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Global Sumud Flotilla

Sciopero generale per la Global Sumud Flotilla: il ministro Salvini ha torto anche stavolta

Ancora una volta, con una nota del Mit, il leader della Lega minaccia la precettazione, trascurando il ruolo della Commissione di garanzia, ignorando la proclamazione entro i termini e dimostrando ancora una volta un inquietante disprezzo per gli strumenti di pressione democratica.
A cura di Roberta Covelli
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Dopo le minacce, i droni e le prediche, è arrivato il fermo per la Global Sumud Flotilla, con il blocco israeliano (illegittimo) in acque internazionali. Le reazioni, già annunciate, non si sono fatte attendere: i manifestanti hanno occupato la stazione centrale di Napoli e cortei spontanei hanno animato diverse città. Altri tre sindacati, USB, CUB e CGIL, hanno proclamato lo sciopero generale e il ministero dei Trasporti ha emesso immediatamente una nota: il ministro Salvini starebbe valutando la precettazione. E spiega: "L'orientamento della Commissione di garanzia per gli scioperi, infatti, ha già stabilito che la motivazione addotta dai sindacati non rientra nei casi che giustificano il mancato preavviso". Ma è davvero così? Non proprio. Ancora una volta, sullo sciopero, Salvini ha torto. Vediamo perché.

La procedura di emergenza prevista dalla legge sui servizi pubblici essenziali

L’unico sciopero che in Italia abbia una regolamentazione è quello che riguarda i servizi pubblici essenziali, disciplinato dalla legge 146/1990. Sebbene infatti tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori abbiano il diritto di scioperare, quando l’attività che svolgono tocca anche i diritti altrui sono previste delle procedure specifiche per garantire il bilanciamento tra le varie posizioni. Così, ad esempio, nell’ambito della sanità, dei trasporti, dei servizi anagrafici, dell’istruzione lo sciopero deve essere proclamato con un certo anticipo e bisogna rispettare diverse regole. Ieri sera, però, quando le barche della Global Sumud Flotilla sono state abbordate, CGIL, CUB e USB hanno annunciato l’astensione dal lavoro per venerdì 3 ottobre, con poco più di ventiquattro ore di anticipo, un preavviso insufficiente rispetto a quello di dieci giorni prescritto dalla legge.

È però la stessa legge 146/1990 a prevedere un’eccezione, all’ultimo comma dell’articolo 2, con la deroga delle regole sul preavviso nel caso di "astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori". Le sigle sindacali si appellano proprio a questa previsione, sostenendo che l’attacco alla Global Sumud Flotilla e, soprattutto, l’atteggiamento del governo italiano nei suoi confronti, integrino questa fattispecie di emergenza, per la quale il preavviso non è richiesto.

S.I. Cobas aveva già proclamato lo sciopero entro i termini

Ma ammettiamo pure che Salvini abbia ragione nel considerare l’orientamento restrittivo: in tal caso, non sarebbe una questione di ordine costituzionale il fatto che il governo italiano, nonostante le minacce alla Global Sumud Flotilla, non abbia nemmeno convocato l’ambasciatore israeliano a tutela dei propri cittadini impegnati nella missione. Ma, anche se questa lettura fosse ragionevole, non è vero che lo sciopero è stato proclamato senza preavviso.

Per il 3 ottobre, infatti, lo sciopero generale era già stato indetto da S.I. Cobas, con i tempi corretti previsti dalla legge. Non solo: la Commissione di Garanzia si era già espressa, segnalando alcune criticità legate alla rarefazione, cioè alla necessità di non concentrare troppe astensioni nello stesso periodo e nello stesso settore. E il sindacato aveva accolto quelle osservazioni, adeguandosi.

Questo significa che lo sciopero del 3 ottobre è perfettamente valido e regolare: non è stato inventato all’ultimo momento, ma si innesta su una mobilitazione già proclamata e preavvisata nei termini. In altre parole, la cornice legale c’è, ed è già stata vagliata dall’autorità competente.

I precedenti di Salvini contro il diritto di sciopero

Non è certo la prima volta che Salvini trascura l’attività della Commissione di garanzia e prova a usare la precettazione come manganello politico contro il diritto di sciopero. In questi tre anni di governo, il leader della Lega ha più volte abusato di questo potere. La precettazione è infatti un atto eccezionale che viene adottato o su segnalazione della Commissione di garanzia o, nei casi di necessità e urgenza, direttamente dal ministro di volta in volta interessato, ma solo qualora ci sia un "pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati conseguente all’esercizio dello sciopero".

Nei casi in cui Salvini aveva ridotto gli scioperi, la Commissione non aveva segnalato rischi immediati per i diritti delle persone tali da giustificare un atto simile, che rappresenta comunque una compressione della libertà sindacale e che quindi deve essere un'eccezione.

La forzatura dello strumento da parte di Salvini non è certo un’opinione politica, ma è stata dichiarata giuridicamente: l’anno scorso il TAR del Lazio ha sospeso un’ordinanza di precettazione del ministro, riconoscendo l’illegittimità del provvedimento e certificando l’abuso dello strumento, che mette in pericolo il diritto di sciopero.

Lo sciopero è la voce di chi non ha voce, il sale della democrazia

Questo abuso è particolarmente grave se si considera che lo sciopero è considerato un istituto qualificante della nostra democrazia: sotto il fascismo lo sciopero era addirittura un delitto, ora è invece un diritto, che deve essere garantito.

E, sia chiaro a Salvini come a chi si lamenterà dei blocchi, lo sciopero non è un capriccio dei sindacati, né un fastidio da contenere con ordinanze ministeriali: è un diritto individuale a esercizio collettivo, che acquista forza proprio perché viene praticato in massa ma che ciascun lavoratore può esercitare per sé, scegliendo di astenersi dal lavoro (perdendo la relativa retribuzione) per esprimere una posizione. Non serve essere iscritti a un sindacato per scioperare: basta condividere la causa e rifiutarsi di lavorare. È questo che lo rende uno strumento così potente e, insieme, così temuto dalla politica.

Ridurre lo sciopero a un cavillo procedurale significa ignorare la sua funzione reale: dare voce a chi non ne ha, costruire un contropotere che obbliga chi governa a confrontarsi con le proprie responsabilità. Se oggi ci troviamo di fronte al secondo sciopero generale in due settimane, non è certo perché lavoratrici e lavoratori sono diventati improvvisamente indisciplinati, ma perché avvertono l’assenza di un governo in grado di fare il proprio dovere a tutela di italiani che hanno portato avanti una missione umanitaria e politica. Non ci sarebbe stato bisogno della Global Sumud Flotilla, né di un altro sciopero generale, se la comunità internazionale, di cui il governo italiano fa parte, avesse assunto una posizione chiara e umana sul genocidio in atto a Gaza. Lo sciopero, insomma, è una protesta legittima e necessaria contro l’ignavia istituzionale. E se Salvini vuole davvero meno scioperi, la risposta non è la precettazione, ma la politica.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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