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Omicidio Cerciello, Elder maltrattato e bullizzato da bambino: a 12 anni l’inizio con le droghe

Finnegan Lee Elder, il ventenne americano che ha ucciso il 26 luglio il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, avrebbe un passato di maltrattamenti e abusi ‘che andrebbero indagati’. Il ragazzo avrebbe iniziato a fare uso di droghe sin dall’età di 12 anni, cosa che lo avrebbe spinto ancora di più verso uno stato depressivo. Nonostante il disturbo borderline di personalità, Elder è lucido ed è stato giudicato capace d’intendere e di volere al momento del delitto.
A cura di Natascia Grbic
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Abusi, maltrattamenti e traumi che andrebbero indagati. Così scrive lo psicologo su Finnegan Lee Elder, nella perizia psichiatrica richiesta dai periti Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi su richiesta del magistrato. Secondo quanto riportato dal professore, che ha esaminato il ventenne nel carcere di Rebibbia, è probabile che Elder "abbia una storia di rapporti interpersonali conflittuali, e scarsamente soddisfacenti; ed è conseguentemente credibile che sia visto dagli altri come socialmente inadeguato". La scarsa autostima e il suo atteggiamento farebbero pensare a una storia pregressa di maltrattamenti, che lo hanno poi portato a fare uso di droghe sin da giovanissimo. Marijuana e cocaina soprattutto, che però avrebbero acuito lo stato depressivo e il disturbo borderline della personalità di cui è affetto. Le cose sarebbero poi peggiorate due anni fa, quando ha perso il dito mentre lavorava con il padre. Secondo quanto dichiarato da Elder, è a quel punto che avrebbe smesso di praticare qualsiasi sport e le relazioni con gli amici sarebbero peggiorate.

Finnegan Lee Elder era in cura presso un Centro Medico a San Diego. Tra i 18 e i 19 anni il ragazzo è stato ricoverato 50 volte per iperemesi da THC: a volte assumeva così tanta marijuana da iniziare a vomitare senza riuscire a smettere. Più di una volta Elder ha dichiarato che era solo il THC ad aiutarlo con i suoi intenti suicidi: senza la marijuana, il desiderio di togliersi la vita era troppo forte. Nonostante non fossero mai riportati sintomi di psicosi, è risultato positivo all'anamnesi di depressione e all'abuso di sostanze. Sempre al Centro Medico di San Diego, Elder ha spiegato di essere stato ustionato con le sigarette diverse volte quando era bambino, e che a giugno 2018 si sarebbe buttato dal Golden Gate, trascorrendo quattro giorni in ospedale. Poco dopo, sarebbe andato in overdose da pillole. Avrebbe sempre avuto una pistola, con la quale dormiva tutti i giorni pensando di spararsi.

Umore leggermente tendente al depresso, nervosismo tradito dal tamburellare continuo della gamba sotto il tavolo, ma sguardo vigile e attento. Così si è presentato Finnegan Lee Elder al colloquio con gli specialisti per la perizia psichiatrica disposta dal magistrato. "Presenta familiarità per disturbi psichiatrici: il nonno paterno si è suicidato, come anche uno zio paterno e il padre avrebbero sofferto di depressione", si legge nel documento. A quanto sembra, la vita familiare non era esattamente tranquilla, con liti, urla frequenti e punizioni eccessive. "In questo clima familiare – si legge nel rapporto – Il signore ha mantenuto un livello di funzionamento adattativo sufficiente fino alla pubertà, quando ha iniziato ad assumere stupefacenti". Elder avrebbe subito anche atti di bullismo dai suoi coetanei, cosa che lo avrebbe spinto ancora di più verso la droga.

Secondo quanto stabilito dalla perizia psichiatrica, Finnegan Lee Elder è perfettamente in grado di affrontare il processo. Il ventenne "presenta un disturbo di personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata, una storia di abuso di sostanze (in particolare Thc) e un possibile disturbo post-traumatico da stress", ma la sera dell'omicidio era in grado di intendere e di volere. Anche perché sembra non fosse sotto effetto di stupefacenti. "Non è possibile dimostrare che la condizione mentale accertata nell'Elder abbia compromesso la libera capacità decisionale del soggetto al momento del compimento dell'azione delittuosa: riteniamo perciò che il signore sia da valutarsi come imputabile all'epoca dei fatti". Secondo gli esperti, "non si rileva la presenza di un nesso di causalità accertabile con il dovuto rigorismo medico legale tra la condizione clinica identificata e la condotta antigiuridica per la quale è processato".

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