Muore per un errore medico dopo trasfusioni di sangue infetto: il figlio risarcito di 350mila euro

È stato un errore medico a provocare la morte di una donna di settantadue anni, che ha ricevuto una trasfusione con sangue infetto. Il figlio della paziente è stato risarcito di 350mila euro. Un regalo della Vigilia di Natale, che arriva a distanza di ben cinquantadue anni. La donna era originaria di Arce ed è morta nel 2004, avendo contratto il virus dell'epatite C dopo trasfusioni con sangue infetto all'ospedale di Ceprano. A seguire la causa l'avvocato Renato Mattatelli.
I fatti risalgono al 1937, quando la donna ha ricevuto trasfusioni di sangue infetto all'ospedale di Ceprano. Nel 2004 la paziente è deceduta per una cirrosi e un tumore epatico. Dopo la denuncia dei famigliari e le indagini che ne sono conseguite ci sono voluti sette anni di causa, iniziata nel 2018 e terminata con un nulla di fatto. Per il Tribunale di Roma la richiesta di risarcimento era ormai prescritta, essendo passati quattordici anni dal decesso.
L’avvocato Mattarelli ha impugnato la sentenza d’appello davanti alla Corte di Cassazione, che nel 2023 ha accolto il ricorso rinviando la decisione alla Corte d'Appello di Roma. Fatta la perizia medico-legale, il consulente della Corte d’Appello ha riconosciuto che la donna di Arce è stata contagiata dal virus dell'epatite C attraverso le trasfusioni del 1973. La perizia ha anche accertato che è normale che il virus dell’epatite possa danneggiare gravemente il fegato in modo silente e senza che la vittima se ne accorga per decenni.
Era dunque normale che alla donna sia stata diagnosticata l'epatite C solo dopo trent’anni dalle trasfusioni, quando si trovava in uno stato avanzato di cirrosi e di tumore al fegato. Il Ministero della Salute ha sottoscritto con l’avvocato Mattarelli, un risarcimento di più di 350mila euro. Soldi che sono arrivati al figlio della paziente deceduta oggi, alla Vigilia di Natale, mettendo definitivamente fine a una vicenda iniziata ben cinquantadue anni fa.