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Perché il Comune dell’Aquila ha chiesto ai terremotati del 2009 di restituire migliaia di euro

Centinaia di famiglie sfollate dopo il terremoto dell’Aquila 2009 hanno ricevuto dal Comune una richiesta: restituire i soldi di un bonus ottenuto dopo il sisma come contributo per trovarsi una sistemazione mentre la loro casa era inagibile. Il Comune sostiene che abbiano continuato a ricevere i soldi negli anni successivi, quando non ne avevano più diritto.
A cura di Luca Pons
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Le tendopoli costruite all'Aquila nei giorni dopo il terremoto, aprile 2009
Le tendopoli costruite all'Aquila nei giorni dopo il terremoto, aprile 2009

Circa 400 famiglie dell'Aquila hanno ricevuto una lettera del Comune che gli chiede di restituire dei soldi ricevuti, dal 2009 in poi, come aiuti economici. A riportarlo è stato il Messaggero: l'intimazione di pagamento riguarda cifre che vanno da alcune decine di euro a diverse migliaia. Servirebbero a restituire un bonus ricevuto dopo il terremoto, per le famiglie che si erano trasferite in un albergo dopo il sisma in attesa che la loro casa fosse ristrutturata e ritornasse agibile. In alcuni casi, però, il Comune sostiene che le famiglie abbiano continuato a ricevere l'assegno anche quando non ne avevano più diritto. E ora, passati oltre quattordici anni, vuole che le somme siano restituite.

Qual è l'aiuto che i terremotati dell'Aquila dovranno restituire

Con un'ordinanza del 9 aprile 2009, pochi giorni dopo il sisma del 6 aprile che lasciò 309 vittime e circa 100mila persone sfollate, il governo Berlusconi aveva previsto di erogare degli aiuti alle famiglie. Questi aiuti, però, erano legati a specifiche condizioni. In particolare, l'articolo 11 di questa ordinanza era rivolto a quelle famiglie la cui casa, nelle zone terremotate, era stata distrutta (del tutto o in parte) o era stata sgomberata: per loro c'era un "contributo per l'autonoma sistemazione" di massimo 400 euro al mese, e comunque entro i 100 euro per componente della famiglia (200 euro nel caso di una sola persona, con 100 euro in più per ciascun over 65 o persona con disabilità).

L'intenzione era aiutare le famiglie a trovarsi una sistemazione autonoma, appunto, cioè ad andare in albergo oppure nelle strutture costruite successivamente dallo Stato, ad esempio i Moduli abitativi provvisori (Map). L'erogazione andava dal momento dello sgombero della propria casa, quindi aprile 2009, fino a quando si fossero "realizzate le condizioni per il rientro nell'abitazione", oppure si fosse trovata un'altra sistemazione stabile. Il finanziamento a questa misura è stato eliminato solo nel marzo 2015.

Perché i soldi vanno restituiti secondo l'amministrazione comunale

Dunque diverse famiglie hanno ricevuto un bonus per pagarsi una sistemazione, dopo che la loro casa era stata distrutta o resa inagibile dal terremoto. Qual è il problema? Che, secondo il Comune dell'Aquila, molte di queste hanno continuato a ricevere il sussidio anche quando non avevano più diritto a farlo.

C'è il caso, ad esempio, di chi aveva una casa danneggiata solo lievemente. Un'ordinanza successiva, arrivata il 27 novembre 2009, aveva messi dei paletti precisi: per ottenere l'aiuto bisogna iniziare i lavori di riparazione entro sette giorni da quando il contributo viene comunicato, e concluderli entro sei o sette mesi a seconda della gravità della situazione. "Alla scadenza dei termini, i nuclei familiari interessati perdono il diritto al contributo per l'autonoma sistemazione e alle altre forme di sostegno a carico delle risorse pubbliche", si leggeva. E lo stesso valeva per chi otteneva di nuovo una casa agibile: doveva comunicarlo subito, e da quel momento smettere di prendere il sussidio.

Dunque, cosa fare con quelle famiglie che magari hanno ricevuto il bonus anche oltre il momento in cui ne avevano diritto per legge? Il Comune dell'Aquila ha deciso di procedere con la richiesta di restituzione dei soldi, dopo aver esaminato i casi sospetti di circa 6mila famiglie. La stima dell'amministrazione, fatta già negli anni scorsi, è che ci potrebbero essere fino a tre milioni di euro da recuperare.

Il Comune può chiedere indietro gli aiuti?

"È una questione meramente amministrativa", ha detto l'assessora alle Politiche sociali Manuela Tursini. Ma resta da vedere se ci sono le basi legali per farlo. Infatti, l'avvocato Arturo Lely che sta raccogliendo alcuni dei ricorsi presentati dalle famiglie ha sottolineato: "Normalmente una richiesta di restituzione si prescriverebbe in dieci anni, addirittura qui, parlando di emolumenti periodici, si potrebbe anche ipotizzare una prescrizione breve, di cinque anni".

In effetti, l'articolo 2946 del Codice civile dice che il diritto di richiedere la restituzione di una somma scade dopo dieci anni, mentre l'articolo 2948 parla di una durata di cinque anni per "tutto ciò che deve pagarsi periodicamente, ad anno o a termini più brevi". Questo periodo parte dal momento in cui bisogna restituire una somma, e per farlo "azzerare" e ripartire servirebbe un atto, ad esempio una raccomandata che mette in mora i debitori.

I casi che per il diritto civile vanno oltre i dieci anni si riferiscono principalmente a situazioni legate all'usufrutto e alla proprietà di case o terreni, dove c'è un periodo di prescrizione di vent'anni, mentre alcuni articoli su temi particolarmente delicati (eredità, riconoscimento di un figlio…) non hanno nessuna prescrizione. La questione, comunque, sarà lunga e complessa: starà alle corti stabilire se il Comune possa ora, a più di quattordici anni dal sisma e dall'erogazione degli aiuti, chiedere indietro i soldi.

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