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Riforma della Giustizia, sì del Cdm. Berlusconi: “Non è una legge ad personam”

Mettere sullo stesso piano accusa e difesa con la separazione delle carriere, questo il principio su cui si basa la riforma della Giustizia approvata oggi dal Consiglio dei Ministri e presentata da Berlusconi e Alfano in una conferenza stampa a Palazzo Chigi.
A cura di Alessio Viscardi
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Il Consiglio dei Ministri ha stamattina dato il via libera definitivo alla Riforma della Giustizia, il disegno di legge sarà ora all'esame delle Camere del Parlamento. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a margine della conferenza stampa convocata in coda al Cdm ha chiarito che è dal 1994 che sta lavorando per l'approvazione di questa riforma. A chi gli domanda se il caso Ruby abbia influito la presentazione del ddl proprio ora, il Premier risponde: “Zero. È dai tempi della nostra discesa in campo, finalmente riusciamo a realizzare un punto fondamentale del nostro programma”. Ma a chi chiede se la Riforma della Giustizia fosse stata approvata prima di Tangentopoli cosa sarebbe accaduto, Berlusconi replica: “Sicuramente se questa riforma fosse stata applicata 20 anni fa non ci sarebbe stato l’annullamento di una classe dirigente nel 1993, non ci sarebbe il terremoto politico nel 1994, non ci sarebbe stata la caduta del governo nel 1998 del centrosinistra. Ma soprattutto non ci sarebbe stato il tentativo di eliminare questo governo in carica attraverso le inchieste. E comunque il pm per parlare con il giudice dovrà fissare l’appuntamento e battere con il cappello in mano e possibilmente dargli del lei”.

Silvio Berlusconi si presenta alla stampa con un “imbarazzo estetico”, l'enorme cerotto che gli copre mezzo viso dopo l'operazione subita nei giorni scorsi alla mandibola per le conseguenze dell'attentato subito dallo psicolabile Tartaglia, afferma che quella approvata oggi dal Cdm è una riforma organica, ma non ha nulla a che fare con i procedimenti in corso a suo carico.

Punto centrale della riforma è la separazione delle carriere tra giudici e pm, così come sottolineato dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a fianco del Premier durante la conferenza stampa. Come evidenziato da un simpatico disegnino mostrato dal presidente Berlusconi alla platea, il compito del nuovo ddl è mettere sullo stesso piano l'accusa e la difesa, facendo in modo che il giudice giudicante non sia collega degli inquirenti pubblici ministeri. Un “giudice sopra le parti” e non collega di lavoro dei pm: “Il giudice deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa. La riforma costituzionale della giustizia non riguarderà i procedimenti in corso. Lo prevede l’ultimo articolo del disegno di legge approvato oggi dal Consiglio dei ministri. Questi principi non si applicano ai procedimenti in corso alla data dell’entrata in vigore della legge”, chiosa il Guardasigilli.

Altro punto nodale della riforma della Giustizia è lo sdoppiamento del Csm in due consigli sottoposti ambedue al giudice supremo, il Presidente della Repubblica. L'accusa non potrà più appellare una sentenza di assoluzione in primo grado e viene ridotta l'obbligatorietà dell'azione penale, attraverso l'istituzione di una lista di priorità da rispettare per legge. Sullo sciopero indetto dall'Anm, il Guardasigilli Alfano tiene a precisare: “Loro non fanno le leggi, le applicano. Poi non mi sembra che ci possano essere i motivi per scioperare”.

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