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Primario arrestato e sanità nel Lazio, Cgil: “Pochi controlli per carenza di personale, così cresce il privato”

Dietro l’arresto del primario Roberto Palumbo, ci sono problemi strutturali. Fp Cgil: “Carenza di personale anche nei controlli sulle convenzioni con privati”.
A cura di Francesco Esposito
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"In una regione dove la metà della spesa per le prestazioni sanitarie è privata, un controllo della committenza dovrebbe essere una priorità. Ma è difficile vista la carenza di personale", racconta a Fanpage.it Massimiliano De Luca, segretario per la sanità pubblica della Fp Cgil Roma e Lazio. Analisi che serve a leggere il contesto in cui si inserisce la vicenda di Roberto Palumbo, primario di Nefrologia dell’ospedale Sant’Eugenio arrestato per corruzione lo scorso 4 dicembre nell’ambito di un’inchiesta su presunti favori e smistamento di pazienti verso cliniche private.

Il cosiddetto "sistema Palumbo" prevederebbe l'invio di malati, bisognosi di cicli di dialisi, verso strutture ‘amiche' in cambio di tangenti per centinaia di migliaia di euro. Un caso specifico di illegalità ai danni del pubblico che, però, secondo De Luca, si inserisce in una cornice strutturale più ampia: "Noi abbiamo un grave problema nella Regione Lazio, ma anche nel sistema sanitario nazionale, un grave problema di personale".

Meno personale, meno controlli sulle committenze

La crisi di addetti ai lavori nascerebbe dai dodici anni di commissariamento della sanità pubblica regionale terminati nel 2020. "In quel periodo avevamo la possibilità di fare un turnover al 10% – spiega il sindacalista -, quindi ogni 100 persone che andavano in quiescenza o comunque uscivano dal servizio sanitario regionale potevamo assumerne solo 10. Così il personale si  è progressivamente ridotto".

Una carenza da qui il Lazio sta provando con fatica a tirarsi fuori. "Da quanto ci ha riferito la Regione, anche in un incontro che abbiamo avuto non più di un mese fa, l’obiettivo dichiarato è arrivare a circa 61mila dipendenti del servizio sanitario regionale. Oggi ne abbiamo circa 51mila, quindi ne mancherebbero all’appello circa 10mila", aggiunge Massimiliano De Luca. Il risultato è un sistema che fatica a reggere l’erogazione diretta delle cure. "Anche senza personale pubblico, la gente ha bisogno dello stesso numero di cure. Di conseguenza aumenta la produzione di prestazioni da parte dei soggetti privati", spiega.

È in questo contesto che diventa cruciale il tema dei controlli sulle convenzioni con il sistema sanitario nazionale, ma la mancanze di personale pesa anche qui. "Le Asl, che sono deputate a fare i controlli, devono essere rafforzate anche in termini di verifica della committenza privata – dice De Luca -. Questo riguarda sia le strutture che si occupano di accreditamento (le OTA, ndr), sia i distretti che controllano l’assistenza territoriale: i centri di riabilitazione, gli ospedali, le RSA, ma anche il SISP, il servizio di igiene pubblica. Quest’ultimo, per una carenza cronica di personale, solo raramente riesce a dedicare tempo all’attività di vigilanza sulle strutture accreditate".

Sui centri dialisi il problema è la "localizzazione geografica"

Attraverso i rapporti con una rete di centri dialisi privati ma convenzionati con il sistema sanitario nazionale, Roberto Palumbo avrebbe messo da parte una piccola fortuna, inviando i pazienti dove era più conveniente per il suo cerchio più stretto e non dove era più comodo per il malato.

Anche sui posti per l'emodialisi, aggiunge De Luca, ci sono problematiche strutturali, che il primario del Sant'Eugenio potrebbe aver sfruttato a proprio vantaggio: "La Regione dichiara che il numero di posti è coerente con quello dei malati cronici. In realtà, a nostro avviso, esiste un tema importante legato alla localizzazione geografica. I centri di dialisi non sono sempre vicini o contigui alle abitazioni di questi pazienti fragili. Esiste una forte disomogeneità territoriale che incide negativamente sulla qualità della loro vita e che, tra l’altro, aumenta anche i costi dei rimborsi per il trasporto".

Una sanità pubblica sempre meno attrattiva

Il quadro delineato dal sindacalista della Fp Cgil va oltre il singolo caso giudiziario. La sanità pubblica, avverte, rischia di svuotarsi progressivamente: "La professione sanitaria è diventata sempre meno attrattiva". I segnali arrivano già dalla formazione: "Quest'anno le domande per infermieristica non hanno neanche raggiunto i posti messi a bando dalle università".

Le ragioni sono due, secondo il sindacato: condizioni di lavoro sempre più gravose e salari bassi. "Con questo impoverimento i dipendenti lavorano spesso su doppi turni – commenta De Luca – e il salario del professionista della sanità pubblica è uno dei più bassi tra i Paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ndr)".

Il risultato è un doppio effetto: "Stiamo assistendo a esodi verso altri Paesi e verso il privato", soluzione da cui era attratto, come si legge dalle intercettazioni della procura, anche lo stesso Palumbo, "e, con sempre meno lavoratori nella sanità pubblica, sempre più pazienti sono costretti a curarsi nel privato".

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