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Morte del carabiniere Mario Cerciello Rega a Roma

Omicidio Cerciello, presidente Magistratura democratica: “Ergastolo non rieduca, è incostituzionale”

Fanpage.it ha intervistato Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura democratica, in merito alla recente sentenza della Corte d’Assise che ha condannato all’ergastolo i due imputati nel processo per l’omicidio dei vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. “Dobbiamo aspettare di leggere le motivazioni, ma simbolicamente c’è un disinvestimento sulla funzione rieducativa della pena”.
A cura di Natascia Grbic
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"L'unica certezza della pena accettabile per Costituzione è che questa, una volta finita, abbia rieducato la persona, che torna quindi a vivere in società senza commettere reati. Dobbiamo certamente attendere le motivazioni della sentenza e capire perché sia stato erogato l'ergastolo, ma se trent'anni non sono una pena sufficiente per due ventenni, anche a fronte di un delitto di inaudita gravità, mi chiedo davvero cosa sia necessario fare". A parlare ai microfoni di Fanpage.it è Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura democratica. Il commento è relativo alla sentenza emanata dalla Corte d'Assise nei confronti di Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, i due turisti americani condannati all'ergastolo per l'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Si tratta del massimo della pena prevista dall'ordinamento giuridico italiano – la cui costituzionalità è da tempo dibattuta – e che raramente si vede emanata nei confronti di soggetti così giovani. "Credo che a livello simbolico questa sentenza segni un disinvestimento dal principio di rieducazione – continua De Vito – perché se pensiamo che queste persone che ora hanno vent'anni non possano cambiare dopo trent'anni di carcere, vuol dire che abbiamo smesso di investire sulla principale funzione della pena, che è quella di risocializzare la persona".

Omicidio Cerciello: "Rieducazione per imputati dovrebbe essere maggiore"

Sin dall'inizio del processo l'ergastolo per i due americani è stato chiesto a gran voce da moltissime persone. Il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega aveva solo 35 anni quando è stato ucciso, era in servizio e disarmato. Il ragazzo che ha materialmente sferrato le coltellate, Finnegan Lee Elder, era uscito dall'albergo con una lama lunga 16 centimetri, e lo ha colpito undici volte, scappando e lasciandolo esanime in terra. Con l'amico Gabriel Natale Hjorth (condannato anche lui all'ergastolo) era uscito per cercare la cocaina. Non solo: aveva anche ricattato un uomo per avere la droga, dandogli appuntamento per la restituzione dello zaino. Un omicidio odioso che ha sconvolto l'opinione pubblica, con l'ergastolo visto come la giusta pena da dare ai due ragazzi. Loro si sono sempre difesi dicendo che non sapevano che Cerciello e Varriale fossero carabinieri, e di aver pensato di essere stati attaccati da due pusher. Il legale di Elder ha invocato la legittima difesa, parlando nel processo anche dei disturbi mentali del suo assistito, che poco tempo prima aveva tentato il suicidio. Gli avvocati di Hjorth hanno invece sempre puntato sull'innocenza del ragazzo, che si trovava con l'amico ma non ha colpito il carabiniere, ingaggiando invece una colluttazione col suo collega. "So già che molti ora diranno che le mie sono parole da magistrato buonista – specifica De Vito – ma se siamo rassegnati a commenti di questo tipo vuol dire che non siamo in grado di capire che una pena di trent'anni è lunga, enorme e impegnativa per un essere umano, soprattutto in un periodo al limite della vigenza del processo minorile. Dobbiamo ricordare che stiamo parlando di personalità non ancora strutturate, dove la rieducazione dovrebbe essere maggiore".

Il dibattito sulla costituzionalità dell'ergastolo

Come anticipato, in giurisprudenza vige da tempo un dibattito sulla legittimità o meno dell'ergastolo. "La stessa Corte Costituzionale ha detto più volte che non è una pena conforme alla funziona rieducativa della pena, ma lo diventa nel momento in cui c'è la possibilità di applicare la libertà condizionale dopo 26 anni. Se però andiamo a vedere i numeri delle liberazioni, sono scarsissimi. Non c'è bisogno di essere ergastolani ostativi, anche per i cosiddetti ‘delitti comuni' è difficile da ottenere. Lo scorso anno il Garante nazionale dei detenuti ha evidenziato solo quattro liberazioni in tutta Italia. Questo, e il fatto che si sia erogata una pena su cui c'è grande dibattito, fa attendere con ancora più ansia l'uscita delle motivazioni della sentenza".

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