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Ong, l’appello dell’Onu: “Non ostacolate il loro lavoro in mare, salvano vite”

L’Alto commissario Onu per i rifugiati Antonio Grandi e il direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Antonio Vitorino hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale si chiede che le ong non vengano “penalizzate per aver salvato vite” in pericolo in mare.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo lo scontro durissimo tra ong e Viminale dalle Nazioni unite è arrivato un appello, diretto al vicepremier Matteo Salvini, affinché il governo italiano non ostacoli il lavoro delle organizzazioni non governative che si occupano del salvataggio in mare dei migranti.

L'Alto commissario Onu per i rifugiati Antonio Grandi e il direttore generale dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Antonio Vitorino hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale si chiede che le ong non vengano "penalizzate per aver salvato vite" in pericolo in mare. I due alti funzionari dell'Onu hanno inoltre chiesto che i migranti salvati non vengano più messi su navi commerciali e "rinviati in Libia", dove vengono detenuti, o dove la loro vista è a rischio, come ha dimostrato il il raid della scorsa settimana nel carcere di Tajoura, dove sono morti più di 50 migranti.

"Ogni aiuto e responsabilità assegnati alle entità libiche interessate dovrebbero essere subordinati alla condizione che nessuno sia arbitrariamente arrestato dopo essere stato soccorso e che il rispetto delle norme relative ai diritti umani venga garantito", continua la dichiarazione congiunta. I due alti funzionari dell'Onu, inoltre, hanno chiesto che "i 5.600 rifugiati e migranti attualmente detenuti in centri in Libia siano liberati".

Secondo l'Oim almeno 641.398 migranti risultano presenti attualmente in Libia. È il dato che emerge dalla 25esima edizione di raccolta dati del Displacement Tracking Matrix (Dtm) dell'Organizzazione. I migranti provengono da oltre 39 Paesi diversi e risultano presenti in tutti i 100 comuni libici, distribuiti in 565 delle 667 comunità della Libia. Il 9% è rappresentato da minori, di cui il 34% non accompagnati. Tra gli adulti, il 13% è donna. Il 65% di queste persone proviene dall'Africa sub-sahariana, il 29% dal Nord Africa e il 6% da Paesi asiatici o mediorientali. Il Paese di maggior provenienza è il Niger, con il 21% delle persone identificate, seguito da Egitto e Ciad (15% ciascuno), Sudan (11%) e Nigeria (9%). Il 57% dei migranti vive in locali affittati a proprie spese, il 12% in campi informali, il 10% in abitazioni pagate da datori di lavoro e l'8% sul posto di lavoro. Il 20% dei migranti identificati risiede nell'area di Tripoli, l'11% in quella di Agedabia e il 9% in quella di Murzuq.

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