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Scandalo Vaticano, arrestato broker Gianluigi Torzi: estorti 15 mln a Santa Sede, spariti 300 mln

Per i magistrati vaticani si tratta del più grande scandalo finanziario che si sia mai verificato Oltretevere. La vicenda ruota attorno all’imprenditore molisano Gianluigi Torzi, arrestato oggi con l’accusa di peculato, estorsione, truffa aggravata, autoriciclaggio. L’uomo avrebbe estorto alla Segreteria di Stato vaticana 15 milioni di euro.
A cura di Annalisa Cangemi
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Gianluigi Torzi, il finanziere di Termoli trapiantato a Londra, coinvolto nello scandalo della compravendita dell'immobile londinese di Sloane Avenue, è stato arrestato oggi dalla Gendarmeria vaticana, ed è ora detenuto nei locali della Caserma del Corpo della Gendarmeria. Lo comunica la Sala Stampa della Santa Sede. L'Ufficio del Promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, dopo averlo interrogato, ha spiccato nei suoi confronti mandato di cattura.

Il provvedimento, firmato dal Promotore di Giustizia, Gian Piero Milano, e del suo Aggiunto, Alessandro Diddi, è stato emesso nell'ambito delle indagini collegate alla compravendita dell'immobile, un antico magazzino di Harrods nell'esclusivo quartiere di Chelsea, a due passi dallo snodo della Tube di South Kensington. Come ha ricostruito Adnkronos nella sua esclusiva, l'edificio sarebbe stato acquistato dalla Segreteria di Stato Vaticana nella capitale britannica a un prezzo triplicato rispetto al valore iniziale.

All'imputato vengono contestati vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati per i quali la Legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione.

"Non sono autorizzata a dire nulla in questo momento. Posso solo dire che il mio assistito è stato fermato per fare delle verifiche di carattere istruttorio, quindi è in stato di fermo", ha detto all'Adnkronos l'avvocato Ambra Giovene, che assiste il broker italo londinese.

"Questo è quello che mi è stato riferito. Sono necessari degli accertamenti istruttori, sulla base di quelli che sono gli elementi in possesso del Promotore di giustizia del Vaticano. Non ho elementi in più, in questo momento, perché è una cosa che è successa un'ora fa e ho bisogno di parlare con il mio cliente, prima di poter valutare quelli che siano gli elementi utili per una informazione corretta".

La vicenda

Tutto avveniva a insaputa di Papa Francesco: fiumi di denaro, e non per finanziare opere di bene per i poveri, ma per un giro di affari che nulla hanno a che fare con le finalità con cui è nato l'Obolo di San Pietro. Questo, come hanno ricostruito gli inquirenti, è stato utilizzato per operazioni speculative, e non, come dovrebbe, per il sostegno delle attività caritatevoli. La vicenda è molto intricata e il bilancio per la Santa Sede è pesantissimo: si parla di un buco da almeno 300 milioni, secondo i magistrati si tratta del più grande scandalo finanziario mai verificatosi Oltretevere.

A vendere al Vaticano l'edificio si trova al civico 60 di Sloane Avenue, a due passi dalla Galleria Saatchi e dalla fermata di Sloane Square, dove passano sia la District che la Circle Line della Underground londinese, era stato il finanziere Raffaele Mincione. La Segreteria di Stato non ha acquistato direttamente le mura, ma ha sottoscritto le quote di un fondo che faceva capo a Mincione, Athena Capital Commodities Fund. La vicenda è stata ricostruita in anteprima dall'AdnKronos.

All'epoca dell'operazione a capo della sezione Affari generali della Segreteria c'era monsignor Angelo Becciu. E qui, secondo la magistratura vaticana, come ha scritto Adnkronos, sta la prima anomalia: quel fondo veniva finanziato con i denari dell'Obolo di San Pietro.

Anche se l'immobile è evidentemente di pregio, secondo le accuse il Vaticano nell'affare avrebbe perso parecchi soldi. Quella somma, che in teoria avrebbe dovuto essere messa al sicuro nel mattone, sarebbe invece finita a finanziare, sempre secondo le accuse, una serie di operazioni che facevano capo a Mincione, tra cui la sottoscrizione di un bond emesso dalla lussemburghese Time and Life Sa (anch'essa facente capo a Mincione) e l'acquisizione di azioni della Bpm.

Le quote del fondo sottoscritto dalla Segreteria di Stato al 30 settembre 2018 avevano già perso 18 milioni di euro rispetto al valore dell'investimento iniziale. Ma la perdita per le finanze vaticane sarebbe ben più consistente. Oltre ai 18 milioni persi per il deprezzamento delle quote del fondo, la Santa Sede ha infatti versato a Mincione altri 40 milioni di euro, al fine di acquisire una buona volta l'intera proprietà del palazzo. Neanche questa transazione, peraltro oggetto di speciale attenzione da parte degli inquirenti vista la grande sproporzione tra il valore dell'immobile (gravato da un mutuo oneroso) e il prezzo corrisposto, ha risolto la questione.

Nell'ambito della transazione il finanziere Gianluigi Torzi sarebbe subentrato per fare da intermediario, e consentire così alla Santa Sede di acquisire la proprietà del palazzo. Secondo i magistrati vaticani, l'uomo avrebbe girato l'affare a suo vantaggio, riuscendo a estorcere alla segreteria di Stato ben 15 milioni di euro.

Il broker aveva conservato un pacchetto di azioni con diritto di voto di una società anonima, la Gutt Sa, coinvolta nel passaggio di mano. La Gutt ha cessato ogni attività il 5 settembre 2019 ed è stata radiata dal Registro delle Imprese lussemburghese, dopo lo scioglimento della società per volontà dell'azionista unico. Alla fine, il Vaticano ha dovuto sborsare altri 15 milioni di euro per acquisire la proprietà dell'immobile, ora in mano alla 60 Sa Ltd, iscritta alla Companies House nel marzo 2019 con una sterlina di capitale iniziale e la Segreteria di Stato come unico azionista. In tutto, secondo le accuse, la Santa Sede ha sborsato oltre 350 milioni di euro per un palazzo che la Time and Life di Raffaele Mincione aveva acquisito, nel 2012, per 129 milioni di sterline.

La replica di monsignor Angelo Becciu

Il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, ha definito "opaco" l'affare di Londra, mentre l'ex Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, si è difeso assicurando di aver sempre agito nell'esclusivo interesse della Santa Sede e ha parlato di ‘macchina del fango': "Abbiamo acceso un mutuo rispettando i fondi. Si è acceso un mutuo perché con le banche ci sembrava una occasione per fare fruttare al meglio i capitali ma l'obolo di San Pietro è rimasto lì e ha aumentato gli interessi". Quanto all'investimento nel palazzo di Londra oggetto di inchiesta, Becciu, che disse di avere parlato della cosa col Papa, spiegò che "si è investito in un palazzo. Da tempo la Santa Sede investe in palazzi. Era una occasione buona che oggi in tanti ci invidiano con la Brexit perché oggi il valore di quella casa è quasi triplicato. Il Papa deciderà se è da mantenere o da vendere ma non ci sono perdite". 

Chi è Gianluigi Torzi

Sul suo account Twitter, ancora visibile, come immagine di sfondo Torzi aveva scelto una foto di un mojito. Ora quell'account risulta inutilizzato dal 2016. Mantiene ancora le cariche nelle società di famiglia, tra cui la Microspore di Larino, in provincia di Campobasso, quotata all'Aim e attiva nei fertilizzanti minerali ed organici.

A Londra risulta amministratore in carica di ben sei società: Lh Inv Uk, Jci Credit, Vita Healthy, Lighthouse Group Investments, Artlove Uk e Jci Ib. Tutte hanno lo stesso indirizzo, il civico 33 di Bruton Place, a Mayfair, a due passi da Hyde Park. Il finanziere, che ha iniziato come broker e poi è passato all'investment banking e alla finanza corporate, è finito recentemente sui giornali, oltre che per l'affare del palazzo di Sloane Avenue, anche perché, secondo quanto ha raccontato lui stesso alla stampa, sarebbe stato contattato da Vincenzo De Bustis nel dicembre 2018 affinché curasse il collocamento di obbligazioni subordinate della Banca Popolare di Bari, operazione poi saltata per mancanza di compratori.

Torzi, secondo quanto riporta il sito specializzato britannico Law360, è stato citato in giudizio il 12 aprile 2019 per frode commerciale davanti all'Alta Corte di Giustizia dell'Inghilterra e del Galles dalla compagnia assicurativa romana Net Insurance, che ha un parterre di azionisti di rilievo (tra gli altri Ibl Banca, Unicredit e la Algebris di Davide Serra). La controversia riguarderebbe un ammanco di Btp scoperto dall'attuale amministratore delegato, Andrea Battista, titoli che la precedente gestione di Net Insurance aveva messo a disposizione in occasione dell'emissione di obbligazioni, curata proprio da Torzi.

Nell'ambito della controversia i conti del finanziere molisano, ha riferito il Sole 24 Ore il 22 maggio scorso, sono stati congelati. È probabile che elementi a sostegno delle accuse nei confronti di Torzi siano arrivati anche dalla Svizzera. L'inchiesta avrebbe subito un'accelerazione dopo che l'Ufficio Federale di Giustizia della Confederazione ha inviato alla Santa Sede, con una nota diplomatica del 30 aprile scorso, una "prima parte" dei documenti richiesti dal Vaticano, che si è rivolto a Berna per avere assistenza, come riportato dalla Neue Zuercher Zeitung e dall'Adnkronos.

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