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Rinnovo contratti, Re David (Cgil) a Fanpage: “Governo Meloni taglia salari pubblici, ora sciopero nazionale”

Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil, ha risposto a Fanpage.it sul tema del rinnovo dei contratti collettivi. In Italia molti sono scaduti da anni, soprattutto nel settore pubblico. E con la prossima manovra la situazione non migliorerà: i fondi stanziati dal governo Meloni bastano per recuperare meno del 6% dell’inflazione.
A cura di Luca Pons
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Nella prossima manovra, il governo Meloni stanzierà tra i 7 e gli 8 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti pubblici. Soldi che però basteranno per recuperare meno della metà dell'inflazione degli ultimi anni: questo di fatto porterà a un "taglio del 10% dei salari pubblici", secondo la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David, che ha risposto alle domande di Fanpage.it sul tema. Guardando anche al privato, in Italia oggi più della metà dei dipendenti fa riferimento a un contratto collettivo scaduto. È una media: in alcuni settori i contratti sono quasi tutti attivi, mentre in altri la situazione è pessima. Re David ha spiegato: "La contrattazione negli ultimi dieci anni ha subito un forte attacco, un indebolimento da tanti punti di vista. Il mancato rinnovo dei contratti è uno di questi. E alla base ci sono soprattutto tre fattori fondamentali".

Quali?

Il primo: dal 2012 a oggi, i contratti nazionali depositati al Cnel sono più o meno triplicati. Non c'è una regola sul tema: se due persone si incontrano al bar, una fa uno statuto di un sindacato e poi firmano un contratto, non c'è bisogno che lo approvino i lavoratori, diventa un contratto depositato al Cnel.

Il secondo fattore?

Le associazioni d'impresa. Se pensiamo al turismo o al terziario, i contratti sono aumentati enormemente perché ogni associazione d'impresa – quelle che prima erano insieme – ha voluto un suo contratto. Questo ha portato a concorrenza, frammentazione e indebolimento della contrattazione, danneggiando i lavoratori.

La situazione è diversa in base al settore in cui si lavora?

I contratti dell'industria vengono tutti rinnovati in tempi più o meno fisiologici. I contratti dei servizi e del terziario sono quelli in cui ci sono più ritardi nella contrattazione, sono scaduti dal 2017, dal 2018, dal 2019. Questi sono anche i settori in cui si sono moltiplicati i contratti.

Il settore peggiore è il pubblico: il 100% dei contratti è scaduto, secondo Istat.

Sì, e per di più i contratti che non si rinnovano sono soprattutto i contratti usati dalla pubblica amministrazione. Dalla Pa poi si estendono al terziario. Tra l'altro hanno anche dei minimi salariali bassi. Un esempio è il Ccnl multiservizi. Questo viene usato per la privatizzazione di una parte della sanità e dei servizi alla persona (mense…). Altro esempio: guardie giurate e servizi fiduciari. Tutti i ministeri, i tribunali e così via usano quel contratto. C'è la responsabilità delle imprese c'è, ma ha un ruolo anche lo Stato: la privatizzazione del pubblico è affidata a cooperative che lavorano per bandi di appalto. In questi bandi gli standard per il costo del lavoro sono stabiliti dal contratto collettivo. Se non si rinnova, il costo del lavoro resta basso e lo Stato risparmia. Quindi c'è una spinta nei confronti delle imprese a non rinnovare i contratti. Non a caso il testo del Cnel di Brunetta dice che il salario minimo deve stare attento a non creare problemi agli appalti pubblici.

Si diceva che i fattori che spiegano il mancato rinnovo dei contratti collettivi sono tre. Qual è il terzo?

La debolezza contrattuale a causa del lavoro frammentato. Se i lavoratori non lavorano mai insieme, ma solo a piccoli gruppi, l'impatto contrattuale è minore. Non a caso l'industria rinnova tutti i contratti. In altri settori, come quelli citati, ci sono anche delle grandi aziende, ma i lavoratori lavorano in piccoli gruppi presso l'impresa appaltante, che può essere l'ospedale, la pubblica amministrazione, oppure un'azienda privata. Infatti ora per il commercio e il turismo c'è uno stato di mobilitazione e si arriverà probabilmente allo sciopero entro dicembre.

Che effetto ha il mancato rinnovo di un contratto?

Di per sé è un taglio del salario, siccome il salario si adegua ai contratti. E questo aveva un peso fino al 2021, ma dal 2021 in poi, con i livelli di inflazione che abbiamo raggiunto ne ha tutto un altro. Si parla del 16-18% (a seconda di come si calcola) di inflazione in tre anni, che non viene riconosciuta.

Nell'ultimo anno, con il governo Meloni, cosa è cambiato? Il rapporto dell'Istat dice che il tempo di attesa per rinnovare i contratti scaduti è calato leggermente in media.

Quando guarda la media si rischia di fare confusione. Fino a poche settimane fa, da quanto mi risulta, l'attesa per i contratti Filcams [commercio, albergo, mensa e servizi, ndr] era di 78 mesi. Dall'altra parte, per i metalmeccanici il tempo è di 14 mesi, e per altri settori anche meno. Bisogna distinguere i settori. Per il resto, oggi la situazione è pessima.

Il governo Meloni ha stanziato circa 5 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti pubblici l'anno prossimo, più 2,3 miliardi per medici e infermieri. Non bastano?

Lo Stato ha finito di rinnovare i contratti del triennio 2019-2021, che erano stati determinati dalle leggi di bilancio precedenti. Ora tocca ai contratti per il 2022-2024. I soldi che sono messi in legge di bilancio coprono meno del 6% dell'inflazione. Ma sappiamo che per gli anni 2022-24 l'inflazione non è al 6%, è almeno al 16%. Perciò, con questo rinnovo si sta già programmando un taglio secco del 10% dei salari pubblici.

Cgil e Uil hanno annunciato mobilitazioni in tutta Italia tra novembre e dicembre, è questo lo sciopero generale di cui si è molto parlato negli ultimi mesi?

Sarà uno sciopero nazionale di otto ore per tutte le categorie e per tutti i lavoratori. Non saranno in una stessa data, abbiamo deciso di articolarlo per essere più vicini possibile sul territorio. Diciamo uno sciopero generale in tre date diverse: il 17  novembre l'Italia centrale, insieme anche a trasporti e dipendenti pubblici in tutto il territorio nazionale.; il 24 novembre le regioni del Nord e il 1 dicembre quelle del Sud. Questa è la prima risposta che dobbiamo dare, dopodiché le cose non finiscono qua. Non sarà una ‘spallata', è una mobilitazione che deve avere la forza e la capacità di durare nel tempo. Perché adesso le persone vedranno tutte le promesse che sono state fatte loro nel tempo, e come vengono rovesciate dalla legge di bilancio. Una manovra che continua a essere pessima per chi lavora, per chi ha lavorato, per chi è precario.

Un'ultima questione: sul salario minimo opposizioni e sindacati sono stati ‘sconfitti' definitivamente?

Noi insisteremo, dal punto di vista sindacale. Certo, la scelta di affidare una proposta presentata in Parlamento al Cnel, che è un organo con altre funzioni è stata senza precedenti. Ancora di più il fatto che nel Cnel si sia votato a maggioranza, cosa che non è mai successa. Si è usato questo organo in modo politico, è servito al governo per dire "vedete, le parti sociali non sono d'accordo". Peccato che la Cgil e la Uil, che insieme rappresentano sicuramente la maggioranza assoluta (ma di molto) hanno votato contro. Quindi c'è stato il paradosso che chi deve pagare il salario minimo ha votato a favore della proposta di Brunetta che non lo vuole, chi invece deve usufruire del salario minimo ha votato a larga maggioranza contro.

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