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Il caso Sgarbi

“Un covo di affaristi”: le accuse dell’ex collaboratore di Sgarbi e la versione del sottosegretario

“Non ne potevo più di vedere gli uffici del ministero ridotti a un covo di affaristi pronti a piegare l’istituzione pubblica a interessi privati”: l’ex collaboratore di Vittorio Sgarbi, Dario Di Caterino, racconta nuovi elementi sul caso delle consulenze d’oro al Fatto Quotidiano. Il sottosegretario, da parte sua, smentisce tutto.
A cura di Annalisa Girardi
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L'ex social media manager di Vittorio Sgarbi, che circa un mese fa aveva denunciato il caso delle consulenze d'oro del sottosegretario alla Cultura, rivela nuovi dettagli al Fatto Quotidiano e a Report, sottolineando di essere a disposizione dei pm. Il suo nome è Dario Di Caterino e al quotidiano racconta: "Non posso fare la morale a nessuno, ho fatto errori, ma non ne potevo più di vedere gli uffici del ministero ridotti a un covo di affaristi pronti a piegare l'istituzione pubblica a interessi privati".

Di Caterino accusa Sgarbi di essere stato "lautamente pagato" per un ufficio pubblico, ma di aver fatto "tutt'altro per procacciare soldi e mantenere lo stile di vita che garantisce da anni al proprio entourage". Il rapporto di lavoro tra i due, secondo quanto racconta l'ex manager, sarebbe iniziato nei primi mesi del 2022, all'epoca della candidatura alle amministrative con "Io Apro", diventato poi "Io Apro Rinascimento" alla fusione con il movimento guidato da Sgarbi.

Le accuse dell'ex manager

Una collaborazione andata avanti fino al 9 ottobre 2022, quando Di Caterino è finito ai domiciliari per "alcune vicende giudiziarie per le quali provavo un profondo malessere", di cui il sottosegretario sarebbe stato all'oscuro. All'inizio del 2023, secondo quanto ricostruito dal Fatto Quotidiano, il rapporto è ripreso e in aprile l'ex manager ha accettato un patteggiamento "per continuare a lavorare con Vittorio, impossibile con l'obbligo di firma". Si arriva così al 25 settembre scorso: "Avevo un accordo con Sabrina Colle per ricevere una parte dei proventi maturati dalla gestione dei canali social di Vittorio tramite la sua società Hestia. Li ho richiesti più volte, mai ricevuti".

Sui compensi legati alle attività extra ministeriali di Vittorio Sgarbi, invece, l'ex manager parla di "buste in contanti" consegnate a mano, dietro direttiva della compagna del critico d'arte e Nino Ippolito, il suo capo di segreteria. Proprio in riferimento a Ippolito, Di Caterino racconta anche dei sopralluoghi per le valutazioni, negati da Sgarbi in quanto incompatibili con l'incarico governativo. "Sono concordati da dentro il ministero, dal capo segreteria", afferma l'ex manager, aggiungendo che "Ippolito risponde a chi chiede valutazioni specificando che l'attività riguarda l'aspetto professionale di Vittorio Sgarbi a pagamento, diviso in due fasi, la presa visione in loco e l'expertise vera e propria che si pagherà dopo, stabilendo un compenso a parte". Sulle tariffe, Di Caterino parla di non meno di 3.500 euro per una conferenza; 5 mila per uno spettacolo teatrale; 4 mila per la prefazione di un libro.

La smentita di Sgarbi

Il sottosegretario, da parte sua, ha definito l'ex manager come un "corvo". E dopo l'ultimo articolo del Fatto Quotidiano ha scritto in una nota:

Utilizzando le menzognere “rivelazioni” di un pregiudicato, Dario Di Caterino, da me cacciato dopo avere scoperto che aveva finto un coma per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, “Il Fatto Quotidiano” continua una violenta campagna diffamatoria contro di me e i miei collaboratori. Vengono riportate ricostruzioni totalmente infondate, costruite su presupposti falsi, con il solo fine di delegittimare la mia persona.

Sgarbi ha raccontato di aver collaborato con Di Caterino a due campagna elettorali e ha smentito che fosse il suo social media manager: "Nessuno gli ha mai dato questo ruolo. Così come nessuno lo ha mai delegato a fare il “manager”, ruolo che, a mia insaputa, ha millantato".

Sul motivo della rottura, invece, ha spiegato:

Il Di Caterino è stato allontanato quando si è scoperto che, per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, ha finto, con la complicità della madre, di essere stato ricoverato in coma a Perugia.

Oggi confessa sul giornale di essere stato lui l’autore della violazione degli account di posta elettronica in uso alla mia segreteria, e dunque l’autore della lettera anonima inviata lo scorso 19 ottobre a giornali, tv e organi istituzionali contenente tutta una serie di diffamazioni per le quali sono state presentate diverse denunce.

Sgarbi ha ribadito la sua posizione, affermando che "le conferenze, come tutte le attività legate al diritto d’autore, sono pagate regolarmente con fatture che distinguono, in linea di principio, l’espressione del libero pensiero da qualunque attività istituzionale". E ha definito una "grave diffamazione" la menzione di "buste in nero". Infine, il sottosegretario ha negato di aver realizzato alcuna perizia da quando è in carica, precisando che i sopralluoghi – anche in case private – sono "normali attività dello storico dell'arte".

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