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News sul caso Daniela Santanchè

Tutte le accuse a Daniela Santanchè, cosa è successo e perché si è aperto un caso politico

La ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata per falso in bilancio e per truffa ai danni dell’Inps. In entrambi i casi le accuse riguardano il gruppo Visibilia, e nelle prossime settimane potrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio. Il Parlamento domani discuterà una nuova mozione di sfiducia nei suoi confronti.
A cura di Luca Pons
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Daniela Santanchè, ministra del Turismo nel governo Meloni, è al centro di un caso politico che ha visto buona parte delle opposizioni chiedere le sue dimissioni con una mozione che sarà discussa domani, 3 aprile. A far scoppiare la polemica era stata un'inchiesta di Report pubblicata lo scorso anno. Nella puntata andata in onda il 19 giugno 2023, la trasmissione aveva raccolto le testimonianze di alcuni dipendenti di Visibilia, il gruppo fondato da Santanchè, e Ki Group, un'azienda di cui la ministra è stata socia.

Le accuse giornalistiche nei confronti di Santanchè riguardavano una presunta gestione irresponsabile delle società in questione. Ki Group avrebbe accumulato debiti con i fornitori, mettendo anche in forte difficoltà alcuni di questi, e avrebbe licenziato alcuni dipendenti senza riconoscergli il trattamento di fine rapporto. Per due filoni d'inchiesta legati al gruppo Visibilia, invece, oggi la ministra è indagata dalla procura di Milano con due ipotesi di reato: falso in bilancio e, come emerso poche settimane fa, truffa ai danni dell'Inps. Insieme a lei nel registro degli indagati in entrambi i casi c'è anche il compagno Dimitri Kuntz D'Asburgo. Si era parlato anche dell'ipotesi di bancarotta, che però è rimasta in sospeso e potrebbe cadere.

L'indagine per falso in bilancio e bancarotta legata al gruppo Visibilia

A dare il via al caso politico e mediatico era stata un'inchiesta di Report (Rai 3), intitolata "Open to fallimento". L'inchiesta, firmata da Giorgio Mottola, aveva indagato sulle attività imprenditoriali della ministra, per quanto riguarda il gruppo Visibilia e la società Ki Group. Negli anni la gestione contabile del gruppo Visibilia (che raccoglie quattro società distinte, e in cui Santanchè è stata socia di maggioranza fino all'inizio del 2022) sarebbe stata poco trasparente. Ci sarebbero state varie operazioni registrate in modo irregolare destinate a dare nuova liquidità al gruppo. Queste non avrebbero funzionato, e così sarebbe arrivata una crisi contabile definitiva.

L'ipotesi di falso in bilancio riguarda la società Visibilia Editore per gli anni dal 2016 al 2022. L'indagine si era aperta a fine 2022, in seguito a un esposto dei soci di minoranza. La ministra Santanchè è indagata, e già nelle prossime settimane dovrebbero arrivare delle novità che permetteranno di capire se la Procura intenda chiedere il rinvio a giudizio.

Si parlava anche dell'ipotesi di un'accusa per bancarotta, ma questa al momento sembra destinata a non concretizzarsi. Infatti, a fine 2022 la Procura di Milano aveva presentato un'istanza di liquidazione giudiziale per tutte e quattro le società del gruppo, ma per due era stata poi ritirata, una sembrava in una situazione migliore del previsto e l'ultima (Visibilia Srl) aveva trovato un accordo con il Fisco per saldare il proprio debito. Da allora non ci sono più stati aggiornamenti sull'indagine, e sembra possibile che saldando il debito l'ipotesi di bancarotta sia esclusa.

Santanchè aveva reso conto delle sue attività in una informativa in Senato a luglio dello scorso anno, negando di essere a conoscenza di qualunque indagine. Una prima mozione di sfiducia era stata respinta dall'Aula poche settimane dopo.

L'accusa di truffa ai danni dell'Inps

In questo contesto, durante la pandemia alcuni dipendenti di Visibilia Editore sarebbero stati messi in cassa integrazione a loro insaputa. Questo riguarda il secondo filone d'indagine, in cui la ministra è indagata per truffa ai danni dell'Inps. La società avrebbe messo diversi lavoratori in cassa integrazione Covid a zero ore senza avvisarli. Questi non avrebbero avuto l'obbligo di lavorare, ma avrebbero continuato a farlo mentre l'azienda riceveva i contributi statali per pagarli.

La cassa integrazione Covid era una misura lanciata dal governo Conte per venire incontro alle aziende che si trovavano in difficoltà per la pandemia. Lo Stato copriva i costi della cassa integrazione per i lavoratori, che così restavano a casa. Secondo la Procura di Milano, invece, tredici dipendenti di Visibilia Editore avrebbero continuato a lavorare, venendo pagati però con fondi pubblici. Così, lo Stato avrebbe pagato circa 126mila euro a seguito della truffa.

La notizia della chiusura delle indagini ha riacceso le proteste delle opposizioni, che hanno chiesto le sue dimissioni. La ministra, che in Senato aveva detto che la dipendente che aveva denunciato la situazione non aveva "più messo piede dentro l'azienda" dopo l'inizio della cassa integrazione, ha fatto sapere che non sta valutando di lasciare il suo incarico. Tuttavia, la pressione politica potrebbe diventare ancora più forte se arrivasse un rinvio a giudizio. Il 3 aprile sarà discussa la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni, ma al momento la ministra mantiene l'appoggio politico da parte dei partiti di maggioranza, soprattutto di Fratelli d'Italia.

La villa di lusso comprata e rivenduta in un'ora

Un altro caso, che però non riguarda Santanchè in modo diretto e non è stato citato dalle opposizioni tra i motivi per cui la ministra dovrebbe dimettersi, è quello della compravendita di una villa in Versilia, a Forte dei Marmi. A quanto risulta, Laura De Cicco (moglie di Ignazio La Russa) e Dimitri Kunz D'Asburgo (compagno di Santanchè) comprarono la villa nel gennaio del 2023 per 2 milioni e 450mila euro. La rivendettero, appena un'ora dopo, a per 3 milioni e 450mila euro, con una plusvalenza da un milione di euro.

Comprare e rivendere una villa, naturalmente, non è un reato. Le due persone coinvolte hanno assicurato che tutto è avvenuto alla luce del sole e in completa trasparenza. Tuttavia, la Guardia di Finanza ha sollevato l'ipotesi che si sia trattato di riciclaggio. Un'indagine è stata aperta, ma non si conoscono i nomi delle persone indagate.

Le accuse sulla gestione della società Ki Group

Le accuse giornalistiche nei confronti di Santanchè che sono passate in secondo piano dal punto di vista politico, perché al momento non hanno avuto un seguito sul piano giudiziario, riguardano invece l'azienda di alimentare biologico Ki Group. L'accusa è che di fronte ai debiti di Ki Group Spa sarebbe stata creata un'altra azienda, Ki Group Srl. La vecchia azienda avrebbe tenuto milioni di euro di debiti con dei fornitori, e nel passaggio tra le due sarebbero avvenuti diversi licenziamenti senza il pagamento del trattamento di fine rapporto.

Alcuni ex dipendenti hanno detto di aver avuto contatti diretti con la ministra Santanchè in quel periodo per quanto riguardava i pagamenti e non solo, mostrando gli screenshot di telefonate e riunioni online. Durante la sua informativa in Senato, lo scorso luglio, Santanchè ha poi negato e ha detto di non aver avuto potere decisionale in Ki Group, dato che possedeva solo il 5% delle azioni. In una puntata successiva, Report ha poi afferamto che invece la ministra nel 2013 aveva quai il 15% delle azioni di Bioera, la società che controllava Ki Group. Tramite un accordo con Canio Mazzaro, ex marito, avrebbe poi esercitato un controllo vero e proprio dell'azienda. E Bioera avrebbe finanziato a sua volta il gruppo Visibilia con 1,3 milioni di euro.

Il caso delle multe con la Maserati

Un aspetto meno centrale nelle accuse rivolte alla ministra Santanchè riguarda anche il mancato pagamento di alcune multe, negli scorsi anni. Il Fatto quotidiano aveva riportato che dal 2015 al 2019 una Maserati presa in leasing dalla ministra avrebbe ricevuto 462 accertamenti, la maggior parte per l'ingresso in Ztl. Ci sarebbero state anche 43 multe per divieto di sosta non pagate. In Senato, Santanchè aveva poi dato la sua versione dei fatti: si sarebbe trattato di multe "di competenza dell'Arma dei carabinieri", perché la Maserati in questione sarebbe stata data "in comodato gratuito per non gravare sulle auto di scorta di proprietà statale".

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