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Recovery plan, per l’Italia 191,5 mld. Franco: “Governance su due livelli, ma decide il Mef”

Il ministro dell’Economia Franco è intervenuto in audizione in Parlamento sul Recovery plan, e in particolare sulla governance del piano, dopo le polemiche dei giorni scorsi sul coinvolgimento della società americana di consulenza McKinsey: “I tempi sono stretti: abbiamo meno di due mesi per finalizzare il piano, per questo la definizione non può subire battute d’arresto”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Oggi si è svolta l'audizione del ministro dell'Economia e delle Finanze Franco, presso le commissioni i Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Senato e Camera, sul PNRR: "I tempi sono stretti: abbiamo meno di due mesi per finalizzare il piano, per questo la definizione non può subire battute d'arresto".

"I Paesi dovranno impegnare i fondi ricevuti entro il 2023, il 70% delle risorse va impegnato entro il 2022, gli interventi dovranno essere conclusi entro il 2026 mentre l'effettiva erogazione dei fondi è subordinata a obiettivi intermedi e finali da definire da subito, in modo chiaro realistico e verificabile", ha ricordato il ministro. "Occorre pertanto – ha puntualizzato – una governance robusta e articolata nella fase di gestione e di attuazione degli interventi".

Come sarà la governance del Recovery plan

"Da un lato, stiamo considerando la costituzione di una struttura centrale di monitoraggio del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), presso il Mef, a presidio e supervisione dell'efficace attuazione del Piano. Tale struttura – ha spiegato Franco – si occuperà del supporto alla gestione e monitoraggio degli interventi, della gestione dei flussi finanziari con l'Unione Europea, della rendicontazione degli avanzamenti del Pnrr alla Commissione europea, del controllo della regolarità della spesa, della valutazione di risultati e impatti".

"Questo organismo centrale sarà affiancato da un'unità di audit, indipendente, responsabile delle verifiche sistemiche, a tutela degli interessi finanziari dell'Ue e della sana gestione del progetto".

Dall'altro lato, ha proseguito il ministro, "a livello di ciascuna amministrazione di settore (essenzialmente i ministeri) si considera la creazione di presidi di monitoraggio e controllo sull'attuazione delle misure di rispettiva competenza. Tali strutture avranno il compito di interagire con i soggetti attuatori pubblici o privati. Queste strutture ministeriali si interfacceranno con la struttura centrale del Mef che avrà il compito di aggregare i dati e le informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori e delle riforme, ai fini della rendicontazione all'Unione europea e al governo, anche per le eventuali azioni correttive da assumere nel caso si verificassero ostacoli o difficoltà attuative che rischino di compromettere il raggiungimento degli obiettivi del Piano. Infine è prevista la possibilità di assicurare un supporto tecnico specialistico alle amministrazioni che dovranno realizzare gli interventi, anche a livello locale".

Meno risorse per l'Italia: 191,5 miliardi

Per la "finalizzazione del piano" di ripresa e resilienza "occorrerà tenere conto dei dati più aggiornati, che tengono conto del fatto che il regolamento Ue prende a riferimento, per la determinazione dei prestiti, il reddito nazionale lordo 2019" che "porterà l'entità della stima delle risorse per l'Italia a 191,5 miliardi di euro, quindi leggermente inferiore al piano individuato a gennaio (pari a 196 mld)". L'erogazione effettiva delle risorse, ha ribadito Franchi, sarà subordinata al conseguimento di obiettivi intermedi e finali.

Il piano di ripresa e resilienza "ci offre l'opportunità di dare una risposta concreta a vari problemi" del Paese, a partire dalle ‘‘disparità" tra nord e sud, giovani e donne. In particolare Franco ha sottolineato che "negli ultimi 40 anni il processo convergenza (tra il mezzogiorno e il settentrione ndr) si è arrestato". Mentre "il tasso di disoccupazione degli under 30 è tre volte maggiore rispetto ai lavoratori più anziani". Invece il tasso di occupazione femminile è del 18% inferiore rispetto agli uomini e dell'8% rispetto alla media Ue".

La polemica sull'incarico alla McKinsey

Il governo deve quindi scrivere in fretta la nuova versione del Recovery Plan, in tempo per inviare il piano in Parlamento fine marzo e in Europa entro fine aprile. Bisogna procedere a ritmi serrati. Per questo la settimana scorsa il Mef ha incaricato la società americana di consulenza McKinsey, per mettere mano al piano. Questa decisione ha scatenato polemiche e sollevato dubbi sul rischio di cedere pezzi di governance a una società esterna. Sinistra italiana e Fratello d'Italia hanno anche annunciato che presenteranno delle interrogazioni parlamentari. Il ministero dell'Economia e delle Finanze ha però spiegato che la consulenza in questione non è altro che un supporto tecnico sul Recovery Plan.

Oggi il deputato di Leu Stefano Fassina chiede "più chiarimenti". Ai microfoni della trasmissione "L'Italia s'è desta" su Radio Cusano Campus ha detto: "È stato crocifisso Conte per le task force, sarebbe davvero surreale se i tecnici chiamassero altri tecnici. Noi in Parlamento non sappiamo cosa sta succedendo, non sappiamo quale sia lo stato dell'arte sul Recovery Plan. Oggi abbiamo l'audizione del ministro Franco e chiederemo se il governo intende escludere il Parlamento ed affidarsi alle società di consulenza. Dietro questa vicenda della consulenza – ha aggiunto Fassina – c'è la questione fondamentale della funzione del Parlamento. Invito Draghi a fare attenzione, perché un governo del presidente non supera la Costituzione. Il Parlamento deve rimanere centrale per quanto riguarda le linee guida e gli indirizzi".

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