Una vita blindata, 16 anni dopo le minacce a Saviano è arrivata la sentenza: il nuovo episodio di “Nel Caso Te Lo Fossi Perso”

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La sentenza di Appello della Corte di Roma ha confermato quella di primo grado: un anno e mezzo per il capoclan dei Casalesi Francesco Bidognetti – che è già detenuto, in regime di carcere duro, dal 1993 – e un anno e due mesi per il suo legale, l’avvocato Michele Santonastaso. Al centro di questo processo ci sono delle minacce pronunciate in un altro processo ormai 17 anni fa. Era il 2008: a Napoli era in corso il maxiprocesso Spartacus, quello appunto al clan dei Casalesi.
Alla sbarra ci sono oltre cento persone, accusate di essere affiliate al clan. Tra loro anche il boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. La fase di appello sta per terminare quando l’avvocato Santonastaso legge in aula un documento. Una lettera scritta insieme a Bidognetti. Sta portando avanti una richiesta di ricusazione della Corte: in parole semplici sta chiedendo di spostare il processo, di cambiare i giudici perchè – dice – si starebbero facendo influenzare dal libro Gomorra, di Saviano appunto, e dagli articoli che Capacchione pubblicava sul Mattino.
Subito scatta l’allerta. Non era una richiesta burocratica per oggettivi dubbi sull’imparzialità dei giudici. No, era una minaccia gravissima, un’intimidazione. In quel momento l’avvocato stava puntando il dito contro i responsabili delle condanne che sarebbero arrivate. Stava dicendo che se Bidognetti e gli altri affiliati ai Casalesi fossero finiti in carcere, la colpa era di Saviano e Capacchione. Erano minacce aggravate dalla finalità mafiosa. Parte un altro processo, che dopo alcuni anni si sposta a Roma. Capacchione viene messa sotto scorta. Per Saviano vengono rafforzate le misure di sicurezza: era già sotto scorta da un paio d’anni, dal 2006, per le minacce ricevute dopo la pubblicazione di Gomorra, ma da quel momento le cose cambiano. Aumentano gli agenti che lo seguono, i protocolli sono incredibilmente stringenti.
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