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Renzi e Arabia, Di Stasio (M5s): “In Italia serve norma che regoli rapporto tra politica e affari”

“Solo con una seria e severa legge in materia di conflitto d’interessi la classe istituzionale sarà davvero capace di perseguire gli interessi della collettività, e non soltanto i propri “: lo ha detto in un’intervista con Fanpage,it Iolanda Di Stasio, deputata e capogruppo Esteri del Movimento Cinque Stelle, parlando del caso dei rapporti tra Matteo Renzi e l’Arabia Saudita.
A cura di Annalisa Girardi
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Fonte: Facebook
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A inizio marzo il deputato Nicola Fratoianni ha presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere a Matteo Renzi di chiarire in Parlamento i suoi rapporti con l'Arabia saudita, dopo le polemiche innescate dalla sua partecipazione a una conferenza con Mohammad bin Salman per cui avrebbe ricevuto ingenti compensi. A Montecitorio, la richiesta di fare luce sui rapporti del leader di Italia Viva con Riyad, è però condivisa da diverse forze politiche. Il Movimento Cinque Stelle, ad esempio, oltre a chiedere a Renzi di rispondere alle domande sull'Arabia, rilancia la necessità di rendere la legge sul conflitto di interessi una priorità. Ne abbiamo parlato con Iolanda Di Stasio, deputata e capogruppo Esteri del Movimento.

Matteo Renzi dice di aver già dato delle risposte nel merito sul caso Arabia Saudita e sui suoi legami con il principe ereditario Mohammad bin Salman attraverso l’auto-intervista pubblicata sul suo blog. Secondo voi basta a chiudere la questione? Quali sono le domande a cui il senatore ancora non ha risposto?

I giorni trascorrono e dal farsesco si sta passando all’imbarazzante. La sua auto-intervista non può bastare a chiudere la questione, soprattutto perché qui si sta parlando di un senatore che ha innescato – in piena emergenza nazionale – una crisi di governo andando a tenere conferenze, come nulla fosse, in uno dei luoghi più angusti al mondo per quel che concerne il rispetto dei diritti umani, definendolo addirittura “culla del Rinascimento”. Ricordiamo che il principe saudita Muhammad Bin Salman, appellato da Renzi “my friend” e da cui ha ricevuto la lauta paga, secondo un rapporto della Cia sarebbe il mandante della barbara uccisione del giornalista dissidente Jamal Kashoggi. Dopo aver conosciuto il report degli Usa, Renzi conferma i suoi giudizi positivi su Bin Salman? E poi a proposito di Nuovo Rinascimento: approva le condizioni di donne, omosessuali, oppositori politici in Arabia Saudita? Ci piacerebbe tanto saperlo.

Un cavallo di battaglia del Movimento è sempre stata la legge sul conflitto di interessi: crede che una riformulazione di questa norma avrebbe potuto evitare una situazione di questo tipo? In che direzione intende andare il Movimento su questo tema?

Questo fatto ha nuovamente puntato i riflettori sul tema del conflitto d’interessi, rivelando come in Italia, ancora oggi, siano assenti leggi sulle cosiddette “porte girevoli”: manca una norma che regoli il rapporto tra politica e affari. Su questo il M5S ha tutta l’intenzione di portare avanti e vincere la battaglia contro l’attività di lobby irregolare. Abbiamo già delle proposte in campo: si dovrebbe prevedere l’incandidabilità di cinque anni per i membri del governo e i parlamentari che ricevono più di 5mila euro da soggetti pubblici o privati stranieri perché è inevitabile pensare che somme superiori possano determinare il rischio di subire ingerenze. Inoltre, tutti, tra parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali non potranno svolgere attività di rappresentanza di interessi per un certo periodo dopo la fine del mandato. Solo con una seria e severa legge in materia di conflitto d’interessi la classe istituzionale sarà davvero capace di perseguire gli interessi della collettività, e non soltanto i propri.

C’è poi la questione dei Regolamenti parlamentari. Il Codice di condotta della Camera avrebbe impedito a Renzi di ricevere compensi da uno Stato straniero? Come stanno le cose al Senato?

Questa domanda pone l’attenzione su una vera e propria anomalia normativa italiana: la fortuna di Renzi è quella di essere stato eletto senatore perché se, al contrario, fosse stato un deputato la questione sarebbe stata diversa. Alla Camera dei Deputati, infatti, esiste un Codice di Condotta che permette ai deputati di accettare il rimborso di “spese di viaggio, di alloggio e di soggiorno” solo nell’esercizio delle proprie funzioni. Questa vicenda quindi apre un dibattito su un vulnus normativo nelle istituzioni italiane: non è pensabile che i due rami del Parlamento sia governati da norme differenti, specie se riguardano regole di condotta così rilevanti.

Crede che l’Italia, rispetto anche al resto d’Europa, sia rimasta indietro sulla disciplina degli affari extra-parlamentari di deputati e senatori?

Ma non lo dico io, lo dicono i fatti. Sono circa 25 anni che il Consiglio d’Europa chiede all’Italia di emanare norme per disciplinare gli affari extra dei parlamentari. Nel 2016 la Camera ha varato un Codice di Condotta ispirato a quello vigente al Parlamento europeo, finalizzato a promuovere l’integrità dei suoi rappresentanti e ad evitare che “regalie mascherate” possano pregiudicarla. Vorrei ricordare che l’accusa di essere un parlamentare lobbysta al soldo di una potenza straniera è attività illecita in molti Paesi perché la certezza della totale indipendenza, nel corso del mandato, la si può avere solo se si agisce liberi da legami che, direttamente o indirettamente, possano influenzare l’operato istituzionale. Solo così si può garantire il perseguimento del bene pubblico.

Ritiene che Renzi dovrebbe dimettersi dal board di FII Institute di Ryad? Gli chiederete di farlo in Parlamento?

Siamo di fronte ad uno scandalo che non può finire nel dimenticatoio: un rappresentante del popolo italiano si è recato in Arabia Saudita, a titolo personale e non per motivi diplomatici – intascando 80mila euro da un principe saudita, accusato dei peggiori crimini. Qui la situazione è chiara e inaccettabile: o Renzi si dimette da senatore o dal board saudita. Non esistono alternative.

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