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Elezioni regionali 2024

Perché l’Abruzzo di Marsilio è un laboratorio per la destra così importante per Giorgia Meloni

In gioco c’è la credibilità e la capacità di generare consenso della classe dirigente di Fratelli d’Italia, che è la stessa dal 2013, da quando il partito di Giorgia Meloni era al 2%. Se Marco Marsilio sarà sconfitto nelle urne, la premier sarà costretta a pensare di rinnovare seriamente nomi e volti del partito.
A cura di Valerio Renzi
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Quando nel 2019 Marco Marsilio diventa presidente della Regione Abruzzo, è il primo presidente di regione di Fratelli d'Italia. La vittoria contro Giovanni Legnini però è trainata dalla Lega di Matteo Salvini all'apice dei consensi: la Lega incassa il 27,53% dei voti, Fdi il 6,49% e la prima lista della coalizione di centrosinistra, il Partito Democratica, si ferma all'11%. Ma l'Abruzzo era diventato il laboratorio della destra destra di governo già da un paio d'anni, da quando Pierluigi Biondi diventa sindaco del capoluogo.

Il paesaggio politico abruzzese, da L'Aquila al consiglio regionale, vira sempre di più verso il nero. In una regione dove a lungo era sopravvissuta anche alla Prima Repubblica una sostanziale egemonia democristiana, in una regione dove anche la Resistenza con la Brigata Maiella era stata decisamente più bianca che rossa. Qui i vecchi equilibri della politica sono finiti non all'inizio dei Novanta ma a metà degli anni Dieci del nuovo secolo, con i successi di una nuova classe dirigente di destra, arrembante e ansiosa di occupare le istituzioni.

Una trionfo quello di Pierluigi Biondi e di Marco Marsilio, che avviene nell‘era post terremoto, quando la disillusione degli elettori è profonda, la ricostruzione è ancora a metà e la società civile è stremata. Non è un caso che al boom di voti della Lega e alla vittoria del centrodestra, si accompagna uno dei migliori risultati del Movimento 5 Stelle a livello locale: nel 2019 la candidata pentastellata Sara Marcozzi incassa oltre il 20% dei consensi.

Per questo anche la sfida delle urne di domenica è così importante: il primo (e per ora unico), governatore di Fratelli d'Italia, dovrà dimostrare di vincere questa volta per meriti propri, e non per la crisi degli avversari. Che quello che più volte è stato citato come un vero laboratorio per Giorgia Meloni, qui dove si sarebbero anticipate alcune tendenze nazionali, è stato un successo e ha il consenso degli elettori

Ma non si tratta solo di vedersi riconosciuta la capacità di governo dei territori (in Sardegna non è andata benissimo…), ma un'eventuale sconfitta in Abruzzo sarebbe un brutto colpo anche per la premier. Marco Marsilio viene infatti dallo stesso percorso di Giorgia Meloni. Cresciuto all'ombra di Colle Oppio e di Fabio Rampelli, non fa parte della generazione Atreju (quelli che hanno appena fatto in tempo a conoscere il Movimento Sociale Italiano), è un po' più grande ma è stato come la premier ai vertici di Azione Giovani, e punto di riferimento tra gli anni Novanta e Duemila della destra sociale di Alleanza Nazionale.

Fratelli d'Italia ha di fronte così una doppia sfida: fare il pienone di voti come la Lega nel 2019, e confermare che la sua classe dirigente (che è sempre quella dal 2012, da quando prendeva il 2% e il partito non era stimato quasi al 30% a livello nazionale) è in grado di consolidare il consenso dove governa.

Se il Laboratorio Abruzzo finirà domenica nelle urle, forse per Giorgia Meloni è il caso di cominciare a pensare seriamente a rinnovare nomi e volti del partito.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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