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Il Teatro di Nerone riemerge dal Palazzo della Rovere: “Qui l’imperatore cantava e recitava poesie”

È tornato alla luce dopo ricerche archeologiche effettuate nella corte del Palazzo della Rovere: “Si tratta di una testimonianza di grande interesse”, ha dichiarato Daniela Porro Soprintendente Speciale di Roma.
A cura di Beatrice Tominic
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Lo avevamo conosciuto attraverso gli scritti di Plinio, Svetonio e Tacito: finalmente è tornato alla luce il Teatro di Nerone. Il teatro si trova nell'area su cui oggi sorge il Palazzo della Rovere, in via della Conciliazione, nel pieno centro città: è qui che, nella zona interna che ospita la corte, è avvenuto lo straordinario ritrovamento, databile tra la prima età imperiale e l’età moderna.

"Si tratta di una scoperta di eccezionale importanza che testimonierebbe uno straordinario edificio di età Giulio Claudia, il teatro dove Nerone provava le sue esibizioni poetiche e canore, noto dalle fonti antiche ma mai ritrovato – ha spiegato Daniela Porro Soprintendente Speciale di Roma – Di grande interesse anche i rinvenimenti medioevali e moderni (con oggettistica e stratificazione stradale, ndr), che arricchiscono le conoscenze storiche e topografiche sulla evoluzione di una importante area della città. Ottimi risultati scientifici conseguiti grazie alla proficua collaborazione con l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme".

La zona in cui sono stati rinvenuti i resti del Teatro di Nerone.
La zona in cui sono stati rinvenuti i resti del Teatro di Nerone.

Lo scavo e il ritrovamento

Lo scavo è iniziato tre anni fa, nel 2020, sotto la direzione scientifica di Renato Sebastiani poi
proseguito da Alessio De Cristofaro, archeologi della Soprintendenza Speciale di Roma e condotto sul campo dall’archeologa Marzia Di Mento e si trovava all’interno degli Horti di Agrippina maggiore, vasta tenuta appartenente alla famiglia Giulio Claudia che occupavano un'area compresa fra il Tevere, le pendici del colle di Santo Spirito e la Basilica di San Pietro. È qui che Caligola fece costruire un circo per le corse dei cavalli e che Nerone, secondo la leggenda, realizzò un teatro. Questa testimonianza, venuta alla luce e presentata nei giorni scorsi, concretizza l'ipotesi e i racconti tramandati nei secoli.

Parete della cavea affrescata, foto di Fabio Caricchia.
Parete della cavea affrescata, foto di Fabio Caricchia.

A due anni dall'inizio degli scavi, sono venuti alla luce i resti del teatro, in particolare della parte sinistra della cavea a emiciclo, la scenæ frons, sontuose colonne finemente lavorate di marmi pregiati, raffinate decorazioni a stucco con foglia d’oro e ambienti di servizio, ceh probabilmente venivano utilizzati come depositi per costumi e scenografie. Sono stati proprio questi elementi, oltre alla tecnica di alto rango e ai bolli laterizi, che hanno portato gli studiosi a pensare che si possa trattare del  leggendario Theatrum Neronis raccontato dalle fonti antiche, nel quale l'imperatore, noto per le sue doti canore, si esibiva.

I due edifici romani rinvenuti

Sono due gli edifici rinvenuti nel corso degli scavi. Il primo, caratterizzato da una pianta a
emiciclo, con muri radiali e un sistema di accessi e di scale, è compatibile con una cavea teatrale, con le gradinate per accogliere il pubblico, la scaenæ frons a ovest e un ricchissimo apparato decorativo di ordine ionico, con marmi bianchi e colorati e stucchi a foglia d'oro (come quelli della Domus Aurea).

Foto panoramica dello scavo, foto di Fabio Caricchia.
Foto panoramica dello scavo, foto di Fabio Caricchia.

Il secondo, che si sviluppa perpendicolare al primo, è costituito da una serie di ambienti utilizzati per ospitare i materiali e le attrezzature per gli spettacoli, dalle scenografie ai costumi. Entrambi, probabilmente, erano circondati da un portico.

I resti medievali

All'architettura romana, si sono aggiunti ulteriori ritrovamenti di epoca medievale, con attività produttive e manufatturiere a partire dal X secolo: potrebbe trattarsi della Schola Saxonum, una delle più antiche scholæ peregrinorum sorte intorno alla basilica di san Pietro per accogliere i pellegrini in visita alla tomba del primo degli apostoli.  Fra gli oggetti rinvenuti, calici vitrei a colonnette utilizzati come arredi liturgici (nella foto in basso).

Reperti medievali, foto di Fabio Caricchia.
Reperti medievali, foto di Fabio Caricchia.

Dal XIII secolo l'area è passata all'Ospedale di Santo Spirito in Sassia, costruito fra il 1198 e il 1204 e ricostruito poi dalle fondamenta durante il pontificato di Sisto IV per il Giubileo del 1475. A questo periodo risalirebbero numerosi ossi lavorati, semilavorati e matrici di rosari. La realizzazione di questi oggetti, legati al pellegrinaggio e al culto, probabilmente rappresentavano una delle attività primarie dell'area.

Straordinaria scoperta, inoltre, la successione di tracciati stradali più volte rifatti e sistemati, collegati all’approdo sul Tevere a valle di Ponte Sant’Angelo, noto come Portus Maior e necessario per i commerci, come documentato a partire dal XII secolo. È in questo punto che sono state rinvenute due insegne da pellegrino (Volto Santo di Lucca, Santa Vergine di Rocamadour) e una fiaschetta sagomata a forma del gallo di San Pietro (nella foto in basso). Una volta concluse le indagini e gli studi, i ritrovamenti verranno valorizzati all’interno dello stesso Palazzo della Rovere.

Il gallo di San Pietro fra i reperti medievali, foto di Fabio Caricchia.
Il gallo di San Pietro fra i reperti medievali, foto di Fabio Caricchia.
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