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“Senato vuole ridurre controlli e trasparenza sull’export di armi”: la denuncia di Rete pace e disarmo

Gli emendamenti approvati al decreto con cui il governo vuole modificare la normativa per l’export di armi “indeboliscono controllo e criteri di autorizzazione, rigettando le proposte di miglioramento della società civile e ignorando le norme internazionali”. È la denuncia della Rete pace e disarmo.
A cura di Annalisa Girardi
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Alcuni mesi fa il governo ha iniziato a mettere mano alla legge sull'esportazione delle armi, con l'obiettivo di semplificare le procedure e rendere la normativa "più rispondente alle sfide derivanti dall'evoluzione del contesto internazionale". Il disegno di legge – che modifica la 185 del 1990 – si trova in commissione Esteri e Difesa del Senato, dove sono stati approvati degli emendamenti che – secondo la Rete italiana pace e disarmo – "indeboliscono controllo e criteri di autorizzazione, rigettando le proposte di miglioramento della società civile e ignorando le norme internazionali". Non solo, secondo la Rete "con questa nuova norma verrebbe notevolmente ridotta la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento, eliminando tra l'altro le informazioni sugli incassi finanziari per le vendite all'estero".

Le informazioni che attualmente finiscono nella Relazione annuale sull'export di materiale militare, e che quindi ora possono essere consultate dal Parlamento e dall'intera società civile, verrebbero sottratte da questo controllo. "Particolarmente negativo è l’emendamento proposto dalla Relatrice volto ad eliminare ogni informazione riguardo agli Istituti di credito operativi nel settore dell’import/export di armamenti. I correntisti non sapranno più dalla Relazione quali sono le banche, nazionali ed estere, che traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, in particolare verso Paesi autoritari o coinvolti in conflitti armati": sono le parole di Giorgio Beretta, dell’Osservatorio OPAL.

L'attacco dell'opposizione

"Il blitz della maggioranza è di una gravità inaccettabile perché di fatto introduce il segreto bancario sulle transazioni per la vendita di armi all’estero, cancellando con un tratto di penna dalla Relazione annuale al Parlamento il capitolo sulle attività bancarie. Il governo non vuole che si sappia quali banche hanno finanziato questi commerci, il che è esattamente quanto chiesto in audizione dalla lobby dei produttori di armi – l'Aiad che presiedeva Crosetto – per eliminare lo stigma pubblico di ‘banca armata' che ha diminuito la propensione al credito degli istituti", ha commentato – in un colloquio con Il Fatto Quotiano – il senatore M5s Bruno Marton, parlando di uno degli emendamenti della maggioranza.

Gli emendamenti presentati dall'opposizione sono stati invece bocciati. "Noi chiedevamo maggiore trasparenza nella relazione annuale sulle attività bancarie ma la nostra richiesta è stata bocciata, così come le altre nostre proposte emendative che mirano a rafforzare il controllo parlamentare e i paletti normativi, come il recepimento del trattato Onu sul commercio di Armi (Att) ratificato dall’Italia nel 2014 e il divieto di export anche in presenza di gravi violazioni del diritto umanitario formalmente denunciate dalle istituzioni internazionali anche se non ancora accertate", ha aggiunto Marton.

Le esportazioni di armi

Secondo Rete pace e disarmo le modifiche alla normativa arrivano dopo anni di pressioni fatte dall'industria militare. "Un puro e semplice “regalo” agli interessi armati, in direzione contraria ai principi delle norme nazionali ed internazionali", commentando gli attivisti, ricordando che oggi sistemi d'arma italiani continuano a essere "inviati in decine di situazioni di conflitto, di violazione diritti umani, di presenza di regimi autoritari come invece sarebbe e espressamente vietato dalle norme in vigore".

Ridurre l'attenzione in nome della competitività strategica dell'industria italiana rischia di non fare altro che rendere ancora più opache le esportazioni di materiale militare. Rete pace e disarmo quindi conclude: "Come eredi della grande mobilitazione della società civile che aveva portato all’approvazione di questa norma non permetteremo che i profitti di sistemi d’arma che alimentano guerre e militarizzazione vengano considerati più importanti del rispetto dei diritti umani, della vita delle popolazioni e degli sforzi di costruzione della Pace".

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