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Roma invasa dai pappagalli, l’esperta: “Non sono solo belli, riproduzione è fuori controllo”

Fanpage.it ha intervistato Francesca Manzia, del Centro di recupero fauna selvatica Lipu di Roma, che ha raccontato la storia dei parrocchetti, i pappagalli verdi che hanno invaso la città. “Sono due specie aliene importate dall’estero particolarmente resistenti, limitarne la diffusione è impossibile”.
A cura di Alessia Rabbai
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Pappagalli verdi sugli alberi e nei cieli di Roma. Questi uccelli esotici, facenti parte di specie aliene, ossia non appartenenti al nostro habitat, hanno ormai ‘invaso' la Capitale. Sul loro inserimento e diffusione ci ha parlato Francesca Manzia, del Centro di recupero fauna selvatica Lipu di Roma. "Otre alla fauna selvatica autoctona, da molti anni ci arrivano anche i parrocchetti, che sono stati importati dalle loro zone d'origine e poi rilasciati in natura, a volte per imperizia, altre perché non è facile a lungo termine detenere animali di questo tipo, con il rischio di ricevere sanzioni. Oggi ce ne sono tantissimi, soprattutto all'interno del Comune di Roma all'interno delle aree verdi, parchi e ville della città".

Parrocchetto monaco e dal collare

Le specie che si sono adattate a vivere in città sono due, spiega l'esperta, "il parrocchetto monaco, originario del Sud America e il parrocchetto dal collare, originario dell'Asia e dell'Africa. Sono specie fortemente adattabili, quindi è per questo che poi, una volta che vengono rilasciati in un ambiente anche se non è il loro, riescono a capire come mangiare, a come difendersi dai predatori e si riproducono, con il risultato che lo coalizzano molto facilmente".

"Impossibile limitarne la diffusione"

"Per ora hanno capito come stare qua e hanno preso tutta la città, inoltre la specie sta capendo come può espandersi nelle campagne. Il parrocchetto dal collare è un frugivoro, si nutre principalmente di frutta, temiamo un po' per le nostre coltivazioni. Due specie nuove che si insediano in un territorio occupano lo spazio di quelle che c'erano prima al loro posto". Per quanto riguarda i danni alle specie autoctone provocate dai parrocchetti non è facile prevederle ora: "Presupponiamo ricadano su quegli animali che mangiano le stesse cose di cui si nutrono loro o che si riproducono nei medesimi posti". L'unica cosa che possiamo fare è "cercare di limitarne la diffusione, ma anche questo è praticamente impossibile".

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Servizio di Filippo Poltronieri

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