Al via il festival con Zerocalcare ed Elodie al Quarticciolo: “Non siamo un quartiere di serie B”

"Vi chiediamo di essere con noi mentre Quarticciolo torna ad essere lo sfondo di una serie tv crime”, era scritto nel comunicato di lancio del festival “Alziamo la voce, alziamo la testa” del 26 e 27 settembre 2025. Due giorni di eventi al parco Modesto Di Veglia in cui tornare a chiedere un reale cambiamento per la borgata di Roma est. Descritta solo come un luogo di spaccio quando invece è anche molto altro. Si sceglie però spesso di vederne solo una parte: per convenienza, opportunità politica, poca conoscenza del tessuto sociale.
“Basterebbe che non venisse trattato come un quartiere di serie B”, dice a Fanpage.it Pietro, uno degli attivisti di Quarticciolo ribelle, progetto di lotta politica e sociale che tiene insieme un doposcuola gratuito, una palestra, un ambulatorio e una stamperia. “Chi abita qui nasce con una condizione di stigma che si traduce in mancanza di servizi e di possibilità di immaginare la propria vita”.
Perché avete deciso di organizzare un festival come questo?
Abbiamo deciso di organizzare un festival di due giorni con un corteo in giro per la borgata perché è un momento in cui di nuovo Quarticciolo è nell'occhio del ciclone dal punto di vista mediatico, soprattutto per quello che riguarda il tema della sicurezza. In parte è legato a quanto avvenuto nel parco di Tor Tre Teste il mese scorso, in parte agli interventi delle forze dell'ordine per contrastare l'attività della criminalità organizzata.
E come spesso avviene, quando questo diventa il focus e la vicenda si mediatizza molto, scompare un po' tutto il resto. Cioè le persone che questa borgata la abitano e che da anni aspettano interventi. Interventi che negli ultimi mesi erano stati annunciati anche con una certa enfasi, addirittura dal governo nazionale.
Sono previsti ospiti importanti di vari settori della cultura italiana come Zerocalcare, Elodie, Valerio Mastandrea e Michele Riondino. Perché avete pensato a loro e qual è il loro legame con lo spirito di questa iniziativa?
Sono personaggi molto diversi l'uno dall'altro. Alcuni provengono da quartieri simili a Quarticciolo, quindi hanno anche un dato biografico che li lega in qualche maniera alle vicende di cui parliamo.
In realtà, il filo conduttore che li unisce tutti, dal nostro punto di vista, è che sono artisti che negli ultimi mesi e negli ultimi anni hanno provato ad alzare la voce, cioè a utilizzare la visibilità che hanno per parlare di quello che succede nel mondo. In questo momento molti di loro si sono esposti sul tema della Palestina, ma anche su altre questioni. Siccome stiamo cercando una maniera per alzare la voce anche noi qui, l'idea era confrontarsi con chi l'ha fatto. Artisti ma anche altre realtà sociali che si sono poste lo stesso problema: gli operai della GKN, i disoccupati…
Il Quarticciolo è una delle otto periferie inserite nel decreto Caivano bis. Cosa si è visto finora dei provvedimenti annunciati dal governo e che conseguenze hanno avuto sulla vita del quartiere?
Per il momento è tutto fermo. Siamo in una situazione paradossale in cui addirittura il commissario nominato dal governo, il capo della Protezione Civile Fabio Ciciliano, a maggio ha dichiarato che “Caivano non è un modello”, che non si può esportare la stessa ricetta ovunque e che bisogna ragionare non con l'idea di avere bacchette magiche che risolvono i problemi, ma sulla base di processi molto lunghi. Ha, quindi, in qualche maniera sconfessato l'impianto di un intervento previsto dal decreto Caivano bis per queste otto aree.
Viceversa, l'elenco degli interventi finanziati dal governo a marzo scorso è rimasto soltanto sulla carta. È molto difficile capire cosa succederà. Il festival cerca anche di fare pressione su questo.
Però il Quarticciolo continua a essere spesso oggetto di articoli e servizi televisivi. Cosa c'è che non va, secondo voi, nei modi di questa copertura mediatica?
È una copertura che cerca, secondo noi, più l'esasperazione che la comprensione di quello che succede. Si prende l'episodio più cruento, la vicenda più emotivamente impattante — lo stupro al parco, l'aggressione a una troupe giornalistica — o di volta in volta un elemento che possa scatenare una reazione emotiva da parte dell'opinione pubblica, e si isola completamente questo fatto da quello che succede intorno.
Quello che succede intorno è un quartiere che è diventato un deserto ed è completamente abbandonato. Le responsabilità sono molte, anche da parte delle amministrazioni. Ma su questi aspetti è difficilissimo che i media prendano parola.
Da anni voi proponete un modello alternativo per la borgata. Che risultati state vedendo?
Dal basso iniziamo a vedere parecchie cose: un ambulatorio popolare, una palestra, abbiamo recuperato un parco, si sono fatte lotte importanti anche sulle case. Dall'alto siamo ancora a metà del guado.
La lista di interventi approvata l'anno scorso da Roma Capitale aveva individuato gli elementi che potrebbero trasformare il Quarticciolo: la riapertura della piscina comunale, nuovi spazi di attività commerciali, investimenti sulla scuola che oggi rischia di essere chiusa. Non ha formato le classi prime quest'anno perché è stata ridimensionata con la legge scellerata del governo nazionale di due anni fa. Però ancora questi impegni non stanno seguendo fino in fondo un lavoro organico.
Quindi le vostre iniziative trovano supporto nei residenti, ma sulle proposte che richiederebbero l'aiuto delle istituzioni non c'è riscontro?
Sì. Direi più dal punto di vista nazionale che comunale, a essere sinceri.
Quando si parla di Quarticciolo spesso si invoca sempre più repressione, più polizia per la borgata. Nella vostra esperienza, è un modello che funziona?
È come svuotare il mare con un cucchiaino. Pensare che incarcerare tutte le persone che vivono un disagio economico e sociale sia la soluzione per affrontarlo è assurdo. E viceversa, in questo momento non c'è nessun altro tipo di risposta a una condizione molto grave che si vive in borgata.
Il tema è che ci sono condizioni di marginalità che diventano comportamenti illegali per necessità. Pensate a chi vive dentro uno scantinato: non ha alternative e trova nell'illegalità una soluzione. Per queste situazioni, l’utilizzo degli strumenti che vengono usati contro la criminalità organizzata non fa che peggiorare la situazione.
Il quartiere è spesso teatro delle incursioni di personaggi “noti”, come Brumotti, Don Antonio Coluccia e altri. Ma aiutano davvero chi ci vive?
No. Il problema di questi personaggi, al di là delle differenze tra loro, è che Quarticciolo diventa solo lo sfondo del loro percorso di mediatizzazione. Sono servizi che scelgono alternativamente Quarticciolo, lo Zen a Palermo o Quarto Oggiaro a Milano senza nessuna differenza nel racconto. I quartieri sono solo il contesto per sviluppare una narrazione egotica di persone che si propongono come eroi e che nel giro di 10-20 minuti pretendono di dare segnali eclatanti, ma che in realtà si esauriscono nello spazio della visibilità mediatica di un click. I problemi del quartiere restano tutti lì.
Invece, cosa aiuterebbe davvero il Quarticciolo?
Servirebbe, innanzitutto, che le amministrazioni rispettassero gli impegni presi con la cittadinanza. Quando parliamo del piano di quartiere, parliamo di opere iniziate e mai terminate o abbandonate dopo anni: l'asilo nido in costruzione, la piscina, la “Fabbrica del teatro”.
Basterebbe che Quarticciolo non venisse trattato come un quartiere di serie B, perché la verità di cui nessuno parla è che ciò che vale ai Parioli o nel centro di Roma per questa borgata non vale. Chi abita qui nasce con una condizione di stigma che si traduce in mancanza di servizi e di possibilità di immaginare la propria vita, come invece possono gli altri abitanti della città.