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Covid 19

La storia di Claudia, la prima italiana ad essere guarita dal Covid con gli anticorpi monoclonali

“Non capivano come mai avessi la febbre, poi con una broncoscopia si è capito che nella parte bassa del polmone erano rimaste tracce di Covid. Il mio corpo cercava di difendersi, ma non ci riusciva perché ho un problema di difese immunitarie a causa delle terapie per la sclerosi multipla. Il 24 dicembre io ho fatto l’infusione degli anticorpi monoclonali e il 31 dicembre sono uscita dall’ospedale perché ero guarita”, ha raccontato Claudia, 54 anni, affetta da Covid-19 e sclerosi multipla.
A cura di Enrico Tata
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Claudia Disi, insegnante romana di 54 anni, è la prima italiana ad essere stata curata con gli anticorpi monoclonali. Prima del via libera dell'Aifa a questi nuovi farmaci per combattere il Covid, l'Istituto Spallanzani aveva già utilizzato gli anticorpi per le terapie in pazienti gravemente immunodepressi. Come Claudia, affetta da sclerosi multipla e quindi, a causa dei farmaci che assume, immunodepressa. Affetta da Covid-19, è stata ricoverata allo Spallanzani su decisione del suo medico di famiglia, poiché aveva febbre alta da quasi due mesi. Inizialmente i medici dell'istituto romano l'hanno curata come tutti gli altri pazienti e per una settimana ha ricevuto anche l'ossigeno. Poi il suo tampone è risultato negativo, ma la febbre continuava ad essere alta: "Non capivano come mai avessi la febbre, poi con una broncoscopia si è capito che nella parte bassa del polmone erano rimaste tracce di Covid. Il mio corpo cercava di difendersi, ma non ci riusciva perché ho un problema di difese immunitarie a causa delle terapie per la sclerosi multipla. Hanno provato a vedere se riuscivano a ottenere gli anticorpi monoclonali e ci sono riusciti. Il 24 dicembre io ho fatto l'infusione che è un'infusione molto veloce, dura 90 minuti e sono due farmaci uniti in un'unica flebo. Sono stata monitorata per una settimana e il 31 dicembre sono uscito perché ero guarita. Questa terapia mi ha guarita", ha raccontato la 54enne ai microfoni di Fanpage.it.

L'uso degli anticorpi monoclonali in Italia

Lo Spallanzani aveva annunciato qualche giorno fa che due pazienti Covid, un uomo e una donna, cioè Claudia, erano stati curati e guariti con l'utilizzo compassionevole degli anticorpi monoclonali. Aveva spiegato il direttore del reparto di Malattie infettive ad alta intensità di cura dello Spallanzani, Emanuele Nicastri: il loro uso "riguarda casi selezionati: si tratta di utilizzo compassionevole per singoli malati, con gravi immunodepressioni. Persone che hanno dei deficit di produzione di immunoglobuline". L'immunodepressione può essere causata dall'uso di farmaci chemioterapici oppure farmaci contro malattie autoimmuni o neurologiche. Per tutti questi pazienti, aveva spiegato ancora il medico, la produzione di anticorpi in generale e nello specifico contro il virus Sars-CoV-2 è molto difficile: "Per questo abbiamo persone che rimangono positive, con polmonite e anche con quadri impegnativi, a lungo. In questi casi, sulla base di pochissimi dati di letteratura, abbiamo utilizzato gli anticorpi monoclonali. Non stiamo parlando quindi di trial clinici registrativi per il loro uso". I pazienti non riescono a produrre anticorpi autonomamente e quindi hanno bisogno degli anticorpi monoclonali. Essi sono ricavati dal plasma dei pazienti guariti dall'infezione da Sars-CoV-2. Vengono estratti gli anticorpi e vengono clonati. Qualche giorno fa l'Aifa ha dato il via libera a questa nuova terapia contro il Covid limitatamente alla fase precoce di contagio e in pazienti ad alto rischio di evoluzione seria della malattia. Un utilizzo, quindi, differente da quanto sperimentato all'Istituto Spallanzani.

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