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Opinioni

Un’Italia isolata, debole e vittimista: cosa ci dice la telefonata dei comici russi a Giorgia Meloni

Lo scherzo dei comici russi non è uno sfortunato incidente di percorso, ma un episodio gravissimo sul piano della sicurezza interna e della credibilità internazionale dell’Italia. Anche perché mostra come la Presidente del Consiglio sia consapevole di essere isolata e poco rispettata sul piano internazionale.
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Ci sono diverse ragioni per cui lo scherzo dei comici russi ai danni di Giorgia Meloni è particolarmente rilevante, oltre che preoccupante. La falla nella struttura diplomatica e di sicurezza di Palazzo Chigi è piuttosto grave e la sensazione è che non basterà indicare all’opinione pubblica un paio di responsabili per chiudere la questione. I due comici russi hanno dimostrato come sia semplice bucare la rete di filtri e controlli di Palazzo Chigi, potenzialmente fino a ottenere informazioni riservate direttamente dal capo del governo. Siamo in presenza di un fatto che è semplicemente inaccettabile, una permeabilità che, specie di questi tempi, non può e non deve essere concessa.

Sul piano dell’immagine, poi, Meloni ne esce malissimo. La telefonata non mostra solo la leggerezza imperdonabile con cui la Presidente del Consiglio di un Paese del G8 si apre a confidenze con un interlocutore a lei sconosciuto, ma svela ragionamenti e considerazioni che da mesi restano confinati nelle stanze chiuse dei vertici europei e internazionali. Non è cosa da poco, perché, nella comunicazione di questi mesi, la “graniticità” della posizione atlantica è stata fondamentale per non indebolire il fronte della resistenza ucraina. Mostrare al mondo ciò che evidentemente c’è (la consapevolezza che la soluzione militare al problema non esista, per farla breve), non è solo un problema di forma, ma di sostanza, proprio per il ruolo che giocano propaganda e informazione nel conflitto russo – ucraino. Peraltro, come fatto notare dall'opposizione, questa della "via d'uscita politica" al conflitto non è mai stata la posizione ufficiale del governo italiano e non è mai entrata nelle mozioni approvate dalla maggioranza in Parlamento.

Inoltre, c'è evidentemente un ragionamento da fare su credibilità e affidabilità dell'Italia. Per mesi abbiamo assistito alla martellante comunicazione della maggioranza su quanto forte e rispettata fosse Meloni nel consesso internazionale, su come gli altri leader avessero dovuto prendere atto dell'ineluttabilità del cambiamento impresso all'Europa intera sulla questione migratoria, su cosa avesse rappresentato per la politica estera del nostro Paese la vittoria elettorale del centrodestra. Sono bastati pochi minuti al telefono con un comico russo per svelare quanto in realtà l'Italia sia isolata, con la Presidente costretta a chiedere informazioni sulla Francia a uno sconosciuto diplomatico africano. E sempre in poche battute è emersa la debolezza intrinseca del nostro Paese, dall'ammissione delle grandi difficoltà nel convincere gli altri leader europei ad abbracciare la nostra linea su gestione dei migranti e sull'ormai leggendario e fantomatico piano Mattei (per cui in manovra non ci sono che briciole).

Lo scherzo del finto diplomatico e le parole di Meloni sulla Francia

Un piccolo inciso meritano le parole sui francesi e su Macron. Sarebbe davvero interessante chiedere alla Presidente del Consiglio il senso delle sue considerazioni su quello che dovrebbe essere il principale partner europeo e un alleato fondamentale nella gestione delle grandi crisi del nostro tempo. Nel colloquio con il diplomatico africano dall'evidente accento russo, in effetti, Meloni si lascia andare a passaggi che sfiorano il complottismo di bassa lega e che si collocano sul crinale del "vittimismo spinto", che pare essere la sua unica cifra comunicativa. Dopo aver dimenticato di invitare la Francia alla conferenza sui migranti di Roma e più o meno avallato un'incredibile campagna di stampa contro l'Eliseo, è preoccupante rilevare quanto Meloni sia davvero convinta che Macron e il governo francese siano i principali responsabili della crisi migratoria che interessa il nostro Paese. Ed è ugualmente mortificante sentire il modo in cui si lamenta delle istituzioni europee, come se stesse partecipando a un talk show o a un comizio elettorale. Al finto diplomatico racconta un mondo che non esiste, in cui l'Italia non ha colpe né responsabilità, ma è vittima delle macchinazioni, dei ritardi e della lentezza delle istituzioni europee.

Quello che emerge, insomma, è un livello basico e superficiale nell'approccio al problema (le vicende libiche, tunisine e nigerine trattate con superficialità imbarazzante…), che non lascia presagire nulla di buono per i mesi a venire.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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