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Pensioni

Pensioni, chi dovrà lavorare ancora di più degli altri con l’aumento dell’età pensionabile

L’età pensionabile salirà dal 2027, lo stabilisce la manovra 2026: un mese in più, poi altri due mesi nel 2028 e così via. Per tutti, questo significherà aspettare più tempo prima della pensione. Ma per chi ha lo stipendio al di sotto una certa soglia dovrà lavorare ancora di più per raggiungere i nuovi requisiti. Lo ha calcolato la Cgil in un nuovo rapporto.
A cura di Luca Pons
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È noto che, con la nuova manovra 2026 in lavorazione in Parlamento, arriverà un aumento dell'età pensionabile a partire dal 2027, a meno di colpi di scena futuri (come quello promesso dalla Lega). Salirà prima di un mese, poi altri due mesi nel 2028. Da quel momento la tabella di marcia è già stabilita: altri due mesi nel 2029, per un totale di cinque; si arriverà a tredici mesi in tutto nel 2040, ventitré mesi nel 2050; nel 2067, si andrà in pensione a 70 anni.

Ma c'è chi dovrà faticare più di altri, e più a lungo, per compensare questi aumenti. Sono i lavoratori con un reddito particolarmente basso, che non superano la soglia del cosiddetto minimale contributivo.

Perché chi ha un reddito basso va in pensione più tardi anche se lavora

Il tema è al centro di un nuovo studio dell'Osservatorio previdenza della Cgil. Per legge, non basta avere un lavoro perché un periodo di occupazione venga considerato ai fini dei contributi previdenziali, e quindi della pensione. Bisogna anche superare un certo livello di guadagni, detto appunto minimale contributivo. Per il 2025, questo livello è fissato a 241,36 euro lordi a settimana, ovvero 12.551 euro lordi all'anno.

Chi è al di sotto alla fine non si ritrova con un anno di contributi versati, ma con qualche settimana in meno. Non importa se sia perché lavora in part time, o passa da un contratto breve all'altro con dei periodi di disoccupazione, o se invece lavora per tutto l'anno da gennaio a dicembre senza interruzioni, ma ha semplicemente uno stipendio molto basso. Quello che conta è il guadagno.

Ad esempio, chi per quest'anno ha incassato 8.300 euro lordi metterà da parte, in vista della pensione, solo 39 settimane di contributi invece di 52. Un altro esempio: un lavoratore che ha sempre guadagnato 10.928 euro lordi all'anno (circa 910 euro al mese) dal 2022 a oggi ha ‘perso' 22 settimane di contributi in tutto. Sono oltre cinque mesi di lavoro che di fatto non contano per la pensione.

Secondo le stime della Cgil, basate su dati Inps, in Italia ci sono 5,1 milioni di dipendenti privati (quasi un terzo del totale, il 29%) che non riescono ad andare oltre la soglia del minimale contributivo. Una cifra che peraltro aumenta ogni anno, perché è legata all'inflazione: nel 2026 dovrebbe essere di 12.726,48 euro annui, o meglio 244,74 euro lordi alla settimana.

Quanto tempo in più bisognerà lavorare con l'aumento dell'età pensionabile: le simulazioni

In questa situazione, è evidente che per chi è al di sotto del minimo contributivo gli aumenti dell'età pensionabile sono ancora più difficili da affrontare. Se un dipendente ha uno stipendio superiore a questa soglia, quando l'età pensionabile sale di tre mesi bisogna lavorare tre mesi in più prima di andare in pensione. Ma chi ogni anno non riesce a mettere da parte un anno intero di contributi, per raggiungere quei tre mesi aggiuntivi di contributi dovrà lavorare ancora di più.

Più lo stipendio è basso, più gli aumenti di requisiti pesano. La Cgil ha fatto alcune simulazioni che permettono di rendersi conto di cosa significherà questo, concretamente, per i dipendenti a basso reddito.

Il primo caso è quello di un lavoratore che incassa appena 5mila euro lordi all'anno. Questi oggi valgono 21 settimane di contributi per ogni anno lavorato. Quando, nel 2028, ci sarà un aumento dell'età pensionistica di tre mesi, questo lavoratore dovrà lavorare non solo in tre mesi in più, ma anche 7 settimane extra per raggiungere il requisito. Si può ipotizzare anche che nel 2050, quando l'età pensionistica sarà salita di 23 mesi, chi ha questo stipendio dovrà lavorare per 56 settimane extra (un anno e un mese) per essere in pari.

Il secondo caso è un dipendente con uno stipendio da 10mila euro lordi all'anno. Nel 2028, per recuperare l'aumento di età pensionabile, dovrà lavorare i tre mesi ‘standard' e anche tre settimane extra. Nel 2050, il periodo extra sarà di ben 28 settimane, o sette mesi.

Il terzo caso è di chi guadagna 12mila euro lordi all'anno. Come detto, oggi il minimale contributivo è di poche centinaia di euro più alto. Ma anche chi si trova al di sotto di poco ne subisce le conseguenze. Due settimane di lavoro in più nel 2028, che diventano ben 23 settimane (quasi sei mesi) nel 2050.

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