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Elezioni amministrative 2025

“Veterocomunisti, si sfasciano, perderanno al referendum”: il flop delle Elezioni amministrative visto da destra

Dalla negazione della realtà alla minimizzazione della sconfitta, fino alle paradossali considerazioni sul referendum: la sconfitta elettorale vista da destra.
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Ci sono pochi dubbi sul fatto che la tornata di elezioni amministrative dello scorso 25 maggio fosse poco più di un test locale, con circa due milioni di cittadini chiamati alle urne e con l’incognita dell’affluenza. Ma di dubbi ce ne sono ancora meno sul fatto che l’esito sia stato disastroso per il centrodestra, che ha perso nettamente a Genova e Ravenna, è in difficoltà a Matera e Taranto, registra sconfitte anche in centri piuttosto grandi, come Giugliano in Campania.

Certo, occorre sempre grande cautela prima di interpretare l’esito di elezioni locali come “il segnale che il Paese vuole cambiare”, soprattutto considerando la grande incidenza di elementi territoriali nel determinare i risultati delle amministrative. Ma, per una volta, il centrosinistra può serenamente risparmiarsi la proverbiale analisi della sconfitta e guardare con un certo ottimismo al futuro.

Nella maggioranza di governo le cose stanno diversamente, anche se (correttamente) non si fanno drammi e si cerca di minimizzare la portata dell’appuntamento elettorale. La comunicazione ufficiale è: niente panico, test locali su cui è necessario riflettere, ma ora concentriamoci sul fallimento certo dell’imminente referendum e torniamo a dettare l’agenda del dibattito pubblico. Come vi mostriamo nella nostra Evening Review, la newsletter per chi ha scelto di sostenere Fanpage.it (che per i prossimi mesi vi regaliamo), questa strategia funziona spesso anche perché può contare su una straordinaria cassa di risonanza mediatica. I giornali di area, infatti, anche questa volta si mostrano piuttosto compatti e forniscono una visione interessante dell’esito del voto.

Cominciamo da Libero, dove non l’hanno presa benissimo, per usare un eufemismo. Fausto Carioti parla di “Ammucchiatissima rossa” ed è certo che lo schema delle larghe alleanze non funzionerà alle politiche: “La grande ammucchiata, l'alleanza elettorale che va da Avs a Italia Viva, riedizione di accozzaglie già viste ai tempi di Romano Prodi, non produsse un governo stabile allora e a maggior ragione non potrebbe farlo adesso. Se mettersi d'accordo per un candidato sindaco è facile, rendere compatibili le grandi ambizioni di Giuseppe Conte ed Elly Schlein e scrivere insieme un programma di governo, nel quale oggi la politica estera è la cosa più importante, rasenta l'impossibile e può essere fatto solo prendendo in giro gli elettori”.

Certo, stupisce il peso dato alla politica estera per sottolineare le distanze nel centrosinistra, come se Salvini e Tajani fossero allineatissimi e non su fronti praticamente opposti. Ma è certamente più singolare il riferimento ai referendum, con la domanda che l’autore si fa: “Come possono le sigle del campo largo governare assieme, se non esiste nemmeno uno di quei quesiti su cui la pensano allo stesso modo?

Un assist che raccoglie, sempre su Libero, il direttore Mario Sechi, che parla già di referendum come “ultima spiaggia” in particolare per il Partito democratico. L’ex portavoce di Giorgia Meloni analizza con grande equilibrio l’attuale situazione politica:

Il voto di Genova e di altri Comuni che ieri hanno scelto i loro sindaci non è un trend nazionale, il centrosinistra lo "vende" in tv come un cambio di scenario, ma tutti sanno che il quadro nazionale è ancora di segno opposto: il centrodestra domina in tutti i sondaggi, il consenso dei partiti della maggioranza è solido, la fiducia nella premiership di Giorgia Meloni è alta, la sua leadership è riconosciuta a livello internazionale, il centrodestra guida 14 Regioni su 20, il governo è un caso unico di stabilità in Europa.

Insomma, se il centrodestra corre qualche rischio non dipende dalla competitività della “grande ammucchiata” alle urne (che, se anche dovesse vincere, poi “non riuscirebbe a governare), ma “dagli shock geopolitici e dalle tensioni interne”. Il voto locale non conta poi molto, le Regionali sono ancora lontane e la vera partita è il referendum, scrive Sechi:

Tra due settimane avremo un vero banco di prova, quello dei referendum, sarà lo spartiacque della legislatura: se la sinistra centra il quorum può sperare nella «remuntada»; se fallisce, si apre una crisi di identità con una seduta di autocoscienza infinita. Alle porte dell’estate, oggi cantano vittoria, ma sono già all’ultima spiaggia.

Più preoccupato appare invece Maurizio Belpietro, che evidentemente non condivide la linea del “tutto va bene, anzi benissimo, anzi magnificamente” dell’ex portavoce di Chigi. E crede che il centrodestra debba cogliere i segnali che arrivano dai territori, soprattutto in vista delle Regionali:

Se anche non desta sorpresa il risultato in Liguria, così come non lo desta quello in Romagna, qualche riflessione è comunque necessaria. Non tanto per darsi da fare in vista dei ballottaggi che si terranno fra due settimane a Taranto e Matera (e dove la sinistra è avanti), quanto perché a settembre si voterà in sei Regioni d'Italia e il centrodestra non pare avvantaggiato. […] Urge riflettere sulla sconfitta di Genova, non per fare mea culpa, ma almeno per preparare la vittoria alle regionali e alle prossime amministrative. Infatti, più si temporeggia e più si rischia.

Diversa è invece la linea che sceglie l’altro big del giornalismo conservatore, Alessandro Sallusti. Dalle pagine de Il Giornale, Sallusti si mostra piuttosto tranquillo, ipotizzando che un eventuale governo del campo largo non avrebbe nessuna credibilità internazionale, perché “ostaggio e succube del peggior veterocomunismo”. A questa conclusione, Sallusti arriva dopo aver messo in relazione la vittoria elettorale con le proteste dentro e fuori il Parlamento per il decreto sicurezza. Con una riflessione piuttosto strana, direi quasi iperbolica:

Immaginiamo per un momento che la loro candidata di Genova, Silvia Salis, avesse promesso in campagna elettorale di dare l'immunità a chi borseggia e occupa case: secondo voi come sarebbe finita? E ancora: è immaginabile governare l'Italia con un programma che difende l'illegalità? Quanti elettori di sinistra o tendenzialmente tali li seguirebbero in questa follia? Quale considerazione internazionale potrebbe avere un simile governo?

In attesa di capire chi voglia dare l’immunità ai borseggiatori (dove l’avrà letta una simile proposta Sallusti è un mistero), vi segnalo anche la lettura de Il Foglio, che parla di “sane scoppole per il centrodestra”, concentrandosi però sui problemi in casa centrosinistra:

Il consolidamento del ruolo di guida della Schlein è una buona notizia per le possibilità di affermazione generale di un'alternativa al centrodestra? La politica della Schlein punta a massimizzare l'effetto di una posizione di opposizione, il che è naturale, mentre non contiene alcuno sforzo per la costruzione di un programma concordato che dia all'opposizione, larga quanto si vuole, di diventare una alternativa. Questo può avere e ha avuto effetti positivi nel consentire alleanze locali, ma non è un tema che può essere trascurato troppo a lungo, specialmente se si crede davvero che siano vicine consultazioni nazionali. […] Il fatto è che un Pd a guida Schlein tende a mettere tra parentesi la tradizione riformista della sinistra italiana (praticata anche dal Psi che pure la negava dal punto di vista ideologico) a vantaggio di un massimalismo movimentista che ottiene successi di piazza ma raramente li converte poi in corrispondenti successi nelle urne, secondo il vecchio adagio "piazze piene urne vuote".

Insomma, già è partita l’analisi della sconfitta futura del centrosinistra. È già un passo avanti.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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