un amico, soprannominato "cugino". Come scoperto grazie alle intercettazioni della polizia, nel corso della consegna l'operatore sanitario si è anche lamentato di aver trovato la bustina contenente 70 euro di cocaina aperta. Il 56enne ha invitato l'operatore sanitario a controllare lo stato del sacchetto e, in breve tempo, la vicenda si è chiusa.

Il gruppo agiva con un sistema di consegna variegato: oltre a stabilire un luogo per lo scambio, si servivano di personaggi esterni e di un sistema tipo "pony express" per consegne a domicilio. Per difendersi nel corso delle operazioni, uno dei sodali aveva anche acquistato una pistola mentre, per nascondere i sospetti, fra di loro parlavano degli stupefacenti rinominandoli: li chiamavano in codice "pizza" oppure "sigarette del Vaticano".

L'indagine: consegne a domicilio

L'indagine che ha permesso di scoprire il giro di droga condotta da padre e figlio è iniziata nel 2018 ed è andata avanti anche durante i primi mesi della pandemia. Durante questo periodo gli investigatori del commissariato di Fidene-Serpentara, con il supporto dei colleghi della Squadra Mobile, dell'Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura, del Reparto prevenzione crimine Lazio e del distretto Casilino, hanno scoperto l'organizzazione del giro di spaccio che, partendo dal Tufello, consegnava cocaina e hashish in tutta la capitale, fino ai territori dei Castelli.

Ai vertici del gruppo, che effettuava consegne anche a domicilio, c'erano un 62enne ex calciatore della Roma under 19 e poi del Monterotondo e il figlio di 24 anni. I due, oltre a gestire la vendita delle sostanze stupefacenti, si erano serviti di persone apparentemente "insospettabili" per la cosiddetta "retta", cioè la custodia dello stupefacente.

Il giro di oltre il Tufello

Il gruppo gestito da padre e figlio agiva anche fuori dal quartiere Tufello: sono state ricostruite anche 85 consegne di droga in centro, a Roma nord, all'Eur, alla Rustica, a Magliana, a Borghesiana, ma anche a Torino e a Rieti. Saltato, invece, un affare in Sudamerica. Nonostante questo e le indagini concluse, il gruppo ha continuato a "vivere di delitti ai danni di quanti sono sfortunatamente avvinti dal vizio della droga", come ha scritto il gip, anche fra il 2021 e oggi.

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