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Per Salvini una sera da moderato. E la Lega per prendersi la Toscana non parla di migranti

Alla manifestazione della destra che chiude la campagna elettorale per la Toscana, Ceccardi, Salvini e Meloni mettono in scena l’ultimo tentativo di travestirsi da moderati per guadagnare i voti che servono per la vittoria. Poco distante, sul palco del centrosinistra, la preoccupazione per il risultato traspare ormai evidente e i big si tengono alla larga. Storia delle due piazze che lanciano la battaglia cruciale delle regionali di domenica prossima.
A cura di Marco Billeci
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“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”. Quando Susanna Ceccardi finisce il suo intervento citando il Mahatma Ghandi, la metamorfosi dell’ex leonessa leghista che equiparava fascismo e antifascismo e definiva “Imagine” di John Lennon una canzone marxista è ormai completata.

Nella piazza del centrodestra a Firenze che – con Salvini e Meloni sul palco – chiude la campagna elettorale per le regionali toscane, va in scena l’ultimo tentativo di prendere quel po’ di voto moderato che serve per vincere. E l’aria è quella di chi crede davvero di poter mettere fine al dominio rosso nell’ex Granducato.

Circa un chilometro più in là, alla Santissima Annunziata, anche il candidato del centrosinistra Eugenio Giani termina la sua corsa. Sarebbe scorretto paragonare le due piazze, non fosse altro perché qui i big – da Zingaretti a Renzi – non si fanno vedere. È innegabile però che il clima sia molto meno euforico e molto più preoccupato. In prima fila ci sono solo i dirigenti del Pd toscano, dal sindaco Nardella alla segretaria Bonafè. Sul palco si alternano startupper, ricercatori, infermiere. Per carità, di gente ce n’è e gremisce tutto lo spazio disponibile, qualche cartello, poche bandiere. L’atmosfera, però, sembra più quella di un convegno o di un festival letterario che quella della vigilia di una battaglia campale.

Conquistare Firenze per prendere la Toscana

Una regola non scritta dice che per conquistare la Toscana bisogna per forza fare breccia nell’area di Firenze, un’impresa fino a oggi mai riuscita alla destra. A giudicare dalla manifestazione di ieri, stavolta le cose potrebbero essere diverse. La piazza è piena e nonostante il tentativo di far rispettare le norme anti-Covid, fuori dalle transenne tra le persone ammassate il distanziamento è poco o nullo. Ma gli ammiccamenti di Salvini alla propaganda negazionista sono almeno per ora un ricordo. Niente di tutto questo trova spazio nel suo intervento dal palco.

Osservando la platea, tuttavia, a colpire l'attenzione  è soprattutto il tipo di pubblico presente. È vero, l’evento viene gestito, tra gli altri, dai giovani del centro sociale della destra identitaria Casaggì che si scambiano il saluto legionario. Ma a occupare le sedie sono soprattutto famiglie, giovani coppie, anziani, gente della piccola borghesia e della classe media (o di quel che ne rimane). Insomma, proprio l’elettorato a cui sembra rivolgersi Ceccardi per provare a centrare il successo. Sono tutti uniti dalla convinzione della necessità di un cambiamento, anche se poi magari non sanno dirti cosa andrebbe cambiato nel concreto né come la loro candidata vorrebbe farlo.

Matteo Salvini cerca di non ripetere gli errori dell’Emilia Romagna e modera molto i toni. Sia lui che Ceccardi d’immigrazione parlano poco o niente, giusto il tempo del riferimento di rito al processo che vede imputato il leader leghista a Catania. Per il resto, il crescendo di provocazioni che aveva caratterizzato la campagna emiliana lascia il posto ad altri temi: il lavoro, la sanità, i trasporti.

Altro dettaglio rivelatore, la chiusura del comizio è affidata alla candidata, con Salvini che si mette sotto il palco ad ascoltarla in silenzio, a favore di telecamere e fotografi. Il messaggio è chiaro: stavolta non personalizzo le elezioni, non è un voto per me o contro di me. Certo, è difficile pensare che in caso di affermazione in Toscana, l’opposizione non chieda le dimissioni di Conte. Meloni in parte lo conferma: “Se ci fosse una vittoria schiacciante, una valutazione sarebbe possibile”. Mentre il segretario del Carroccio mantiene il suo spartito: “Non lego le sorti del governo al voto per le regioni”.

Le paure del centrosinistra

Sul palco di Giani, intanto, un commosso Enrico Rossi – governatore uscente della regione – dice che l’errore delle forze di governo è stato quello di non presentarsi unite. Sembra già un’analisi della sconfitta, pure se Rossi si affretta a precisare che i toscani sono intelligenti e, anche grazie al voto disgiunto, rimedieranno alle mancanze dei dirigenti.

Tra la folla del centrodestra, invece, scorgiamo uno sguardo più preoccupato degli altri. È un militante democratico, venuto a dare un’occhiata alla piazza degli avversari. “Se perdiamo qui la storia finisce, ma anche una vittoria risicata sarebbe come una sconfitta”, ci dice e se la prende con quella che giudica subalternità del Pd ai 5 Stelle. La liturgia della manifestazione intanto scorre via rapida e arriva anche il saluto telefonico di Silvio Berlusconi, con i parlamentari Ronzulli e Mallegni a saltare e agitare le mani nel vano tentativo di galvanizzare la folla per le parole del leader reduce dal ricovero per il Covid.

C’è spazio anche per una piccola contestazione pacifica da parte di un gruppo di ragazzi. Ma né questa né le domande sulle sue grane giudiziarie sembrano scalfire Salvini, rilassato come non lo si vedeva da tempo, almeno all’apparenza. Per i contestatori non ci sono bacioni né insulti. “Anche alla signora che mi ha strappato camicia e rosario ho già dato il mio perdono”, dice ecumenico il leader leghista.

D'altra parte, i militanti in piazza sostengono che l’immigrazione rimane un problema di cui bisognerà tornare a occuparsi, “anche se ora c’è stato un abbassamento dei toni per provare a raccogliere qualche voto più moderato”. Nelle ultime ore prima del voto, però, l’attenzione è soprattutto rivolta a non far scattare quell’effetto di difesa del territorio dagli invasori, che probabilmente è costato alla Lega il successo in Emilia. “Non siamo gli Unni”, dice non a caso Ceccardi durante il suo discorso.

Alla fine del comizio, salgono tutti sul palco. Non solo i leader e i sindaci della destra già alla guida diversi grandi comuni toscani, ma anche cameraman e fotografi, che godono di un’insolita libertà di movimento. Anche questo è un segnale: gli staff della comunicazione di Salvini e Meloni evidentemente vogliono che l’evento sia immortalato a dovere. Pensando o sperando che le immagini restino come quelle di uno storico trionfo.

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