21enne suicida nel carcere di Viterbo, udienza fissata nel 2024. “Vergogna, si faccia chiarezza”

L'udienza per l’opposizione contro la richiesta di archiviazione del processo per la morte di Hassan Sharaf, avvenuta il 23 luglio 2018 nel carcere di Viterbo, è stata fissata al 2024. Solo tra tre anni il giudice esaminerà la richiesta fatta dalla famiglia del 21enne (in carcere per cumuli di pena relativi a piccoli reati), dall'ambasciata egiziana e da un'Ong per i diritti umani. Una data lontanissima, definita ‘sconcertante da Alessandro Capriccioli, capogruppo di “+Europa Radicali” al Consiglio regionale del Lazio. "La morte di Hassan è avvenuta nel 2018, nel carcere di Viterbo, a seguito di un tentativo di suicidio del quale ancora non sono chiare le dinamiche. Accertare oltre ogni ragionevole dubbio gli accadimenti di quella notte dovrebbe rappresentare una priorità, cui come consigliere regionale ho cercato di rispondere già all’epoca dei fatti attraverso una serie di visite ispettive", dichiara Capriccioli in una nota.
Il suicidio di Hassan Sharaf in cella d'isolamento
Hassan Sharaf è morto suicida nel carcere di Viterbo nel 2018. Si è tolto la vita impiccandosi nella cella d'isolamento dove si trovava da due ore. Il 9 settembre, nemmeno due mesi dopo, sarebbe tornato in libertà. Al Garante dei detenuti in visita al carcere aveva dichiarato di aver paura di morire, mentre all'avvocata Simona Filippi aveva raccontato di essere stato picchiato dalle guardie penitenziarie, mostrando segni di percosse in diversi punti del corpo. Sul caso della morte di Sharaf, il Garante Stefano Anastasia aveva presentato immediatamente un esposto. Sul caso era stato aperto un fascicolo per istigazione al suicidio: Hassan, infatti, sarebbe stato preso a schiaffi da due agenti prima di essere trasferito in cella d'isolamento. Poi, la richiesta di archiviazione da parte della Procura, cui la famiglia del 21enne si è opposta con tutte le sue forze. Adesso, tre anni dopo quel suicidio, la notizia che l'udienza contro l'archiviazione del caso è stata fissata al 2024. "Chi viene ospitato nelle nostre carceri si trova nelle mani dello Stato, e per questo è ancora più importante che su vicende come questa venga fatta luce il più rapidamente possibile, senza rinvii che possano ulteriormente differire nel tempo ogni chiarimento necessario – conclude Capriccioli nella nota con cui commenta la data dell'udienza – Condividendo la preoccupazione espressa dal Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia sulle condizioni della nostra giustizia, mi auguro che il Ministro della giustizia si interessi al caso e intervenga".
Il rapporto del Cpt sul carcere di Viterbo
Il Mammagialla di Viterbo è un carcere noto da tempo per gli abusi e le vessazioni che avvengono al suo interno. Nel rapporto redatto lo scorso anno dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d'Europa, il quadro che si fa di questo istituto è agghiacciante, e numerosi sono i casi dove le lesioni osservate sui detenuti e le prove mediche registrate sono compatibili con le denunce di maltrattamenti. Il Comitato per la prevenzione della tortura ha visitato diverse carceri italiane. In tutte il personale penitenziario ha accompagnato la delegazione nella visita e si è mostrato collaborativo. A Viterbo il personale del Mammagialla ha negato ai membri della delegazione il diritto di intervistare i detenuti in privato. I colloqui sono stati interrotti diverse volte dal personale di custodia, che ha annotato i nomi di chi ha parlato e registrato le varie dichiarazioni. Senza contare che i documenti richiesti dalla delegazione del Cpt e necessari per la visita non sono stati forniti in tempo.