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Opinioni

Stereotipi sessisti, divario salariale e molestie: il lato oscuro del mondo del lavoro per le donne

La violenza contro le donne non si manifesta solamente negli episodi più espliciti, come la violenza fisica e i drammatici episodi di femminicidio, ma è un fenomeno che prende anche forme molto più sottili e pervasive all’interno della società. Dagli stereotipi che pensano al successo lavorativo come a un obiettivo prettamente maschile al divario occupazionale tra uomini e donne.
A cura di Tortuga
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Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Come riportato dall’Ocse, in Italia quasi il 20% delle donne ha subito almeno una volta nella vita violenza fisica o sessuale da un conoscente intimo. Ma la violenza non si manifesta solamente negli episodi più espliciti, come la violenza fisica e i drammatici episodi di femminicidio, ma è un fenomeno che prende anche forme molto più sottili e pervasive all’interno della società, che sono pertanto più difficili da riconoscere e combattere.

Forme di violenza meno visibili sono per esempio gli atteggiamenti controllanti o svalutatori che creano un contesto in cui le donne faticano a emanciparsi ed emergere. A ciò si unisce la difficoltà di ottenere opportunità realmente pari a quelle che possono avere gli uomini, in termini sia prettamente lavorativi che di bilanciamento tra vita privata e lavoro. Per capire quanto questi stereotipi siano radicati possiamo affidarci ai dati Istat.

Nel 2019, all’interno di un questionario, un terzo degli intervistati si dichiarava convinto che il successo lavorativo fosse maggiormente importante per gli uomini che per le donne e una percentuale di poco inferiore sosteneva che le donne sono più adatte a occuparsi delle faccende domestiche rispetto agli uomini. Nei paesi Ocse, inoltre, quasi il 30% della popolazione pensa che i figli possano soffrire se la propria madre lavora fuori casa. Tutto ciò genera delle barriere complesse da vedere e da affrontare, in parte proprio per la profondità con cui vengono interiorizzate.

Da ciò deriva per esempio una ripartizione del tempo molto differente, con le donne che, all’ultima rilevazione Istat sull’uso del tempo, dichiaravano di dedicare quasi il triplo del tempo al lavoro familiare rispetto a quello destinatovi dagli uomini. Sembra esserci una leggera convergenza verso la parità, visto che rispetto alle precedenti rilevazioni le ore spese dagli uomini nel lavoro familiare sono aumentate e quelle delle donne diminuite, ma si tratta comunque di un processo molto, troppo lento.

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Gli elementi culturali che non permettono alle donne di approcciarsi liberamente al mondo del lavoro sono ancora radicati. Non è quindi sorprendente come il tasso di occupazione femminile in Italia sia tra i più bassi d’Europa; solamente il 55,2% delle donne fra i 20 ed i 64 anni lavora, ben 20 punti percentuali in meno rispetto agli uomini. Inoltre, anche una volta entrate nel mercato del lavoro, le donne non hanno davanti le stesse prospettive.

Non solo affrontano grandi difficoltà a migliorare le loro posizioni lavorative e scontano troppo spesso salari inferiori rispetto ai loro colleghi uomini, ma rischiano di affrontare anche in questo ambito violenze e molestie. Stando alle stime di Istat, quasi una donna lavoratrice su due ha subito molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Questo dato rischia inoltre di essere una sottostima, vista la difficoltà ad ammettere di aver subito violenze e a tratti anche a riconoscere cosa sia una violenza, quando sottile.

Oltre alle conseguenze mentali e fisiche, la violenza contro le donne ha degli effetti negativi e duraturi sulle loro carriere. Come mostra la ricercatrice Caroline Coly, le donne che sono state vittime di violenza cercano velocemente di cambiare luogo di lavoro finendo in posti che offrono loro uno stipendio inferiore, contribuendo così al divario salariale fra uomini e donne. Inoltre, poiché è difficile misurare il rischio di essere vittime di violenza dall’esterno, spesso il nuovo posto di lavoro non è più sicuro di quello precedente.

Si crea in questo modo una doppia penalità per le donne vittime di violenza: non solo finiscono per spostarsi verso luoghi di lavoro che pagano meno, ma potenzialmente si troveranno ad affrontare una cultura aziendale nei confronti della violenza di genere che non è migliore di quella precedente.

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Per tutti questi aspetti, è necessario fare informazione in modo diffuso e sistematico per instaurare un cambiamento culturale che renda inaccettabile per tutti e tutte la violenza di genere. Come si è detto, le forme di violenza sono molte, più o meno visibili. Per questo è fondamentale riconoscere e non tollerare anche le forme più sottili di violenza. Creare un sistema Paese più inclusivo, in cui tutte e tutti possano veder realizzate le proprie aspirazioni senza rischiare di subire violenza, avrebbe dei benefici non solamente per le donne, ma per l’intera società.

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Tortuga è un think-tank di studenti, ricercatori e professionisti del mondo dell'economia e delle scienze sociali, nato nel 2015. Attualmente conta 56 membri, sparsi tra Europa e il resto del mondo. Scriviamo articoli su temi economici e politici, e offriamo alle istituzioni, associazioni e aziende un supporto professionale alle attività di ricerca o policy-making. Nel 2020 è uscito il libro "Ci pensiamo noi".
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