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Elezioni comunali Roma 2021

Andrea Bernaudo candidato dei Liberisti Italiani: “Liberalizzare trasporti e servizi per salvare Roma”

Andrea Bernaudo porta i suoi Liberisti Italiani alla prima sfida elettorale. Broker immobiliare, passato nelle file di Radicali e Forza Italia, ha scelto la corsa in solitaria al Campidoglio. Il suo programma prevede chiudere per sempre con le società municipalizzate e aprire al mercato: “Siamo l’unica forza liberale e liberista in campo”.
A cura di Luca Ferrero
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Andrea Bernaudo è il candidato sindaco di Roma per i Liberisti Italiani, movimento da lui fondato e del quale è presidente da febbraio del 2020. Ha presentato la sua candidatura per primo, già ad ottobre dello scorso anno, dopo aver ricevuto il rifiuto delle altre forze del centrodestra. La sua corsa al Campidoglio arriva dopo una lunga carriera politica, cominciata nel 1992 con i Radicali e proseguita con Forza Italia. Broker immobiliare di professione, è stato già consigliere regionale del Lazio, eletto con la lista civica della presidente Polverini. Nella Capitale porta la sua battaglia contro lo statalismo e per realizzare le promesse liberiste. A Fanpage racconta le ragioni della sua candidatura.

Come e perché è nata l’esigenza di fondare il movimento dei Liberisti Italiani?

Il movimento dei Liberisti Italiani è nato dopo un lungo cammino politico da parte mia che inizia nel 1992 in casa radicale. Un percorso sfociato nella mia elezione alla Regione con lista civica della presidente del centrodestra Polverini. Qui mi sono reso conto degli sprechi incredibili che vengono perpetrati dallo Stato e dagli enti locali. Dopo questa legislatura, ho fondato il Movimento SOS Partita IVA che si è fatto molto sentire e che ha circa 20mila utenti. Alla fine, però, ci siamo resi conto che SOS Partita IVA era percepita più come un’associazione di categoria. Il Movimento dei Liberisti Italiani non è più un’associazione di categoria ma è un vero e proprio movimento politico che ha come punto principale il liberismo economico che in Italia non è stato mai realmente realizzato, nonostante 25 anni di promesse fatte da Forza Italia, tutte tradite. Non c’è una rappresentanza liberale, liberista e libertaria in questo Paese. Le disuguaglianze in Italia non esistono tra i datori di lavoro e i propri dipendenti, ma tra i lavoratori del privato, da una parte, e il mondo dorato dell’apparato statale e parastatale. Si tratta di un sistema politico chiaro, voluto da tutti i partiti attualmente presenti in parlamento, tutti ugualmente statalisti, e che ha generato una situazione per cui coloro che producono reddito oggi sono le classi davvero più disagiate del Paese.

È il candidato sindaco di Roma per i Liberisti Italiani ma non è nuovo alla politica. Cosa l’ha spinta a tornare in campo per la corsa a sindaco di Roma? Vuole spiegare le ragioni della sua candidatura?

La mia è stata la prima candidatura ad essere stata presentata, nonostante i media abbiano detto per un anno che l’unico candidato in campo era il signor Calenda, il candidato più coccolato dai media mainstream, chissà perché. Sulla nostra candidatura: è chiaro che Roma è l’emblema del fallimento di quella logica politica e culturale che ha generato le disuguaglianze che ho spiegato. Roma è basata sul concetto che il pubblico può far meglio del privato e della libera impresa: tutto il sistema di gestione dei servizi è stato affidato in monopolio a società di proprietà al 100% del comune, che possono assumere a chiamata diretta e senza concorso, e che hanno prodotto lo schifo che si vede. Immondizia fino ai piani rialzati, autobus che prendono fuoco, una città paralizzata. Questo sistema di gestione dei servizi è l’esempio devastante che sta facendo vergognare l’Italia. E la colpa non è della Raggi, ma di tutti i partiti che si sono succeduti finora, perché tutti hanno difeso questa gestione dei servizi. Questa situazione non la risolve un sindaco supereroe, ma si può risolvere solo cambiando il paradigma amministrativo.

In questa corsa al Campidoglio si tiene a distanza dal campo del centrodestra. Nel suo passato politico, però, c’è la militanza nelle file di Forza Italia, oltreché l’esperienza da consigliere regionale eletto con la lista Polverini. Cos’è che rende la sua candidatura diversa e alternativa alle forze che appoggiano Michetti?

Non ho problemi a dire che io ho proposto la mia candidatura alle forze del centrodestra alle quali ho chiesto: volete per la prima volta fare una cosa nuova in questa città con un programma liberale e liberista? Cioè, con un programma che metta al centro la chiusura dei contratti di servizio con le società municipalizzate e quindi l’apertura di un capitolo virtuoso, con una gestione oculata dei servizi basata su merito e concorrenza? La risposta del centrodestra è stata il signor Michetti, che oggi dice che bisogna assumere seimila persone all’Atac, e che Atac e Ama, cioè una società che ha tre miliardi e mezzo di debiti e un’altra che ci ha messo quattro anni per presentare il bilancio del 2017, sono intoccabili. Un signore che dice che tutta la gestione dei servizi deve rimanere così com’è. La linea di Michetti, Gualtieri, Calenda e Raggi sulla gestione dei servizi pubblici è la stessa identica. Per noi, invece, il servizio pubblico deve essere gestito in regime di concorrenza dalla libera impresa attraverso bandi di evidenza pubblica e facendo le gare. Vogliamo chiudere con le società municipalizzate e aprire al mercato attraverso bandi europei e internazionali. Sui rifiuti siamo stati i primi a dire che a Roma servono quattro impianti sul modello di Copenaghen: a impatto zero, che non inquinano, che non odorano e producono energia. Il nostro primo obiettivo, nei primi due anni di amministrazione, è utilizzare in gran parte i soldi del Recovery Roma per fare questi quattro impianti.

Qual è la sua idea di città?

Mi piacerebbe una città libera, che possa sorridere a tutti: turisti, pendolari e cittadini italiani. Oggi questa è una città spenta, sporca, inospitale. Vorrei che Roma tornasse a sorridere al mondo, cosa che le è stata proibita da questo sistema asfissiante che i partiti statalisti le hanno imposto.

Ha fatto proposte su trasporti, navigabilità del Tevere e chiusura dei campi Rom. Ma qual è la sua proposta per le periferie romane, così al centro di questa campagna elettorale?

Le periferie romane hanno bellissimi parchi. Vogliamo che questi parchi vengano dati in gestione a delle start up di giovani che vogliano aprire bistrot, locali per aperitivi, associazioni sportive. Così, in cambio di questa concessione, chi prende in gestione può occuparsi di manutenere e monitorare queste aree attraverso un sistema di vigilanza collegato con la centrale operativa interforce del comune che noi immaginiamo. Così evitiamo che questi parchi diventino ricettacolo di spacciatori e zone franche per la delinquenza. Poi bisogna cercare di abbattere quei clan che in alcune zone la fanno da padrone. Non devono esserci più zone franche in questa città.

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