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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi, quell’audio su Giovanni Paolo II che rischia di far saltare la Commissione d’inchiesta

Dopo alla Camera, la proposta di istituire una Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sembra essersi arenata in Senato. Questo, secondo l’avvocata della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, a causa delle presunte accuse a papa Giovanni Paolo II.
A cura di Enrico Tata
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Dopo il voto positivo alla Camera, la proposta di istituire una Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sembra essersi arenata in Senato. "Prima gli emendamenti, che vorrebbero ridurre la durata della Commissione, adesso queste audizioni. Il clima evidentemente è cambiato", ha dichiarato l'avvocata della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, nel corso di un'audizione alla Commissione Affari costituzionali. La legale ha ricordato che il 23 marzo la Camera ha votato all'unanimità la proposta, ma adesso, dopo due mesi e mezzo, qualcosa è cambiato.

Le presunte accuse di Pietro Orlandi a papa Giovanni Paolo II

Questo è avvenuto, secondo Sgrò, a causa delle presunte accuse di Pietro Orlandi a Giovanni Paolo II. "Accuse che non ci sono state. Pietro non ha mai inteso offendere la memoria del Papa. Lo aveva anche scritto nella sua memoria consegnata al promotore di giustizia vaticano, glielo ha detto quando è stato ascoltato l'11 aprile scorso e lo ha sempre ripetuto a chiunque glielo chiedesse. Si è reso disponibile, mio tramite, immediatamente a chiarire al promotore di giustizia qualunque fraintendimento a seguito delle polemiche che hanno fatto il giro del mondo", ha osservato Sgrò.

"Abbiamo tutti udito le parole di Papa Francesco al Regina Coeli che difendeva la memoria di Giovanni Paolo II. E tutti gli abbiamo dato ragione. Anche Pietro Orlandi ha riferito che bene faceva il Santo Padre a difendere il Papa Santo. Non era stato lui, infatti, ad accusare Giovanni Paolo II, ma un audio di un sodale della banda della Magliana, audio che Pietro Orlandi aveva consegnato al promotore di giustizia nel corso del suo interrogatorio e che insieme avevano ascoltato", ha continuato la legale.

Sgrò ha ricordato che quell'audio, definito orribile, non è ingiurioso soltanto nei confronti di papa Wojtyła, ma anche nei confronti di Emanuela Orlandi, "vilipesa, oltraggiata, descritta come la peggiore delle donne". Di questo "non è interessato quasi a nessuno. Una mezza frase di Pietro Orlandi, invece è stata manipolata, strumentalizzata, cucita in mezzo a tanti discorsi in cui il suo nome non era mai stato fatto ed è diventata il capo di imputazione da cui ha dovuto difendere sé stesso e anche la sua battaglia alla ricerca della sorella. Nessuna spiegazione, nessuna precisazione è bastata. Pietro Orlandi è finito sul banco degli imputati".

L'avvocata della famiglia Orlandi ha chiuso il suo intervento chiedendo di istituire al più presto la Commissione d'inchiesta, "perché il tempo che passa è nemico della verità.Il Parlamento ha la possibilità di dare l’ultima – probabilmente – speranza a Maria Pezzano Orlandi di sapere cosa sia successo a sua figlia".

L'audio su papa Wojtyła che rischia di bloccare la commissione Orlandi

L'audio a cui ha fatto riferimento Sgrò nel suo intervento è, come noto, lo stralcio dell'intervista concessa dall'ex membro della banda della Magliana, Marcello Neroni, al giornalista Alessandro Ambrosini:

"Wojtyla (audio incomprensibile) pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era diventata una schifezza, il segretario di Stato ha deciso di intervenire. Ma non dicendo a Wojtyla ora le tolgo da mezzo. Si è rivolto a chi? Lui essendo esperto del carcere perché faceva il cappellano al riformatorio, si è rivolto ai cappellani del carcere. Uno era calabrese, un altro un furbacchione. Un certo Luigi, un certo padre Pietro: non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto sta succedendo questo, ci puoi dare una mano? Punto. Il resto so tutte caz*ate".

Nella parte non resa pubblica dell'audio (ma consegnata da Orlandi al promotore Diddi), si fa riferimento a Emanuela Orlandi in questi termini: “Emanuela e quell’altra ‘zozzetta’”, come rivelato da Federica Sciarelli nel corso di una puntata di Chi l'ha visto?.

Sull'audio Pietro Orlandi si è espresso con queste parole nel corso di un intervento alla trasmissione Di Martedì, condotta da Giovanni Floris su La7:

"Sono rimasti un po' così, perché l'audio senza beep è molto più pesante, ci sono riferimenti molto precisi sul Papa, di come lo chiamavano all'interno del Vaticano, di come era conosciuto all'interno del Vaticano. Ho detto che questa persona o il Vaticano o la procura di Roma lo deve ascoltare, perché questa persona fa delle accuse molto gravi su una persona e bisogna capire se ha delle prove, chi gliel'ha detto".

"‘Lei che prove ha?', mi hanno chiesto. Io non ho prove, ma sento quest'audio e sento nell'ambiente vaticano, dove le persone restano molto meno sconvolte quando faccio accenno a questa situazione rispetto a politici e giornalisti. Mi dicono che il Papa ogni tanto usciva di sera e andava in giro con due suoi amici polacchi, qualcuno mi dice non andava certo a benedire delle case. Non ho mai detto Papa Giovanni Paolo II era un pedofilo, ma ho detto che è giusto indagare a 360 gradi. Io penso che nel 2023 non possono esserci persone intoccabili".

Oggi Diddi in Senato contro l'istituzione della commissione parlamentare

Oggi il promotore di giustizia Vaticano, Alessandro Diddi, incaricato di indagare sulla vicenda Orlandi, è intervenuto anch'egli in Senato dichiarando che l'istituzione della commissione d'inchiesta, a suo parere, "sarebbe una intromissione perniciosa per la genuinità di ciò che stiamo conducendo". Parole, queste, alle quali Pietro Orlandi ha così risposto: "E' arrivato un brutto segnale da queste audizioni, il Vaticano, per conto di chi lo rappresentava, fa chiaramente capire di non gradire l'apertura di una commissione d'inchiesta parlamentare perché la considera una ‘intromissione' che potrebbe creare problemi e ‘inquinamento' alle indagini. Parole molto gravi a mio giudizio. Mi auguro che il parlamento non si pieghi a questi ‘suggerimenti' e continui sulla linea già indicata dal voto alla Camera".

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