38 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Droga dello stupro, nelle carte il nome di Cerno: “Non c’entro, il mio ex aveva contatti con pusher”

Tommaso Cerno, ex direttore dell’Espresso e senatore del Partito democratico, non è indagato e ha collaborato con i carabinieri all’inchiesta che ha portato in carcere trenta persone.
A cura di Natascia Grbic
38 CONDIVISIONI
Immagine

Veniva definito dai pusher ‘il senatore' o ‘il politico'. Il nome di Tommaso Cerno, ex direttore dell'Espresso e parlamentare del Partito democratico, è finito nelle carte dell'inchiesta che lo scorso ottobre ha portato in carcere 30 persone, accusate di traffico di droga. Bisogna specificare immediatamente che Cerno non ha avuto contatti diretti con gli spacciatori, e non è indagato. Il suo nome viene fatto solo perché una persona vicina a lui aveva avuto un contatto con i pusher. "Tre settimane fa sono stato informato di questa vicenda e ho collaborato con i carabinieri – ha chiarito Cerno – All’epoca ero fidanzato con un ragazzo che evidentemente – io l’ho scoperto soltanto adesso – aveva dei problemi. Quando non ero a casa è possibile che abbia ricevuto gli spacciatori presso la mia abitazione per farsi consegnare cocaina. Io non ne sapevo nulla, né ho mai avuto rapporti con nessuno di loro. Quando mi hanno avvisato, i carabinieri mi hanno anche detto di informarli se ci fossero stati problemi, ma nessuno mi ha mai avvicinato. Ho voluto bene a questa persona e sono molto dispiaciuto per lui anche se la nostra storia è finita da tempo".

I fatti risalgono tra settembre e ottobre 2019. Gli spacciatori, che sono stati poi arrestati, sono accusati di aver ceduto la cocaina a un ragazzo che aveva una relazione con Tommaso Cerno. Una compravendita che sarebbe avvenuta per quattro volte, e dalla quale i pusher avrebbero guadagnato circa 930 euro. Ed è della scorsa settimana la notizia che la Procura ha ottenuto il giudizio immediato per le trenta persone indagate. Tra queste c'è anche Claudia Rivelli, sorella dell'attrice Ornella Muti, accusata di aver importato quattro flaconi di GHB – la cosiddetta droga dello stupro – dall'Olanda, per poi spedirli al figlio. Rivelli si è difesa dicendo di non sapere cosa contenessero quei flaconi, e che li usava per lucidare l'argenteria. I giudici non le hanno creduto e così è finita a processo.

38 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views