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Perché il Parlamento italiano discute di presidenzialismo e riforma della Costituzione

Fratelli d’Italia propone di cambiare la Costituzione per inserire l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, ma tutto il centrosinistra fa muro contro la riforma.
A cura di Giacomo Andreoli
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Una riforma della Costituzione per introdurre il presidenzialismo nel sistema istituzionale italiano. Lo prevede una proposta di legge di Fratelli d'Italia, in discussione alla Camera. La proposta, la cui prima firmataria è proprio Giorgia Meloni, prevede l'elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini italiani, con l'intento di superare l'attuale sistema di votazione parlamentare. Secondo il partito di destra, infatti, le difficoltà viste in occasione dell'ultima elezione, terminata con la riconferma di Mattarella, mostrerebbero la necessità di un cambio radicale nell'impianto istituzionale.

La proposta, però, divide da anni il mondo politico e quello degli esperti di Costituzione: da una parte c'è chi dice che porterebbe a maggiore efficienza e più controllo da parte dei cittadini, evitando situazioni di stallo; dall'altra si sottolinea il ruolo superpartes e di garante di una figura come il presidente della Repubblica, la cui elezioni indiretta bilancerebbe quella diretta del Parlamento.

Il testo, però, arriva in questo caso in aula già "monco". In Commissione Affari costituzionali, infatti, lo scorso martedì è stato approvato un emendamento che ne sopprime il primo articolo. A votare per boicottare la proposta sono stati Pd, M5S, Leu e gli ex-grillini di Alternativa c'è. A favore i partiti di centro destra Lega e Forza Italia (tranne due parlamentari, secondo la denuncia di Meloni). Italia Viva, il cui leader Matteo Renzi si dice favorevole al presidenzialismo, si è invece astenuta.

L'idea di una riforma presidenziale della Costituzione era stata lanciata dalla leader di Fdi a novembre, alla vigilia di Atreju, l'evento annuale di Fratelli d'Italia. Al lancio è seguita una raccolta firme, che ancora va avanti. Con i numeri e la distribuzione politica di questo Parlamento, però, non sembra possibile procedere a una riforma. Quest'ultima, inoltre, richiederebbe tempi molto ampi (vista la doppia lettura) e una maggioranza dei due terzi dell'aula per non andare ad eventuale referendum. Considerando che tra un anno finisce la legislatura, quindi, la speranza di Fratelli d'Italia di votare la legge entro il 2023 appare vana.

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