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Primarie centrosinistra e primarie Pdl: trova le differenze

Da una parte un duello vero, aperto fino alla fine (con un fair play quasi irreale), dall’altra uno stanco teatrino. Le primarie viste da destra o da sinistra non sono proprio la stessa cosa.
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Insomma, tutto da rifare. Nel giorno in cui il centrosinistra discute sugli esiti di un confronto televisivo serrato (ma mai sopra le righe) fra i due candidati alla leadership, arriva la conferma (forse definitiva) dell'annullamento delle primarie del Popolo della Libertà. Non che la cosa sia una sorpresa clamorosa, visto il clima degli ultimi giorni in casa PDL. Quello che stupisce è però la rassegnazione, non solo dei dirigenti, ma anche degli elettori, dei militanti. Ed il confronto con la parallela consultazione fra gli elettori del centrosinistra rimane impietoso. Da una parte si chiede a 3 milioni di elettori di scegliere il capo della coalizione (pur con tutti i limiti e le forzature, sia chiaro). Dall'altra si usa il bilancino e, come racconta Paola De Caro sul Corsera, si studiano alchimie: "Noi rifacciamo Forza Italia, gli ex An si fanno una cosa di destra, il patrimonio si dividerà secondo l’accordo del 70-30 e poi, se ci sarà il Porcellum, andremo tutti uniti sotto la guida di Berlusconi".

Da una parte, in qualunque modo vada a finire, la via è tracciata ed il Partito Democratico ne uscirà rafforzato, con un leader legittimato da oltre il 50% dei militanti. Dall'altra tra "spacchettamenti" e "separazioni consensuali" non si capisce ancora chi guiderà cosa alle prossime elezioni politiche. Da una parte, con o senza Porcellum, sarà il vincitore delle primarie a guidare la coalizione che proverà ad ottenere la maggioranza dei seggi in Parlamento. Dall'altra si aspetta ancora che "qualcuno" sciolga la riserva per provare a "pareggiare" alle politiche, magari con una legge elettorale che consenta i soliti balletti parlamentari (anche se il tempo è ormai poco). Da una parte ci si divide e si sceglie anche in base alla volontà o meno di ampliare l'alleanza ai centristi dell'UDC. Dall'altra, come spiega De Angelis sul Secolo, non si capisce "che senso ha dividersi se poi ci si deve rimettere insieme nuovamente?". Da una parte cinque candidati capaci di discutere senza rompere, di combattersi senza spaccare la coalizione, di "darsi colpi bassi che non fanno male". Dall'altra undici candidati – non candidati al lavoro su slogan che non useranno, su manifesti da cestinare e su programmi che "non resteranno nemmeno sulla carta".

Da una parte il popolo del centrosinistra, che ha trovato un modo per dividersi e rafforzarsi al tempo stesso, per paradossale che possa sembrare. Dall'altra quello del centrodestra, che assiste attonito ad una recita in cui a cambiare non sono mai i protagonisti, ma sempre e soltanto il modo in cui si arriva allo stesso finale. Certo, le condizioni in cui si trovano i due schieramenti sono diverse e per certi versi non paragonabili, ma quello che scoraggia è la totale mancanza di centralità dei cittadini nei ragionamenti dei vertici politici del Pdl. Non c'è in effetti alcuna reale intenzione di coinvolgerli nel processo decisionale ed ancora una volta si chiederà ai tanti iscritti e militanti di ratificare scelte (nemmeno condivise) sostanzialmente prese altrove. Sempre ad Arcore. E, ancora una volta, comunque la si guardi, non è una buona notizia per la nostra politica.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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